Conte-Letta vicini solo a parole, dai licenziamenti all’Irpef distanza enorme

Pd e 5 Stelle dialogano bene, dicono, ma sui temi politico-economici i due partiti sono divisi da differenze incolmabili

di Ulisse Spinnato Vega
Enrico Letta Giuseppe Conte 
Lapresse
Economia
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Con Conte dialogo bene”. “Con il Pd avremo sicuramente la possibilità di dialogare costantemente”. A parole, tra Enrico Letta e Giuseppe Conte, sembra sia sempre la stagione delle rose e dei violini. Ma poi il leader in pectore del M5s ci tiene a smarcarsi e, dunque, con i dem “ci sono delle differenze perché noi abbiamo una chiara identità. Ci saranno punti d'incontro e punti di divergenza”. In effetti, guardando ai dossier di politica economica del momento, è evidente l’escalation degli smarcamenti dell’avvocato dall’alleato e una piena intesa “pentapiddina” appare ancora in alto mare.

Prendiamo il blocco dei licenziamenti. Letta parla di selettività, di valutazione circa le diverse condizioni in cui si trovano, ad esempio, i vari settori della manifattura e il Partito democratico presenta emendamenti al Dl Sostegni bis che allungano il vincolo fino a fine settembre o fine ottobre, accompagnandolo con ulteriori settimane di Cig Covid gratuita, per comparti come il tessile o l’automotive. Conte invece ieri ha liquidato: “Non è con i codici Ateco che si analizzano i settori in ripresa e quindi la fine del blocco dei licenziamenti”, mentre il M5S proroga de plano il blocco dei licenziamenti dal primo luglio al primo settembre con lo scontato allungamento, in parallelo, della cassa Covid senza costi per le imprese. 

“Quello che conta nel matrimonio è litigare in armonia”, diceva Anita Ekberg. Ma prima le nozze vanno celebrate. Nel frattempo il fidanzamento tra dem e pentastellati conosce alti e bassi. Anche sulla vexata quaestio della tassa di successione per un sostegno ai giovani, vessillo del Pd lettiano che cerca di riguadagnare consensi a sinistra, la risposta di Conte è stata tutt’altro che conciliante: “Non possiamo risolvere il problema dei giovani offrendo loro una qualche prospettiva di dote, di qualche incentivo, ma vanno costruite le premesse per serie e stabili opportunità di lavoro”. Parole al veleno degne di un esponente di Italia Viva o addirittura del centrodestra. Peraltro l’ex premier era stato preceduto dal viceministro all’Economia Laura Castelli che aveva tagliato corto: “Le maggiori entrate provenienti da una tassa di successione non sono per nulla sufficienti a coprire questa misura”.

Sarà che mentre Letta cerca di ridefinire l’identità del Nazareno con battaglie di bandiera, l’avvocato guarda anche ai moderati, come ha chiarito in modo esplicito. Fatto sta che pure attorno a questioni più ampie, anzi di sistema, quali la riforma dell’Irpef, le visioni delle due forze politiche sono alquanto divergenti. Il Pd punta a una progressività che si avvicina al modello tedesco, mentre i Cinquestelle tratteggiano una struttura a tre aliquote (23% fino a 25mila euro, 33% fino a 55mila euro e 43% oltre i 55mila).

Persino nel dibattito circa la possibilità, per i lavoratori in difficoltà, di sommare stipendio e Cassa integrazione il Pd si è mostrato aperturista, tanto che il responsabile economico del Nazareno, Antonio Misiani, si è sbilanciato: “Il tema c’è tutto” se viene “inserito nel ridisegno del sistema di welfare”. Mentre l’ex ministro del Lavoro del Movimento, Nunzia Catalfo, ha frenato, sostenendo che va bene “solo per Cig prolungate”, ma per il resto “meglio puntare tutto sulla formazione e sul reskilling durante la Cig”.

Per carità, intese e punti di caduta sono sempre alla portata, d’altronde la politica è l’arte del possibile. Per Pd-M5s, però, oltre l’orizzonte tempestoso delle amministrative, si intravede già il cielo delle elezioni politiche e non sembra per nulla più chiaro e sereno.