Carige come Mps: la mannaia dei rischi legali.Superiori agli incentivi fiscali

Il Fitd apre la data room per vendita dell'80%. La Malacalza investimenti ha chiesto alla banca danni per oltre 486,6. Il gruppo non ha accantonato nulla

di Marco Scotti
 Vittorio Malacalza
Lapresse
Economia
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È stata aperta la data room di Carige da parte del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fidt) che dell’istituto genovese detiene l’80% del capitale. In pole position, come già raccontato da Affaritaliani.it, ci sarebbe BancoBpm, che mira ad aumentare la propria massa critica per evitare di essere “annessa” dalla campagna di acquisizioni di UniCredit che Andrea Orcel sarebbe pronto a lanciare in autunno.

Giuseppe Castagna, secondo alcune indiscrezioni, non avrebbe nessuna intenzione di vedere ridimensionato il proprio ruolo e, dopo la fine delle trattative con Bper per una fusione paritetica, ora potrebbe puntare a Carige per avvicinare quota 1.800 sportelli, aumentare gli attivi e darsi una dimensione decisamente più massiccia. Anche se alcune fonti finanziarie specificano che Piazza Meda è alla ricerca di una grande fusione e il gruppo ligure dunque sarebbe al di sotto del target. 


 

Rilevare Carige costerebbe tra 1,2 e 1,3 miliardi secondo gli analisti. L’istituto genovese, dopo le ben note peripezie, è oggi una banca risanata, con un basso profilo di rischio ma con una redditività ancora tutta da costruire, visto che il ritorno all’utile è previsto soltanto dal 2023.

I risultati al 31 dicembre parlano di oltre 22 miliardi di attivi complessivi e una raccolta diretta sui 15 miliardi. I dipendenti sono 3.454. E dunque tutto pronto per un matrimonio lombardo-ligure?

Proprio per niente. Intanto perché il Banco dovrà vedersela con il Credem, Bper e Crédit Agricole per riuscire ad accaparrarsi l’istituto genovese. E poi perché c’è una spada di Damocle non indifferente che pende sulla testa di Carige.

Vittorio Malacalza in persona, e la Malacalza investimenti che raduna altri 44 soci forti, ha fatto causa sia alla Bce sia all’istituto di credito ligure. E le richieste sono da far accapponare la pelle. Alla Bce sono stati chiesti 875 milioni di danni per un atteggiamento che si è sostanziato “in una condotta complessiva illecita e pregiudizievole”.

Alla stessa Carige, invece, è arrivata una richiesta di poco inferiore ai 500 milioni (486,6 milioni). Su un affare come quello dell’istituto di credito genovese significherebbe una reazione a catena drammatica. Primo, in caso di sconfitta in entrambe le cause, vorrebbe dire come minimo raddoppiare la cifra da mettere sul tavolo per acquistare Carige.

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Secondo, l’effetto benefico delle Deferred tax asset, cioè dei crediti fiscali che ammonterebbero a circa 400 milioni, verrebbero totalmente annullati. Problema dei problemi: la banca ha sempre dichiarato come “remoto” il rischio di soccombenza. E ha deciso, come si legge nel bilancio 2020, di non procedere ad alcun accantonamento. Il rischio, dunque, è che chi si prende Carige si ritrovi con una causa potenzialmente esplosiva tra le mani. Bisognerà quindi ponderare piuttosto attentamente le mosse future.