Brand o brand...elli / Qualcomm acquisisce Arduino, da Ivrea alla Silicon Valley: chi è il colosso italiano delle schede open source
Il gruppo americano vuole integrare la semplicità delle board Arduino con la potenza dei suoi chip, per costruire un ecosistema completo di edge computing e intelligenza artificiale distribuita
da sinistra a destra: Massimo Banzi e Fabio Violante, ceo di Arduino
ualcomm acquisisce Arduino: da un bar di Ivrea alla Silicon Valley, il colosso italiano delle schede open source che ora parla americano
Certe storie non si inventano. Succedono, e basta. Nascono in un bar, crescono in un laboratorio e finiscono nei radar dei giganti mondiali. Arduino è una di queste. Nata nel 2005 tra le mura di un bar di Ivrea, quello dedicato al Re Arduino, dove un gruppo di designer e ingegneri decide che la tecnologia deve essere un linguaggio, non un privilegio.
L’idea? Rendere i microcontrollori semplici, aperti, accessibili. Nessuna licenza, nessuna barriera. Solo la voglia di costruire, sperimentare, sbagliare. Oggi, quella stessa creatura finisce tra le braccia di Qualcomm, colosso americano dei chip, e il cerchio si chiude: la rivoluzione nata su un tavolino piemontese entra nell’Olimpo dell’industria globale.
L’annuncio arriva da San Diego. Qualcomm acquisisce Arduino con un obiettivo dichiarato "democratizzare l’accesso alle tecnologie AI e di computing", e uno implicito, ma più che evidente: presidiare il terreno dell’intelligenza artificiale distribuita, quella che vive dentro sensori, robot, macchine.
Per capire cosa significa, bisogna tornare alle origini. Arduino nasce all’Interaction Design Institute, scuola fondata da Olivetti e Telecom Italia. Massimo Banzi, David Cuartielles, Tom Igoe, Gianluca Martino e David Mellis avevano un’intuizione semplice e geniale: permettere anche agli studenti di arte o comunicazione di costruire sistemi interattivi senza dover imparare l’elettronica da zero. Bastava una piccola scheda blu, un software open source e tanta curiosità.
Il successo fu immediato. Arduino diventò una lingua universale per maker, insegnanti, ricercatori, studenti e startupper. Dalle aule universitarie alle officine, dai laboratori scolastici alle installazioni artistiche, chiunque poteva costruire qualcosa che si muoveva, reagiva, imparava.
In pochi anni il progetto divenne un simbolo culturale: la prova che l’innovazione non nasce solo nelle grandi aziende, ma anche nei garage, nelle scuole, nei bar. L’Europa aveva finalmente il suo piccolo miracolo tecnologico, un’alternativa al modello chiuso della Silicon Valley.
Poi è arrivata la maturità. Arduino ha smesso di essere solo un "giocattolo" nelle mani degli studenti e ha cominciato a parlare la lingua dell’industria: Internet of Things, robotica, automazione, edge computing. Ha raccolto 54 milioni di dollari tra il 2022 e il 2023, con CDP Venture Capital tra i principali sostenitori. La sede legale è in Svizzera, ma il cuore resta a Torino, dove lavorano 185 persone.
Oggi l’integrazione tra i chip Qualcomm e le board Arduino punta a creare un ecosistema ibrido, accessibile e performante. Il primo frutto è già realtà: Arduino UNO Q, la scheda più avanzata mai realizzata. Accanto alla scheda arriva App Lab, il nuovo ambiente di sviluppo che mette insieme Linux, Python e AI in un’unica interfaccia. Qui, chiunque può costruire modelli di machine learning e testarli su dispositivi reali. In pratica, Arduino evolve da piattaforma educativa a laboratorio universale per sviluppatori di intelligenza artificiale.
Fabio Violante, CEO di Arduino, non ha dubbi: "Quest'acquisizione ci farà fare un salto di scala. Restiamo aperti, indipendenti e multi-vendor, ma con la solidità di un partner che può portarci nell’industria pesante dell’AI". Massimo Banzi, aggiunge: "Abbiamo democratizzato la tecnologia. Ora vogliamo democratizzare l’intelligenza artificiale".
Eppure la domanda resta sospesa: quanto si può restare indipendenti dopo un matrimonio di questo tipo? Perché se da un lato Arduino guadagna forza, dall’altro l’Europa perde un simbolo. È forse il segno dei tempi? Mentre Bruxelles scrive regolamenti sull’IA, l’innovazione, quella vera, cambia continente.
Da un bar di Ivrea alla Silicon Valley, Arduino ha compiuto il suo destino: è diventato "adulto". Ma se guardi bene, sotto il logo americano, si intravede ancora il blu originale delle prime schede. E, forse, lo spirito di quei ragazzi che al Re Arduino volevano solo una cosa: rendere la tecnologia un "gioco" per tutti.