Brand o brand...elli / Hello Kitty: dal mito kawaii alle leggende oscure: chi è la bambina senza bocca che vale più di Harry Potter e Topolino

Dal primo portamonete del 1974 al secondo franchise più redditizio al mondo: tra miti kawaii, leggende nere e collaborazioni di lusso, il mito di Hello Kitty continua a conquistare i mercati globali

di Rosa Nasti

Hello Kitty 

Economia

Dal kawaii al lato oscuro: Hello Kitty, la bambina senza bocca che vale più di Harry Potter e Topolino

C’è un volto che tutti conoscono, anche senza essere fan del Giappone o della cultura pop: un viso bianco, rotondo, senza bocca, con un grande fiocco rosso sopra l’orecchio sinistro. È quello di Hello Kitty, uno dei personaggi più riconoscibili e longevi al mondo, simbolo del kawaii e allo stesso tempo di un marketing visionario che ha trasformato un disegno in un impero multimiliardario.

L’avventura comincia a Tokyo nel 1974. La Sanrio, azienda specializzata in articoli da regalo e cancelleria, affida a una giovane illustratrice, Yuko Shimizu, l’incarico di creare un nuovo personaggio da applicare ai prodotti. Non si trattava di inventare una mascotte per un cartone animato, ma di ideare un volto che potesse accompagnare oggetti di uso quotidiano, dalle gomme ai quaderni. La prima apparizione avvenne su un piccolo portamonete in vinile, venduto l’anno dopo. 

Ma la biografia ufficiale di Sanrio colloca Hello Kitty a Londra, dove vive con la famiglia. Il suo vero nome sarebbe Kitty White, ha otto anni, una sorella gemella di nome Mimmy, indossa vestiti nello stile Swinging London e possiede persino un gattino domestico, Charmmy Kitty. È una bambina, non un animale, anche se l’aspetto felino ha spesso confuso i fan. Tanto che nel 2014, alla vigilia di una grande mostra al Japanese American National Museum di Los Angeles, l’antropologa Christine R. Yano specificò che Hello Kitty "non è un gatto, ma una bambina".

Una rivelazione che fece scalpore e che costrinse Sanrio a precisare: non è né un gatto né un essere umano, ma una personificazione alla maniera di Topolino. Una definizione volutamente sfumata insomma. A rendere unico il personaggio è soprattutto l’assenza della bocca. Una scelta stilistica che sembra semplice, ma che in realtà racchiude un’intera filosofia. Secondo Sanrio, Hello Kitty non parla con le parole ma "il cuore"; la sua espressione è neutra, così che chi la guarda possa proiettarvi sopra il proprio stato d’animo.

Negli anni Ottanta il successo comincia a superare i confini del Giappone. Nel 1983 Hello Kitty diventa ambasciatrice dell’UNICEF, un riconoscimento che sancisce la sua capacità di incarnare un’immagine positiva e rassicurante. Successivamente il governo giapponese la nomina ambasciatrice del turismo, trasformandola di fatto in simbolo nazionale. Mentre la cultura kawaii, la poetica della dolcezza tipica del Giappone, conquista l’Occidente, Hello Kitty si afferma come il suo emblema per eccellenza.

Il business esplode negli anni Novanta. Nel 1999 Sanrio lancia ben 12.000 prodotti diversi in dodici mesi. Dal 2010 i guadagni si attestano attorno ai cinque miliardi di dollari l’anno, cifra che nel 2013, secondo il New York Times, arriva a otto miliardi. Oggi Hello Kitty è il secondo franchise più redditizio al mondo dopo Pokémon, superando Star Wars, Harry Potter e persino Topolino. 

Basta guardare alle collaborazioni: sneakers con Nike, Vans, Puma e Converse; due collezioni firmate Dr. Martens, nel 2010 e nel 2020; capsule collection con Balenciaga, Blumarine, John Galliano, Courrèges e Louis Vuitton. Stilisti come Giuliano Calza, direttore creativo di GCDS, hanno dichiarato la loro ossessione adolescenziale per la gattina, mentre designer come Tarina Tarantino hanno costruito vere e proprie linee di gioielli attorno al suo volto.

L’invasione è totale: parchi tematici, caffetterie brandizzate, voli aerei con aerei personalizzati, perfino un ospedale materno a Taiwan decorato in stile Hello Kitty, pensato per ridurre l’ansia delle partorienti. Più recentemente, in Giappone, è stato inaugurato l’Oita Hello Kitty Airport, uno scalo interamente ispirato al mondo kawaii della mascotte.

Accanto al mito dolce e infantile, però, non sono mancate ombre e leggende. La più celebre racconta che Hello Kitty sarebbe nata da un patto con il diavolo: una donna avrebbe chiesto l’intervento di Satana per guarire la figlia da un cancro alla bocca e in cambio avrebbe creato un personaggio che conquistasse milioni di persone. Da qui l’assenza della bocca e il nome "Kitty" interpretato, a torto, come "demonio" in cinese. Sanrio ha sempre smentito, ma la leggenda ha continuato a circolare, alimentata dall’aura enigmatica del volto muto.

Se questa è finzione, molto reale è invece il "Hello Kitty Murder", uno degli omicidi più cruenti della storia di Hong Kong. Nel 1999 una giovane donna, Fan Man-yee, fu rapita e torturata a morte da tre uomini e una ragazza minorenne. Dopo la sua morte, i carnefici nascosero il cranio bollito all’interno di un peluche a forma di sirena di Hello Kitty. La stampa ribattezzò il caso con il nome della mascotte, legando per sempre il suo volto sorridente a un episodio di macabra violenza.

Eppure, nulla ha scalfito il suo successo. Il 1° novembre 2024 Hello Kitty ha compiuto cinquant’anni, celebrati con eventi globali, mostre interattive e collaborazioni di lusso. A Firenze, durante Pitti Uomo, il brand Péro ha presentato una collezione maschile ispirata al suo immaginario, con fiocchi e cupcake cuciti sugli abiti. A Roma si è tenuta la più grande mostra italiana dedicata al personaggio. Nel frattempo, nuovi gadget e capsule continuano a invadere i mercati, confermando che la gattina senza bocca resta una macchina perfetta di desiderio e nostalgia.

Hello Kitty è amata da bambini e adulti, da uomini e donne, da fan della moda e collezionisti di giocattoli. Difficile definirla solo un gatto, o solo un personaggio. Hello Kitty è diventata qualcosa di più: uno specchio delle emozioni, un brand capace di adattarsi a ogni epoca, un mito moderno che ci ricorda come a volte un semplice disegno possa diventare eterno.

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