Brand o brand...elli/ Standa, così nacque l'impero che fu della famiglia Monzino (tornata sotto i riflettori con il caso Bova)

Dalla Fininvest di Berlusconi all’ingresso nel gruppo tedesco Rewe, fino alla svendita finale a Coin. La storia

di redazione economia
Economia

Standa, Monzino e il caso Bova: l’impero della grande distribuzione torna sotto i riflettori

Fino a poco fa, Federico Monzino era un nome che circolava solo in certi ambienti: foto in barca, cene tra amici famosi, qualche scatto curato su Instagram. Nulla che facesse notizia. Poi, all’improvviso, è finito al centro di un caso che ha acceso i riflettori su di lui. Tutto parte dai messaggi vocali e chat private tra Raoul Bova e la modella 23enne Martina Ceretti diffusi sulla rete. A pubblicarli è stato Fabrizio Corona, ma quei file, secondo gli inquirenti, sarebbero arrivati proprio da Monzino. La Procura di Roma ha aperto un’indagine per tentata estorsione, e anche se Federico non è indagato, il suo nome compare comunque negli atti.

Monzino, però, non è solo un ragazzo social. È l’erede di una famiglia che ha lasciato un’impronta vera nella storia italiana, tra grande distribuzione e filantropia. Una storia che comincia quasi un secolo fa, nel 1931, quando Franco Monzino, già direttore dell’UPIM, insieme ai fratelli Anselmi fonda a Milano i Magazzini Standard. Il primo negozio apre in via Torino: un bazar moderno per l’epoca, ispirato ai department store americani. Il self-service ancora non esiste, ma l’idea funziona e si espande in fretta.

Nel 1938 arriva il cambio di nome. Standard suona troppo straniero per il regime fascista, così diventa Standa, acronimo inventato di sana pianta (“Società Tutti Articoli Nazionali dell’Arredamento e Abbigliamento”). Ma il nome piace, funziona. E soprattutto vende. Nel dopoguerra è ovunque, dal vestiario ai generi alimentari, all'oggettistica. Nel 1958 sperimenta il self-service e negli anni Sessanta apre negozi a raffica, anche in spazi riconvertiti come vecchi teatri. 

Nel ’71 arriva il primo ipermercato Maxi Standa a Castellanza, poi l’Euromercato di Paderno Dugnano in collaborazione con Carrefour. Nel frattempo, Montedison entra nel capitale e spinge sull’espansione. Ma il vero giro di vite arriva nel 1988, quando Silvio Berlusconi, tramite Fininvest, compra il 70% della Standa per quasi 1000 miliardi di lire. Parte un’ondata di spot con volti amatissimi (Mike Bongiorno, Mondaini, Banfi), e per un attimo sembra la rinascita. Standa diventa "la casa degli italiani".

Dietro, però, la macchina inizia a scricchiolare. Nel ’91 Fininvest acquisisce i Supermercati Brianzoli, poi lancia nuove aperture come quella di Grugliasco, che però finirà al centro di uno scandalo tangenti. Arrivano operazioni su più fronti: una joint venture con Viacom per portare Blockbuster in Italia, una partnership con Giochi Preziosi per acquisire catene di giocattoli, un restyling dei negozi, persino una sede a Budapest. Ma gli anni Novanta sono difficili.

Nel 1997 Standa esce dalla Borsa. L’anno dopo, Berlusconi inizia a smontare il gruppo pezzo per pezzo: rifiuta l’offerta di Coop e Conad e vende il ramo alimentare (193 supermercati) alla Nuova Distribuzione, partecipata da Gianluigi Franchini e Mediocredito Lombardo. Altri 163 grandi magazzini finiscono al gruppo Coin. Il marchio Standa, almeno per quanto riguarda il non-alimentare, viene cancellato: i negozi diventano OVS, Coin, Fnac o Benetton. Il ramo alimentare sopravvive per poco: al sud viene assorbito da Conad, al nord resta nelle mani di Franchini e soci, con un timido tentativo di rilancio. 

Nel 2001, i supermercati finiscono al gruppo tedesco Rewe, che li ingloba nel marchio Billa. A poco a poco, le insegne Standa vengono sostituite. L’ultimo punto vendita siciliano chiude nel 2012, e nel 2016 Carrefour assorbe quel che resta. Fine dei giochi. Solo qualche brand secondario, un franchising al sud e un negozietto a Colonia (durato pochissimo) tentano di riesumare il nome. Ma è finita davvero.

Oggi il nome Monzino è rimasto legato ad altro. Da una parte, la medicina d’eccellenza: il Centro Cardiologico Monzino, fondato dalla stessa famiglia, è un fiore all’occhiello della sanità pubblica. Dall’altra, l’eredità, quella mondana e social, incarnata da Federico. Che ora si trova, suo malgrado, a fare i conti con un’altra eredità: quella morale e pubblica di un cognome che ancora oggi pesa molto.

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