Discreto e spietato (con i conti): chi è Carlo Messina, il banchiere alla guida di Intesa riconfermato per la quinta volta
Sobrio e pacato il top manager 63enne è alla guida di Intesa dal 2013. Allievo prediletto di Passera, Carlo Messina guida la prima banca italiana ma si tiene a distanza dal risiko bancario italiano. Il ritratto
Il ritratto di Carlo Messina, il numero uno di Intesa che resta al timone per la quinta volta
Carlo Messina, classe 1962, figlio di una madre pugliese e un padre siciliano, e dal temperamento sobrio, è da oltre un decennio il volto di Intesa Sanpaolo, la più grande banca italiana. Ma definirlo semplicemente "banchiere" suona riduttivo. Non è un finanziere alla Orcel, non ha la verve aggressiva dell'investment banking, non si infila nel risiko del mercato a colpi di Ops, eppure sotto la sua guida Intesa è arrivata all'apice, facendo incetta di utili e dividendi come pochi in Europa.
Mentre le banche italiane si scannano in un risiko degno di un thriller – con Mediobanca e l'Ops su Banca Generali – Messina resta al suo posto, immobile e granitico, fuori dai giochi eppure sopra la mischia. Il consiglio d’amministrazione lo riconferma per la quinta volta alla guida di Intesa: nessun dubbio. Ma la sua carriera parte da molto prima che arrivasse alla guida del colosso bancario torinese. Inizia nel 1987 alla Bnl, dove si occupa di corporate finance. Nel 1996 entra nel Banco Ambrosiano Veneto, occupandosi di pianificazione ed è qui che inizia la sua lenta e costante ascesa.
L’anno dopo è già in Banca Intesa e da lì, tappa dopo tappa, scala ogni gradino: dal Servizio Pianificazione e Studi Bancari al Controllo di gestione, dalla Direzione Pianificazione alla guida dell’Area Governo del Valore nel 2007. Nel 2012 è già direttore generale e Cfo. L’anno successivo, nel settembre 2013, raccoglie il testimone da Enrico Cucchiani, che a sua volta, era stato l’erede di Corrado Passera, l’uomo che aveva spinto per la fusione tra Banca Intesa e San Paolo Imi. Anche Messina è un allievo di Passera: nel 2013 diventa amministratore delegato e quattro anni dopo anche Direttore Generale
A chi gli rimprovera un eccesso di prudenza rispetto ai colleghi più spregiudicati, Messina risponde con i numeri. Ha archiviato il 2024 con un utile netto in crescita del 12,2% a 8,66 miliardi di euro, dai 7,72 miliardi del 2023, e alza i target relativi al 2025 a ben oltre i nove miliardi. Nel 2020 ha portato a termine l’Ops su Ubi Banca, una delle operazioni più pesanti del settore, senza squilli di tromba, ma con la precisione di un chirurgo.
È uno che si alza presto, lavora sodo. È stato definito un "banchiere Picasso", forse per la passione della banca per l’arte (cura oltre 30 mila opere e quattro musei), ma più realisticamente Messina è un banchiere gentiluomo, uno che nella giungla della finanza italiana ha scelto di non fare il leone ma nemmeno la pecora. Non ha mai nascosto la sua preoccupazione per la povertà, tanto che ha perfino difeso, in parte ,il reddito di cittadinanza: "La priorità di chiunque abbia una visione e una responsabilità sociale deve essere aiutare i poveri", ha affermato. Caso vuole che Intesa Sanpaolo abbia messo sul piatto 1,5 miliardi entro il 2027 per combattere le disuguaglianze. C’è chi mormora che Giorgia Meloni gli abbia proposto il ministero dell’Economia, ma per ora, questo pare essere un ruolo che a Messina non interessa.
Negli anni il banchiere oltre ad aver collezionato risultati eccezionali con Intesa, ha accumulato una serie impressionante di incarichi e riconoscimenti: membro del comitato esecutivo dell’ABI, consigliere della Bocconi dal 2014, docente anche all’Università Politecnica delle Marche, ha ricevuto il premio Guido Carli nel 2015 e nel 2018, il Master Honoris Causa della CUOA nel 2016, ed è Cavaliere del Lavoro dal 2017. Lo stesso anno, la Foreign Policy Association gli conferisce il CSR Award. Nel 2022 il Politecnico di Bari gli attribuisce una laurea honoris causa in Ingegneria Gestionale, e nel 2024 arriva quella in Economics and Finance dall’Università di Padova.
Ora Messina inizia il suo quinto mandato, a conferma che non è solo il manager della primo istituto di credito italiano ma anche uno dei punti fermi del capitalismo tricolore. Un amministratore che non ha mai cercato il titolo in prima pagina, eppure oggi è l’uomo forte di una banca che, senza far rumore, ha messo in riga tutti gli altri.