Brand o brand...elli/ Autry, la storia delle sneakers di lusso "rivali" di Golden Goose che ora sbarcano pure a Milano

Fondata a Dallas e rinata in Veneto, il marchio della bandierina americana orai inaugura il suo primo store italiano, e dopo Londra e Parigi, conquista via Durini. La storia

di redazione economia
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Autry, dalla polvere del Texas alle vetrine milanesi di San Babila 

Nel mondo dei marchi del footwear, dove ogni settimana qualcuno si reinventa e pochi sopravvivono davvero, la storia di Autry è una di quelle che merita di essere raccontata fino in fondo. E no, non è l’ennesimo caso di un logo resuscitato dal passato, ma un esempio da manuale di come si prende un brand vintage e lo si trasforma in un business da centinaia di milioni.

Texas, 1982, bandiera americana, le racchette da tennis. Così nasce, a Dallas, Autry. Inizialmente specializzato in scarpe per il tennis, running e basket, il marchio fa subito breccia nel mercato grazie a un design pulito e alla celebre bandiera a stelle e strisce cucita sulla tomaia. In patria si fa notare, collabora anche con tennisti come Bob Lutz, ma poi, come molte altre realtà dell’epoca, perde presto hype e svanisce nel nulla per decenni, forse inghiottita dall'ascesa di colossi come Nike e Adidas.

Poi arriva il 2019. E arrivano anche Marco e Alberto Doro, imprenditori italiani che vedono in quel brand dimenticato un diamante grezzo da far brillare. E pian piano, in un mondo invaso da sneaker iperlogate, Autry punta tutto sul "poco ma buono": linee retrò, pelle di qualità, colori sobri. È un ritorno alle origini, che funziona nella contemporaneità, e che si rivela presto un successo. In cinque anni il marchio passa da 3,8 a 114 milioni di euro di fatturato, con una marginalità che sfiora il 40%.

Nel 2024 Autry entra nel portafoglio di Style Capital, il fondo guidato da Roberta Benaglia, già artefice del successo di Golden Goose. L’acquisizione del 68% del capitale da parte del fondo (con una valutazione che oggi si aggira sui 325-350 milioni di euro) segna un punto di svolta. Il primo vero test? Il retail fisico. Ad aprile 2025 Autry debutta con uno store a Soho, Londra, epicentro della moda urbana europea. Segue Le Marais a Parigi, quartiere boho-chic per eccellenza, a maggio. Due scelte chirurgiche, coerenti con il target e la visione del marchio. E adesso è proprio il turno di Milano, dove il brand aprirà la sua prima boutique italiana in via Durini, negli spazi ex North Sails, a pochi passi da piazza San Babila.

Nel frattempo continua il rafforzamento nei department store premium: Rinascente Duomo e Tritone in Italia, Le Bon Marché e Galeries Lafayette in Francia. Oggi la produzione è in Indonesia, mentre l’headquarter operativo è a Dolo, in provincia di Venezia, quello strategico è invece a Villafranca di Verona. Una filiera snella, efficiente. Del resto quella di Autry è una geografia ben calcolata, dove l’Europa rappresenta l’80% del giro d’affari.

Il mercato italiano vale il 25% delle vendite, Francia, Germania e Spagna fanno il resto. Gli USA, invece, sono rimasti ai margini per ora, ma nulla esclude che arrivino in seconda battuta. D'altronde anche Golden Goose ha "monopolizzato" il terreno europeo prima di conquistare l’America e forse Autry vuole proprio replicare il percorso della sua "rivale", ma con un’identità tutta diversa.

Autry oggi vale già quasi mezzo miliardo. E punta al miliardo. In un mercato sempre più competitivo che ha fame di hype usa-e-getta, il marchio di scarpe texano è riuscita in una piccola impresa: essere rilevante, desiderata e, soprattutto, credibile. E ora, con la vetrina in via Durini, Autry non è solo tornata. Si è (ri)presa la scena.

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