Amundi stringe un accordo con l'inglese ICG e si prepara al dopo-UniCredit: "Così vogliamo dare ai clienti accesso ai mercati privati"

Amundi annuncia una partnership strategica a lungo termine con Icg (Intermediate Capital Group) e apre i mercati privati al retail: una mossa che prepara il terreno all’uscita dall’orbita UniCredit

di Elisa Mancini
Economia

Amundi apre i mercati privati al retail: la mossa su ICG mentre guarda oltre UniCredit

Amundi ora parla inglese e annuncia un’operazione che più che un semplice accordo sembra un vero cambio di passo. Il colosso del risparmio gestito controllato da Crédit Agricole (che nel piano 2024-2028 annunciato oggi mira a rafforzarsi in Italia, anche attraverso l’ipotesi di una fusione con Banco Bpm) ha presentato una partnership strategica con ICG, uno dei protagonisti globali del private market.

L’accordo, decennale, prevede che Amundi entri con una quota del 9,9% nel capitale del gruppo britannico, diventandone di fatto azionista strategico; una mossa che è stata annunciata proprio nel nuovo piano "Invest for the Future" 2025-2028, e che mira a generare oltre 300 miliardi di euro di raccolta netta. Una scelta di tempismo che non ha nulla di casuale e che lascia pensare che Amundi si stia infatti preparando a una nuova fase, forse più autonoma e sempre meno legata a UniCredit. Ma andiamo per gradi.

In sostanza attraverso l'intesa con gli inglesi la società di asset management ottiene l’esclusiva nella distribuzione wealth dei prodotti evergreen di ICG, mentre ICG diventa fornitore privilegiato per Amundi negli stessi segmenti. Dietro c’è però un’intenzione ancora più profonda, ovvero quella di portare i mercati privati oltre la cerchia ristretta degli investitori istituzionali e renderli accessibili anche alla clientela retail, ovvero il semplice risparmiatore individuale che acquista beni e servizi per uso personale.

Ed è proprio questo il messaggio ribadito da Paolo Proli, condirettore generale di Amundi SGR, durante la conferenza stampa riservata a cui Affaritaliani ha partecipato, in occasione del lancio di Fundstore, il marketplace di Ifigest dedicato ai fondi ELTIF. "Abbiamo annunciato questa mattina una partnership a dieci anni con ICG che ci darà l’esclusività per democratizzare l’accesso al loro private debt, finora riservato solo agli istituzionali", ha spiegato. Proli ha anche chiarito che l’accordo non è collegato direttamente al lancio di Fundstore, anche se la direzione è la stessa. 

"La nostra ambizione è usare una grande piattaforma di coinvestimento per dare ai clienti accesso ai mercati privati. Perché il nostro obiettivo non è solo generare rendimento: vogliamo aiutare le persone a colmare il gap previdenziale, in Italia e negli altri Paesi europei in cui siamo presenti". Proli ha poi ricordato che Amundi, con 2,3 trilioni di euro in gestione, è il più grande asset manager d’Europa, e che "il piano al 2028 punta esplicitamente a rafforzare l’offerta di real asset proprio per rispondere alle esigenze di lungo periodo degli investitori".

Ma dicevamo appunto che il tempismo dell’operazione non è del tutto casuale, e acquista ancora più senso se pensiamo alla relazione, sempre meno centrale, tra Amundi e UniCredit. Per quasi dieci anni i due gruppi sono stati legatissimi: dopo la cessione di Pioneer, Amundi gestiva fino all’80% del patrimonio della banca, mentre oggi siamo intorno al 60% e, secondo alcune previsioni, quella quota potrebbe scendere quasi a zero alla scadenza dell’accordo nel 2027.

Lo stesso Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit, non ha mai fatto mistero della direzione in cui vuole andare, e proprio in un recente intervento a un evento Bloomberg ha spiegato che ora la domanda chiave è capire se Amundi sia partner o fornitore: "Entrambe le posizioni sono legittime, ma implicano comportamenti diversi. Noi abbiamo le idee chiare su cosa succederà".

Ed è qui allora che la mossa di Amundi con ICG assume un valore ancora più forte. Non è solo un ampliamento dell’offerta, ma forse anche un modo per costruirsi nuove gambe prima che UniCredit cambi definitivamente rotta, per rafforzare la propria identità industriale e dimostrare di potersi affermare come player europeo anche senza il sostegno della banca italiana. E lo fa stringendo nuove alleanze, investendo nei mercati privati, così da poter giocare la partita da vera protagonista.

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