Blocco licenziamenti, sindacati divisi. Il Csx è stanco: "Chiedono la luna"

Blocco dei licenziamenti, 50 sfumature di sindacato e di partiti: Cgil, Cisl e Uil poco compatte, FI decisa, Salvini morbido, centrosx e M5S in contrasto

di Ulisse Spinnato Vega
Economia
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Cinquanta sfumature di sindacato. E ancora di più tra i partiti. La mobilitazione delle sigle dei lavoratori, fissata il prossimo 26 giugno con il nodo del blocco dei licenziamenti in testa alle rivendicazioni, tiene assieme Cgil, Cisl e Uil, tuttavia vede la stessa Triplice approcciarsi all’appuntamento con toni diversi al suo interno. Così se il numero uno Cgil, Maurizio Landini, vibra: “Ci riprendiamo la parola e le piazze per farci ascoltare”, il segretario Cisl, Luigi Sbarra, smussa: “Aspettiamo che il governo ci convochi, sollecitiamo da giorni un tavolo di confronto”.

Nulla di straordinario, si dirà. Tuttavia, specularmente, anche negli schieramenti politici e in seno ai singoli partiti la forte presa di posizione dei sindacati raccoglie reazioni sfaccettate. Così, mentre Forza Italia sembra compatta nel rifiutare una proroga del blocco per tutti al 31 ottobre, nel centrodestra le parole di Matteo Salvini sono più morbide e la Lega apre alle rivendicazioni dei lavoratori. Tanto che i suoi eletti incontrano la stessa Cisl e Sbarra può testimoniare la “sensibilità nel gruppo parlamentare” del Carroccio “rispetto alla prospettiva di perdere decine, centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

Nel centrosinistra, le forze maggiori, ossia Pd e M5s, si sgranano in posizioni variegate di fronte al braccio di ferro sindacale. Al Nazareno, i filo-renziani sono notoriamente più inclini a sposare le istanze della grande impresa, mentre dalle parti del ministero del Lavoro prevale la sinistra del partito. Il responsabile economico dei dem, Antonio Misiani, dice ad Affaritaliani.it: “Le preoccupazioni dei sindacati vanno ascoltate e meritano risposte concrete. I segnali di ripresa sono molto incoraggianti, ma molti settori importanti, a partire dal tessile, rimangono in forte crisi”.

Dunque, c’è la massima disponibilità ad andare oltre la soluzione finora individuata e “il Pd ha presentato alla Camera alcune proposte per rendere maggiormente graduale il superamento del blocco dei licenziamenti, per tutelare meglio chi lavora nelle aziende più in difficoltà. Le mettiamo a disposizione del confronto parlamentare – aggiunge Misiani – un accordo politico tra le forze di maggioranza è indispensabile per procedere, ci auguriamo che prevalgano buon senso e pragmatismo”.

Il M5S, dal canto suo, ha sempre avuto una doppia natura “lib-lab” di fronte alle questioni del lavoro. Da una parte un’anima più sensibile alle esigenze delle imprese, soprattutto le medie e piccole. Dall’altra un approccio più vicino per tradizione ai lavoratori. Un deputato pentastellato che chiede l’anonimato spiega ad Affaritaliani.it: “I sindacati vogliono la luna, ma questa lotta va contro gli interessi degli stessi lavoratori. Non possiamo ingessare fino a ottobre un settore come l’edilizia, che anche grazie alle nostre misure sta ripartendo, o alcuni rami della manifattura che hanno ripreso a correre”.

La senatrice M5S Nunzia Catalfo, ex ministro del Lavoro, considerata invece da sempre sensibile alle istanze delle sigle sindacali, riflette: “Non serve la contrapposizione tra imprese e dipendenti, bisogna trovare la strada migliore per salvare le aziende e contemporaneamente salvaguardare i livelli occupazionali. Io con le parti sociali ci facevo le nottate prima di arrivare a intese, protocolli o norme”. Dunque la mobilitazione è giusta? “I sindacati portano avanti loro istanze – osserva Catalfo – Penso non si dovrebbe arrivare allo sciopero, tuttavia capisco i loro timori. Certo, sarebbe stato a mio avviso più corretto trovare prima una mediazione”. Eppure quella di Draghi, contenuta nel Dl Sostegni-bis (imprese delle costruzioni e dell’industria libere di licenziare dal primo luglio, a meno che non facciano ricorso alla Cigo o Cigs gratuita fino a fine anno), in teoria sarebbe già una mediazione dopo la bufera causata dalla prima versione della norma Orlando. “Sì, ma si vede che non è stata sufficiente o comunque non ha accontentato tutti”, rileva la senatrice Cinquestelle.

Sul merito del provvedimento, la madrina del Reddito di cittadinanza dà lo stop a tutti coloro che hanno parlato di selettività, Pd compreso: “Ora non si può fare, non funziona. Vanno considerate le filiere integrate. Stiamo riaprendo, ma siamo ancora in una fase mista, di ripresa a macchia di leopardo. Eventualmente, meglio in un prossimo futuro, utilizzando il criterio del calo del fatturato. Intanto, bisogna ancora dare Cassa Covid: magari ragioniamo sulla scadenza di settembre. L’importante è uscirne gradualmente e scaglionando – conclude Catalfo – in modo da controllare quello che accade nei vari e settori e poter aggiustare il tiro”.