Borse, San Paolo regina dei listini nel primo semestre 2021

Borse al giro di boa: che cosa è successo e che cosa aspettarsi nei prossimi sei mesi? Variante Delta, inflazione e Recovery Plan Ue le incognite sui rialzi

di Marco Scotti
Economia
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Le borse mondiali hanno vissuto gli ultimi 15 mesi sulle montagne russe. Non è una grande notizia, ci mancherebbe, ma l’andamento dei titoli è stato davvero peculiare. Il prezzo del petrolio, ad esempio, è arrivato perfino a essere negativo a causa dell’accumulo di “oro nero” per via del blocco quasi totale della mobilità.

Abbiamo assistito al peggior calo della storia della borsa di Milano – anche grazie a goffe dichiarazioni del presidente della Bce Christine Lagarde – con un crollo vicino al 18% in un’unica seduta. Siamo rapidamente passati da oltre 25.000 punti a febbraio a poco più di 14.000 a fine marzo. Insomma, quello che è accaduto a causa del Covid è già da ora destinato ai libri di storia. Ma poi?


 

Dall’inizio dell’anno tutte le principali borse hanno guadagnato. Si va da poco più del 2% per Shanghai fino al più 21,9% di San Paolo del Brasile. In mezzo performance estremamente robuste delle quattro principali piazze europee, con Parigi maglia rosa (+17,2%), con Milano e Francoforte a contendersi la piazza d’onore rispettivamente con +12,6 e +12,9%. E poi Wall Street, con un incremento del 13% e il record storico della capitalizzazione.

Perché è successo tutto questo? In primo luogo per il lungo sospiro di sollievo che da gennaio in poi il mondo ha iniziato a tirare, con l’avanzata dei vaccini (seppur con qualche intoppo) e la progressiva diminuzione degli ospedalizzati che, almeno in Italia, sta procedendo a ritmo serrato almeno da aprile.

Il secondo motivo è più squisitamente finanziario. Dopo un primo momento di sbandamento, tutte le banche centrali hanno iniziato a fare l’unica cosa che potevano fare: comprare titoli di stato più di quanto non stessero già facendo (nel caso della Bce) o tenendo i tassi ai minimi storici (citofonare Fed). In questo modo, mentre il valore dei bot è rimasto sostanzialmente calmierato, con rendimenti spesso anche negativi, chi era a caccia di buoni affari ha dovuto per forza di cose rivolgersi all’azionario.


 

Prova ne sia il boom del “social finance”, con esperimenti pericolosi e per certi versi nefasti come Robin Hood e il caso di Gamestop. Si è cercato anche di vederci più chiaro sui bitcoin, ma Elon Musk ha deciso di giocare a fare il Padreterno e ha prima causato una sorta di bolla, e poi l’ha fatta scoppiare.

La domanda, dunque, è quella sul futuro. Che cosa succederà? Qui le variabili sono un po’ più numerose. In primo luogo, il Covid. Se la variante Delta si rivelerà soltanto una fastidiosa rottura di scatole, allora non ci saranno particolari problemi. Ma se invece, in autunno, dovessero tornare a crescere contagi (cosa abbastanza certa) e numero di ospedalizzati (speriamo di no), la finanza farebbe pagare un bello scotto alle borse.

Seconda incognita: posto che Bce e Fed proseguiranno con le attuali politiche accomodanti rispettivamente fino al 2023 e al 2022, gli investitori avranno bisogno di andare a cercare nuove occasioni di guadagno. E i titoli di stato rimarranno sempre poco lucrativi, tanto che alcune agenzie di rating stimano come possibile uno spread a 50 punti base tra Italia e Germania.

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Terza incognita: posto che tutte le borse hanno già scontato la ripresa dal Covid e perfino le stime di crescita da boom economico, l’unica variabile che continua a pesare è l’inflazione. Negli Usa continua a galoppare, in Europa un po’ meno ma le antenne sono altissime. C’è chi scommette che l’incremento dei prezzi non durerà a lungo e chi, invece, pensa che dovremo abituarci a un rialzo notevole dell’inflazione.


 

Ultima incognita: che cosa capiterà alle aziende dell’economia reale? Questo è un discorso principalmente italiano.

Lo sblocco dei licenziamenti (seppur selettivo, seppur con tutte le cautele del caso) e la fine delle garanzie statali farà incrementare fallimenti e Npe. Anche da questo punto di vista, i Recovery Plan nazionali dovranno per forza di cose supportare una robusta ripresa che compensi gli eventuali, dolorosi addii a tante aziende dei settori più martoriati.

C’è soltanto da aspettare, tenendo incrociate le dita di mani e, perché no, anche dei piedi.