Borse/ Cina in frenata, Afghanistan e variante Delta: stop al rally d'agosto

Sale l'avversione al rischio. Finisce il rally di Ferragosto per le Borse europee. Gli investitori lasciano l'azionario

Economia
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Il rallentamento dell'economia cinese dovuto alla diffusione della variante Delta del coronavirus e l'incertezza geopolitica seguita al collasso del governo afghano e all'avanzata dei talebani che hanno conquistato il Paese e che secondo i media britannici ormai controllano lo controllano mettono fine al rally di Ferragosto che ha spinto le Borse europee a livelli record.

I listini continentali aprono infatti la settimana in rosso, colpiti in primo luogo dalle indicazioni macroeconomiche provenienti dalla Cina, che stanno già penalizzando l'andamento della maggior parte dei listini asiatici. Nella Repubblica Popolare i dati di luglio su vendite al dettaglio, produzione industriale e investimenti urbani sono risultati inferiori alle previsioni. In chiusura di seduta i principali indici sono così in rosso: il Ftse Mib di Piazza Affari cede lo 0,76%. Sotto la parità anche Francoforte che cede lo 0,43% a 15.909 punti, Amsterdam  lo 0,57%. Ma soprattutto Parigi che perde lo 0,9% e Londra l'1,15%. 

Tra i titoli milanesi a maggiore capitalizzazione, perdono terreno Saipem (-2,37%), Tenaris (-2,26%) ed Eni (-1,39%), che risentono della debolezza del prezzo del petrolio a causa dei timori sulla tenuta della domanda globale di energia alla luce del rallentamento dell'economia cinese. Giù anche Moncler (-1,97%) e Leonardo (-1,63%). Perde terreno anche Atlantia (-0,22%). 

Giù anche Unipol a -0,25%. Su StMicroelectronics (+0,08%) e Amplifon (+0,49%). Nel resto del listino, sul mercato Aim continua il rally di Nusco che chiude a +16,38% che a poco più di 10 giorni dalla quotazione vede schizzare il proprio valore. Sul mercato valutario, la ricerca di porti sicuri da parte degli investitori premia il dollaro e soprattuto lo yen. Così come spinge gli acquisti di Treasury Usa, con un conseguente calo dei rendimenti.

Il biglietto verde torna sotto quota 1,18 per un euro ed è indicato a 1,1780 da 1,1801 venerdì in chiusura. La divisa nipponica si rafforza a 128,78 per un euro (129,51 venerdi') e 109,33 per un dollaro (109,75). Debole il dollaro canadese dopo che il premier Justin Trudeau ha indetto elezioni anticipate per il 20 settembre. In calo il prezzo del petrolio, con il future settembre sul Wti in calo dell'1,33% a 67,53 dollari al barile, mentre la consegna ottobre sul Brent cede l'1,2% a 69,74 dollari.

Anche l'azionario giapponese ha chiuso in ribasso, mentre i colossi Toyota Motor e Sony Group sono crollati su un rafforzamento dello yen: l'indice Nikkei ha terminato le contrattazioni lasciando sul terreno l'1,62%, a 27.523,19 punti, la maggior flessione dal 30 luglio. Il più ampio indice Topix è scivolato dell'1,61% a 1.924,98 calo più marcato dal 21 giugno. La divisa nipponica si rafforza a 128,97 per un euro (129,51 venerdi') e 109,39 per un dollaro (109,75). In deciso calo il prezzo del petrolio, con il future ottobre sul Brent in calo dell'1,3% a 69,67 dollari al barile. 

A luglio, in Cina, secondo quanto ha fatto sapere l'Ufficio nazionale di statistica di Pechino, le vendite al dettaglio hanno registrato l'aumento più debole da inizio anno, segnando +8,5% su anno. Il tasso risulta molto più basso rispetto a giugno (12,1%) e al di sotto delle previsioni degli analisti.

Anche la Cina sta affrontando una recrudescenza dei contagi da Covid: "La diffusione dell'epidemia e il maltempo hanno avuto conseguenze sull'economia in alcune regioni. La ripresa rimane instabile e irregolare", hanno osservato gli statistici che ricordano anche gli effetti delle pesanti inondazioni. La produzione industriale ha registrato nello stesso mese un aumento del 6,4% su anno, sempre meno del mese precedente (8,3%). Il tasso di disoccupazione si è attestato al 5,1% (contro il 5% del mese precedente).

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Ma la paura di una frenata cinese non è una novità. Goldman Sachs ha rivisto la crescita del Dragone: l’ha più che dimezzata al +2,3% nel terzo trimestre (dal +5,8%) e l’ha ritoccata per l’intero 2021 a +8,3% (da +8,6%) per via del rimbalzo previsto negli ultimi mesi dell’anno.

Il taglio è motivato a sua volta dalle possibili ripercussioni sull’economia della variante Delta, che in Cina e negli Stati Uniti dilaga a macchia d’olio. Al momento, la visibilità sull’impatto concreto delle nuove ondate di Covid sulla produzione e sui consumi è limitata, ma la mancanza di certezze chiama a maggior ragione prudenza in Borsa. Dopo Goldman anche Morgan Stanley e JP Morgan hanno abbassato le stime di crescita del Dragone per il 2021.

Ma non è tutto. L’australiana ANZ Bank ha abbassato le previsioni di crescita del Pil cinese per il 2021 all'8,3% dall'8,8% precedente, dopo che i dati ufficiali pubblicati all'inizio di lunedì hanno mostrato che la crescita dell’attività economica ha rallentato a luglio. La variante Delta, che ha portato a una ripresa dei casi, rappresenta un rischio al ribasso per l'economia cinese nel terzo trimestre, nonostante i casi giornalieri siano diminuiti negli ultimi giorni, affermano gli analisti di ANZ.

La banca si aspetta che Pechino continui la sua politica di "tolleranza zero" contro il Covid fino alle Olimpiadi invernali di febbraio del prossimo anno. "La crescita del Pil sarà una priorità secondaria. Anche le prospettive dei consumi rimangono vulnerabili". Il rallentamento più netto del previsto della crescita economica cinese a luglio renderà i politici di Pechino più disposti ad adottare misure per sostenere la crescita nel secondo semestre rispetto al primo semestre, ha affermato Louis Kuijs, economista di Oxford Economics.

Lo slancio della crescita si è notevolmente indebolito a luglio, poiché' gli investimenti in infrastrutture sono rallentati, le inondazioni nella Cina centrale hanno colpito i consumi e causato interruzioni della catena di approvvigionamento e le recenti epidemie di Covid-19 e le restrizioni alla mobilità hanno frenato la domanda. "Prevediamo un altro rallentamento della crescita del Pil trimestrale nel terzo trimestre a causa della nuova epidemia di Covid e delle relative restrizioni", ha avvertito Kuijs.

Inoltre, a favorire la frenata cinese, una tra le più grandi chiusure della storia del Paese. La Cina ha deciso infatti, a seguito dei numerosi casi Covid dati dalla variante Delta, di chiudere uno dei terminal del porto di Ningbo, il terzo più grande al mondo, mettendo in crisi ancora di più la già non poco ingolfata catena delle spedizioni. Così, ritardi nelle spedizioni dai porti cinesi a quelli europei e americani salgono, così come i prezzi, a livelli mai visti prima.

Circa il 60% della merce globale viaggia via mare nei quasi 180 milioni di container in giro per il mondo. Ma oggi, complice la pandemia, ci sono 353 navi bloccate fuori dai porti (139 soltanto in Cina), il doppio dello scorso anno.