Addio gas russo? Tokyo sotto pressione Usa: "Trump non può obbligare le importazioni. Il Giappone ha meno alternative dell'UE"

Tokyo sotto pressione Usa: dubbi su costi e fattibilità del piano da 44 miliardi per sostituire il gas russo. Parla Marco Carta, amministratore delegato di Agici

di Rosa Nasti
Economia

Gas russo, Giappone sotto pressione Usa: "Imporre da chi comprare non è possibile. Rispetto all’Europa, le opzioni sono più limitate"

Sotto la crescente pressione degli Stati Uniti per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, il Giappone sta cercando rapidamente alternative al gas del progetto Sakhalin-2, a nord dell’arcipelago. Tra le opzioni sul tavolo c’è il controverso piano da 44 miliardi di dollari per l’acquisto di gas dall’Alaska, sostenuto da Washington.

Ma non mancano i dubbi su costi e fattibilità. In un momento in cui l’Europa prova a ridurre la propria dipendenza da Mosca, resta da capire fino a che punto Tokyo potrà seguire le indicazioni statunitensi senza correre troppi rischi economici o anche diplomatici. Affaritaliani ne ha parlato con Marco Carta, amministratore delegato di Agici, boutique di ricerca e consulenza economico-strategica attiva da 40 anni.

"È molto complesso", spiega Carta. "Le dichiarazioni di Trump, ad esempio, rappresentano più un desiderata, una linea di principio, che un piano concreto. Se entriamo nel dettaglio, dire che il Giappone smetta di importare gas e petrolio russo e cominci a comprare tutto dagli Stati Uniti non è così semplice. L’Occidente non ha un’economia statalizzata: le importazioni di gas e petrolio sono decise da aziende private. Non è possibile imporre a uno Stato di comprare da un paese piuttosto che un altro. Il tema è quindi molto complesso".

Detto questo, aggiunge Carta: "Il Giappone gode di una posizione geografica favorevole, essendo raggiungibile da numerosi grandi esportatori di LNG del Pacifico e del Medio Oriente. Ha quindi una flessibilità importante, anche se storicamente il gas costa più che in altre aree del mondo. La guerra in Ucraina ha sì alterato ulteriormente i mercati, ma rimane comunque uno dei Paesi dove il gas è più caro, non più economico".

Per quanto riguarda la possibilità di affrancarsi dal gas russo, spiega l'esperto: "Si può fare con un mix di fornitori che sarà poi il mercato a decidere. Tuttavia bisogna considerare anche la domanda: il Giappone sta investendo molto in energie rinnovabili ed efficienza energetica, quindi la domanda di gas è destinata a diminuire. È un quadro complesso, realizzabile, ma non da un giorno all’altro come è successo in Europa. Se poi parliamo di sostituire il gas russo con quello americano, entrano in gioco dinamiche di mercato difficilmente controllabili anche da un governo centralizzato".

A confronto con l’Europa, aggiunge Carta, il percorso appare differente: "L’Europa ha agito con grande urgenza, avendo una guerra alle porte. Oggi le importazioni di gas russo sono minime: non trascurabili, ma in forte diminuzione. Come per il Giappone, esistono comunque dinamiche complesse, ma abbiamo più opzioni: Africa, Medio Oriente, bacino atlantico, Stati Uniti, Trinidad e Tobago. Abbiamo anche reti di gasdotti dall’Africa e giacimenti nazionali, oltre alla Norvegia che gioca un ruolo importante. Il Giappone non ha giacimenti propri".

Infine Carta evidenzia quanto il ruolo delle energie rinnovabili è crescente: "Gli operatori stanno installando nuovi impianti in maniera vigorosa: non solo in Germania, che guida le nuove installazioni, ma anche in Italia. Viaggiamo in gigawatt di nuova capacità ogni anno. Le condizioni ci sono".

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