Case di lusso per anziani: boom di residenze con chef, spa e palestre. Invecchiare bene costa, ma non quanto ti aspetti

In Italia gli over 65 sono già oltre il 24% e arriveranno al 35% entro il 2050. In questo scenario cresce il senior living di lusso, con servizi esclusivi e un nuovo modello di vita comunitaria

di Chiara Feleppa
Economia

Senior living di lusso: quanto costa e perché sta crescendo il nuovo modello di vita per gli over 65

Non più “ospizi”, ma luoghi pensati per chi vuole invecchiare bene senza rinunciare alla propria autonomia. In Italia, dove quasi un quarto della popolazione ha già superato i 65 anni – il 24,3-24,7% tra inizio 2024 e inizio 2025 – e dove entro il 2050 questa fascia potrebbe toccare il 35%, si sta affermando un nuovo segmento residenziale: il senior living di lusso. Una soluzione che intercetta aspettative di longevità, maggiore istruzione e partecipazione sociale degli over 65, promettendo servizi di alto profilo e un modello di vita comunitario e attivo.

Nel linguaggio del settore, “senior living” indica complessi residenziali destinati ad anziani autosufficienti o solo parzialmente autosufficienti, interessati a lasciare l’abitazione tradizionale senza però rinunciare alla privacy. Le strutture offrono camere o mini-alloggi personalizzabili e privi di barriere architettoniche, inseriti in contesti ricchi di spazi comuni: sale lettura, giardini curati, terrazze panoramiche, fino ad arrivare, nelle versioni più esclusive, a palestre, piscine, spa e servizi di ristorazione con menu pensati per la terza età. Una sorta di condominio “di alta gamma” che assicura socialità, sicurezza e assistenza, con personale disponibile 24 ore su 24. L’obiettivo è superare l’immagine della casa di riposo come luogo dell’ultimo tratto di vita, proponendo invece uno stile abitativo che vuole somigliare più a un albergo che a una struttura sanitaria.

Un mercato in crescita, ma ancora per pochi

Il senior housing resta in Italia una nicchia, ma il potenziale è enorme. Già nel 2021 si contavano circa un centinaio di residenze di questo tipo, concentrate soprattutto al Nord. Anche se l’offerta è in aumento, la quota destinata ad anziani autosufficienti è ancora inferiore al 7% del totale, a causa della scarsa presenza di investitori privati: un segmento che rappresenta meno del 2% del real estate commerciale. Eppure la domanda sta correndo. Secondo UniCredit RE Services, nel 2025 nelle grandi città come Milano, Roma, Firenze, Bologna, Torino, le richieste superano l’offerta. A spingere è l’invecchiamento della popolazione, ma anche una nuova percezione della terza età come fase attiva e socialmente ricca.

La qualità, però, si paga. E molto. Le residenze di livello medio-alto richiedono generalmente una spesa compresa tra 2.000 e 2.800 euro mensili, spesso con formula “all inclusive” per gli autosufficienti. Le soluzioni più prestigiose superano i 3.000 euro al mese, soprattutto quando situate in zone centrali o con servizi particolarmente avanzati. Non va meglio per le Rsa di fascia alta, dove il costo può arrivare anche a 4.000 euro mensili, soprattutto nelle città del Nord. Una cifra che rende evidente come il senior living resti, ad oggi, una scelta riservata a una fascia di reddito medio-alta, in attesa che si sviluppino modelli ibridi o più accessibili.

Le barriere: cultura, risorse economiche, norme

A frenare la diffusione del senior living in Italia concorrono soprattutto tre fattori. Il primo è di natura culturale: il legame con la casa di proprietà resta fortissimo e il trasferimento in una struttura, anche di alto livello, viene spesso vissuto come una rinuncia, non come una scelta di benessere o di autonomia. Serve quindi un cambio di narrazione che faccia percepire queste residenze come un’opportunità, non come un ripiego. La seconda barriera è economica. In assenza di un vero sostegno pubblico, i costi rimangono interamente a carico dei privati e delle famiglie. Con tariffe che partono da circa 2.000 euro al mese, il senior living di qualità resta accessibile solo a una minoranza, mentre una parte significativa degli over 65 vive condizioni di fragilità economica che rendono impossibile sostenere queste cifre. Infine, c’è un ostacolo normativo. Il senior housing viene spesso inquadrato all’interno delle stesse regole che disciplinano le Rsa tradizionali, nonostante se ne differenzi per funzioni, servizi e livello di autonomia richiesto agli ospiti. La mancanza di una definizione giuridica chiara complica la programmazione degli investimenti e rallenta l’apertura di nuove strutture, creando incertezza sia per gli operatori sia per le amministrazioni locali.

Uno sguardo al futuro

Nonostante ostacoli e ritardi, il settore sembra muoversi. In Europa il comparto “living”, che include studentati, co-living e senior housing, è passato dal 17% degli investimenti del 2014 al 26% del 2024. Un trend che si riflette anche in Italia, dove è partito un programma da 300 milioni di euro tra Fondo europeo per gli investimenti e Cdp Real Asset Sgr per promuovere nuove infrastrutture dell’abitare sociale, inclusi i complessi per anziani. Le prime città coinvolte? Napoli, Padova, Parma, Forlì e Firenze, spesso con progetti di riconversione di edifici già esistenti. Nel prossimo decennio, il senior living potrebbe assumere forme più ibride, integrarsi con la rigenerazione urbana e aprirsi a modelli più sostenibili e inclusivi. Intanto, una cosa è certa: “invecchiare bene” si può, e si deve. 

LEGGI LE NOTIZIE DI ECONOMIA

Tags: