Bankitalia/ La finanza e il credito cooperativo puntino su innovazione e alleanze. Il debito dei Paesi poveri mina la stabilità sociale
Ecco l’intervento dal titolo “Solidarity and Cooperation: From Local Communities to Global Stability” che il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha tenuto questa mattina in apertura della Conferenza internazionale
Fabio Panetta
Bankitalia, l'intervento di Panetta
Signore e Signori,
È un grande piacere darvi il benvenuto a Roma e aprire questa conferenza sul ruolo delle istituzioni finanziarie cooperative nel ventunesimo secolo.
Questo anno giubilare è dedicato alla speranza, una virtù che guarda al futuro, ma che non può prosperare senza solidarietà, giustizia e un forte senso di responsabilità verso le generazioni future. Questi non sono ideali astratti, ma le fondamenta stesse di società resilienti ed economie stabili.
Vorrei affrontare due temi economici strettamente legati a questi principi.
Il primo è la finanza cooperativa – un modello che, grazie alla prossimità e alla fiducia reciproca, ha a lungo promosso l’inclusione e una crescita equilibrata.
Il secondo è il peso del debito nei paesi a basso reddito – una sfida che ci ricorda come la solidarietà debba oltrepassare i confini nazionali se vogliamo creare le condizioni per una stabilità e prosperità globali.
Entrambi i temi si fondano sulla stessa idea: credito e debito non sono soltanto strumenti finanziari, ma espressioni di fiducia e responsabilità. E quando il debito nei paesi poveri diventa insostenibile, quello stesso senso di responsabilità chiama creditori e debitori a lavorare insieme per trovare soluzioni eque e favorevoli alla crescita.
Le banche cooperative in un mondo che cambia
La finanza cooperativa ha radici profonde nelle comunità. La sua governance democratica, il focus sui bisogni dei soci e la tradizione di responsabilità la rendono un modello distintivo di intermediazione.
Ben prima che i principi ESG (ambientali, sociali e di governance) diventassero diffusi, le cooperative li mettevano già in pratica.
Nel tempo, queste istituzioni hanno ampliato l’accesso al credito per famiglie e piccole imprese, sostenendo milioni di persone che altrimenti sarebbero rimaste escluse.
La loro importanza è evidente sia nelle economie avanzate che in quelle in via di sviluppo: promuovono inclusione, resilienza e crescita sostenibile.
In Europa, le banche cooperative impiegano oltre 700.000 persone e servono più di 90 milioni di soci. Sono ben rappresentate anche fuori dall’Europa, con circa 100 milioni di soci. Le credit union operano in più di 100 paesi, con oltre 400 milioni di soci. In molte aree colpite da povertà, conflitti o crisi climatica, restano spesso l’unica fonte affidabile di credito.
Le ricerche mostrano che il loro approccio basato sulla relazione aiuta a stabilizzare i cicli del credito, sostenere i clienti durante le crisi e promuovere una crescita più equilibrata e sostenibile.
Contrariamente a un luogo comune, molte cooperative sono competitive in termini di redditività e qualità del credito, contribuendo anche a ridurre le disuguaglianze.
Le sfide emergenti
Il modello cooperativo presenta però alcune debolezze: la piccola dimensione limita le economie di scala; la concentrazione territoriale riduce la diversificazione; i legami comunitari possono complicare la gestione dei rischi. Nei paesi avanzati, il calo del peso delle PMI nella produzione totale riduce la domanda di credito relazionale. L’aumento degli attivi intangibili (software, dati, proprietà intellettuale) rende più difficile la valutazione del rischio per i piccoli intermediari.
In questo contesto, le banche cooperative non possono più fare affidamento solo sui vantaggi storici rispetto alle banche commerciali. Espandere i portafogli di prestiti è diventato più difficile e rischioso.
È quindi necessario adattare le strategie, puntando su innovazione e partnership, restando fedeli alla missione originaria di servizio alla comunità.
Dal credito locale alla solidarietà globale
Così come il capitale sociale è la base per il credito cooperativo nelle comunità locali, un “capitale sociale internazionale” è essenziale per rilanciare la cooperazione multilaterale.
Gli stessi principi – fiducia, responsabilità e solidarietà – che sostengono le cooperative a livello locale, devono ispirare anche l’azione della comunità internazionale nel sostegno ai paesi poveri, contro la povertà, le disuguaglianze e il peso del debito.
Progressi e disuguaglianze persistenti
Negli ultimi decenni, l’umanità ha fatto progressi straordinari nella riduzione della povertà estrema: la quota di persone che vive con meno del minimo vitale è scesa da oltre il 40% nel 1990 all’11% alla fine dello scorso decennio; in numeri assoluti, da 2,3 miliardi a 900 milioni di individui.
Tuttavia, in anni recenti, vari shock hanno rallentato questi progressi. In Africa subsahariana, il quadro è drammaticamente diverso: tra il 1990 e il 2020 il numero di persone in povertà estrema è quasi raddoppiato, passando dal 55% al 46% della popolazione. Oggi, 580 milioni di persone in quell’area vivono in condizioni di povertà estrema, rappresentando oltre due terzi del totale globale.
Il debito come ostacolo allo sviluppo
Oltre alla povertà, i paesi a basso reddito si trovano oggi ad affrontare un problema ben noto: livelli insostenibili di debito pubblico, che ostacolano lo sviluppo economico, la riduzione della povertà e la stabilità sociale. Questi paesi rappresentano solo il 2,5% del PIL globale e l’1,4% del debito pubblico globale, ma ospitano 1,8 miliardi di persone, quasi un quarto della popolazione mondiale. La loro incidenza economica è ridotta, ma le conseguenze umane della loro situazione sono enormi. Ridurre il debito non è solo un’esigenza economica, ma un dovere morale.
Inoltre, la povertà alimenta migrazioni irregolari, con crescenti pressioni su molti paesi avanzati. Negli anni ’90, il picco del debito portò a iniziative straordinarie di cancellazione del debito (come l’iniziativa HIPC).
Oggi, sebbene i rapporti debito/PIL siano inferiori ai livelli massimi di allora, le vulnerabilità stanno riemergendo: dal 2010 al 2024, il debito mediano è passato dal 30% al 50% del PIL. I costi per il servizio del debito sono cresciuti, drenando risorse da scuole, ospedali e infrastrutture.
Il panorama dei creditori è cambiato: accanto a istituzioni multilaterali e Club di Parigi, oggi hanno un ruolo centrale investitori privati e nuovi creditori bilaterali – in primis la Cina. Questo ha ampliato le fonti di finanziamento, ma reso più complessa la coordinazione nei momenti di crisi e indebolito i meccanismi tradizionali di ristrutturazione. Non possiamo quindi illuderci che replicare il modello HIPC basti oggi: servono approcci innovativi e un rinnovamento sostanziale del dibattito sul debito.
Verso una nuova risposta multilaterale
Affrontare la sfida del debito oggi richiede una risposta globale, coordinata e articolata, che comprenda: prevenzione delle crisi, riduzione del debito, promozione della crescita. La ristrutturazione del debito è essenziale per i paesi in crisi. Il Common Framework, approvato dal G20 nel 2020, ha rappresentato un progresso, riunendo vecchi e nuovi creditori. Ma l’attuazione è stata lenta e disomogenea, segnalando la necessità di più trasparenza, prevedibilità e rapidità. La prevenzione resta fondamentale. Serve: rifinanziamento più economico, prestiti accessibili, strumenti innovativi come le clausole climatiche che sospendono i pagamenti in caso di disastri naturali. Promuovere i mercati del debito in valuta locale può inoltre ridurre la dipendenza dal debito estero e migliorare la capacità di finanziare investimenti di lungo periodo.
Il modo più sicuro per ripristinare la sostenibilità del debito resta però la crescita inclusiva e bilanciata.
Il debito deve essere alleggerito ma anche accompagnato da riforme che rafforzino le istituzioni e allarghino la base fiscale. Servono anche soluzioni innovative, come gli scambi debito-per-sviluppo, che canalizzino risorse verso educazione, sanità e clima. Proposte come quella recente dell’Italia per liberare risorse a favore dei paesi africani e reinvestirle in programmi locali sono iniziative da incoraggiare.
Il debito dei paesi poveri non è un tema marginale, ma una sfida centrale per la stabilità globale. Ignorarla significherebbe lasciare indietro 1,8 miliardi di persone, con gravi conseguenze per tutti.
La cooperazione multilaterale non è un onere: è un investimento strategico.
Conclusioni
Le riflessioni che ho condiviso portano a una verità semplice: la solidarietà non è un’opzione, ma una necessità. Il fatto che il mondo oggi sembri dimenticarlo non ne cancella la verità. La solidarietà è: la base delle comunità resilienti, il motore delle economie sostenibili, il collante di un mondo sempre più fragile. Dobbiamo preservare e rafforzare il nostro capitale sociale, sia a livello locale che globale. La cooperazione è faticosa, ma preziosa: è un investimento in stabilità, sicurezza e giustizia. Lasciare indietro quasi due miliardi di persone non è una base affidabile per la prosperità globale – neanche per le economie avanzate. Facciamo dunque in modo che il credito, sia in un villaggio che tra le nazioni, assolva alla sua funzione più alta: costruire fiducia, promuovere dignità, e guidare il cammino verso un mondo più giusto e umano.