"Dazi al 50% sull’Ue? Solo una tattica di Trump per negoziare. Ma Bruxelles ormai è pronta a colpire gli Usa"
Dall’attacco agli iPhone “Made in China e India” alle minacce di dazi all’Ue se non si produce negli Usa: ecco le tecniche del tycoon per negoziare. L’analisi di Saverio Berlinzani
Donald Trump
"Stretta sui dazi Ue al 50%: mossa studiata per trattare, ma l’Ue ha già scelto cosa colpire"
Ennesimo attacco di Trump alla UE sui dazi, con la minaccia di imporre tariffe del 50% sull'Unione Europea a partire dal 1° giugno (ora rinviato al 9 luglio). Il tycoon ha confermato un'interruzione dei colloqui commerciali con il vecchio continente e attaccato contemporaneamente Apple, promettendo un'imposta del 25% sugli iPhone prodotti al di fuori degli Stati Uniti. La decisione del Presidente ha colpito i mercati azionari: il Dow Jones ha subito un calo dello 0,61% a 41.603 punti, mentre l’S&P500 ha perso lo 0,67% a 5.803 punti. Segno meno anche per il Nasdaq (-1% a 18.737 punti).”
Secondo il Presidente, la UE sarebbe stata creata con lo scopo primario di trarre vantaggio dagli Stati Uniti in materia di commercio. Ha criticato duramente le barriere commerciali, le tasse sull'IVA, le sanzioni aziendali, da lui definite “ridicole”, le manipolazioni monetarie, oltre alle cause legali ingiuste e ingiustificate contro le aziende americane. Il 2 aprile, quando Trump annunciò i dazi nel “Giorno della Liberazione”, l’UE fu colpita da imposte del 20%, poi ridotte al 10%. Trump ha lasciato intendere di non voler negoziare un nuovo accordo con Bruxelles, affermando che i dazi saranno al 50%. Ha anche sostenuto che i dazi potrebbero essere evitati se le aziende europee, in particolare le case automobilistiche, investissero nella produzione negli Stati Uniti. Analogamente, venerdì Trump ha affermato che Apple potrebbe evitare i dazi doganali solo se l'azienda producesse in America.
Nel 2024, gli scambi commerciali tra gli Stati Uniti e l'UE hanno raggiunto un totale di 975,9 miliardi di dollari, con un deficit americano di 235,6 miliardi di dollari. Sempre lo scorso anno, gli scambi tra gli Stati Uniti e la Cina si sono attestati sui 582,4 miliardi di dollari, con un deficit americano di 295 miliardi di dollari, secondo le statistiche del governo statunitense. Per contro, gli Stati Uniti mantengono un surplus minore nei servizi con entrambe le aree commerciali.
Per quanto riguarda Apple, degli oltre 60 milioni di iPhone venduti ogni anno negli Stati Uniti, si stima che l'80-90% sia prodotto in Cina, mentre il resto in India e Vietnam. Tra le altre cose, non è neppure chiaro se l'amministrazione possa legittimamente imporre una tariffa a una singola azienda. Sebbene le stime siano discordanti, molti analisti ed economisti affermano che produrre gli iPhone negli Stati Uniti potrebbe far aumentare il loro prezzo da 1.000 a livelli compresi tra i 2.500 e i 3.500 dollari, il che evidenzia che anche tornare a produrre negli USA non sarebbe conveniente, anche con tariffe al 25%.
Questo ci fa pensare che alla fine, tutto questo caos faccia parte di una strategia ben precisa, che porti i paesi a negoziare. Tra l’altro, la UE non starà a guardare e imporrà a sua volta delle ritorsioni, che includeranno dazi sugli aerei Boeing e sui prodotti agricoli, interrompendo di fatto una delle relazioni commerciali più importanti a livello globale. Infine, sottolineiamo che la maggior parte degli alleati tradizionali degli Stati Uniti, tra cui l'Unione Europea, il Giappone, la Corea del Sud, non hanno ancora raggiunto accordi commerciali con Washington. Mentre i colloqui con l'UE sono in stallo, il Giappone si sta preparando per un quarto round di negoziati, ma per ora senza grandi progressi, il che dimostra la complessità nel definire accordi commerciali, nonostante le precedenti affermazioni di Trump secondo cui avrebbe concluso "90 accordi in 90 giorni".
*Analista di ActivTrades