Cina, la grande fuga dei marchi occidentali. Da Starbucks a Decathlon, perché il Dragone non piace più

La pressione di concorrenti cinesi alla base di questo fenomeno

di redazione economia
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Cina, da Starbucks a Decathlon. La grande fuga dei marchi occidentali

I grandi marchi occidentali stanno rivalutando la loro presenza sul mercato cinese. General Mills valuta la cessione della rete Häagen-Dazs — oltre 250 gelaterie — mentre Starbucks sta sondando acquirenti per le sue 7.750 caffetterie. Anche Decathlon ha avviato le procedure per vendere circa un terzo del proprio business locale.

Come scrive il Sole 24 Ore, alla base di questo riposizionamento c’è la pressione di concorrenti cinesi diventati agili, tecnologici e molto radicati nei gusti dei consumatori: dai produttori di smartphone Huawei e Xiaomi agli specialisti dell’abbigliamento sportivo Anta e Li Ning. Dopo gli anni di Covid, la crescita dei redditi è rallentata e le giovani generazioni puntano sempre più sul rapporto qualità-prezzo e su prodotti che parlino al loro immaginario.

Per restare competitivi, i brand stranieri hanno già lanciato proposte fortemente localizzate: Häagen-Dazs vende gelati-mooncake per il Capodanno, Starbucks sperimenta latte macchiato al maiale brasato e taglia i prezzi di tè e Frappuccino per contrastare catene emergenti come Luckin Coffee. McDonald’s offre congee e burger alla carne in scatola, mentre KFC e Pizza Hut (Yum China) propongono crostatine all’uovo, wrap in stile anatra alla pechinese e pizze al durian.

Nonostante decenni di presenza nel Paese, molte multinazionali guardano ora a nuovi partner locali o a cessioni parziali per fronteggiare una domanda meno brillante, dazi potenziali e tensioni geopolitiche. L’obiettivo è limitare i rischi senza rinunciare a un mercato che, pur complesso, rimane di importanza strategica.

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