Debiti e stipendi da fame, ma gli italiani vanno in vacanza pur di mostrarsi sui social
Molte famiglie si indebitano per mantenere intatto lo stesso stile di vita
In vacanza 14 milioni di italiani, tra rate e stipendi fermi
Sembra il vecchio storytelling di Silvio Berlusconi, quello dei ristoranti pieni. Oltre 14 milioni di italiani hanno approfittato dei lunghi ponti di queste due ultime settimane per una vacanza, dicono gli ultimi dati. Vuol dire che la bufera economica è alle spalle e il pil dell’Italia viaggia a gonfie vele? No, non è così. La questione è decisamente più complessa e incrocia gli stipendi bassi e il tema dell’indebitamento.
A spiegare quel che accade in Italia ha pensato, ieri, in occasione della Festa del lavoro, il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ospite della trasmissione Mattino Cinque News in onda su Canale 5 (share 19,95%, oltre 1,1 milioni di telespettatori, meglio di Rai Uno). Si chiedono soldi in prestito - questa la sintesi del leader del principale sindacato dei bancari - per “colpa” di Instagram.
“Molte famiglie si indebitano per mantenere intatto lo stesso stile di vita. Molte altre si indebitano per mantenere un’apparenza sociale, soprattutto sui social: c’è il cosiddetto “effetto Instagram” che spinge molte persone a esibire viaggi. I prestiti e i mutui sono importanti, ma prima di chiederli bisogna farsi bene i conti, chiedere consigli a chi lavora in banca. Occorre prestare attenzione, pur non demonizzando il credito e gli acquisti a rate: il benessere che è percepito oggi si può trasformare in peso domani, a causa di possibili rischi da sovraindebitamento”, ha detto Sileoni.
Il totale dei finanziamenti delle banche alle famiglie vale 662 miliardi: di questi, 427 miliardi sono mutui, 121 miliardi credito al consumo (acquisti a rate) e 114 miliardi di prestiti personali per spese impreviste (salute), viaggi e vacanze.
I tassi d’interesse su credito al consumo e altri prestiti personali non sono uno scherzo: in media l’8% con un calo, dopo l’ultimo taglio del costo del denaro deciso dalla Bce, che potrebbe portarli a circa il 7,5%. Comunque, ancora soglie significative che comportano rate e rimborsi impegnativi per le famiglie. Di qui alcuni consigli snocciolati dal numero uno della Fabi: avere sempre chiaro in mente il bilancio familiare, costruire un piccolo fondo d’emergenza (ad esempio mettendo da parte 50 euro al mese), non fidarsi solo delle offerte online sui prestiti, perché possono nascondere costi occulti, andare in banca per avere consigli e scegliere la soluzione più adatta e più educazione finanziaria cioè informarsi sempre il più possibile.
Ci si indebita di più anche perché i prezzi sono saliti: oggi l’inflazione è al 2% in Italia e al 2,4% nell’area euro, ma negli scorsi anni è andata oltre il 10%: quindi i prezzi sono aumentati tanto, ma poi non sono più diminuiti. Gli aumenti più rilevanti sono stati per energia elettrica e benzina, alimentari, trasporti: voci del bilancio familiare che hanno il ridotto il potere d'acquisto degli stipendi. Ecco perché molti clienti delle banche hanno chiesto prestiti per coprire spese quotidiane. Le famiglie a basso reddito hanno risentito di più del caro-vita perché impiegano una quota maggiore del loro budget in consumi essenziali le cosiddette spese non comprimibili.
Il mantenimento del tenore di vita è un problema particolarmente sentito per circa 6,2 milioni di lavoratori il cui contratto collettivo è scaduto. Si tratta del 42% del totale. Il restante 58% dei lavoratori dipendenti italiani ha invece ottenuto aumenti di stipendio con i rinnovi sottoscritti a partire dal 2023.
Sono 24 i ccnl siglati dai sindacati con le controparti aziendali, ma le differenze sono significative. A detenere il primato sono i bancari: con il rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro siglato nel 2023, i dipendenti delle banche aderenti all’Abi e del credito cooperativo hanno ottenuto un aumento medio mensile di 435 euro, il più elevato tra tutti i rinnovi contrattuali conclusi dal 2023 a oggi.
A beneficiarne sono circa 320.000 lavoratori. È il segnale tangibile di una trattativa sindacale forte ed efficace, in un settore storicamente organizzato e centrale per l’economia italiana, dove spicca la leadership proprio della Fabi, sigla autonoma e maggiormente rappresentativa nel comparto. Anche se la sua categoria ha ottenuto incrementi record, Sileoni si è preoccupato di chiedere, in televisioni, che "occorre rinnovare al più presto tutti i contratti collettivi con aumenti importanti". Ciò perché, ne è convinto il segretario Fabi, "aumentare le retribuzioni garantisce una vita migliore alle famiglie e serve anche per far crescere l’economia grazie a consumi stabili".
Dicevamo dello spread nei rinnovi contrattuali. Quei 435 euro dei bancari equivalgono a quasi il doppio rispetto alla media di tutti i rinnovi del biennio in esame, pari a 221 euro. Dopo le banche, spiccano chimico-farmaceutica (294 euro per 180.000 lavoratori), industria alimentare (280 euro per 400.000 addetti), aziende della panificazione industriale (280 euro) e cooperative alimentari (280 euro). Anche la vigilanza privata e i servizi di sicurezza si difendono bene con un aumento di 250 euro per 100.000 lavoratori.
Il commercio, pur essendo il comparto con più addetti (oltre 2,7 milioni), si ferma a 240 euro mensili, cifra condivisa anche dalla distribuzione moderna organizzata. In linea con la media, anche il settore della logistica e trasporti (230 euro per oltre mezzo milione di lavoratori), studi professionali (216 euro), metalmeccanici artigiani (210 euro), artigiani dell’alimentazione (206 euro), e turismo e pubblici esercizi (200 euro). Anche il mondo dello sport si è mosso, con due rinnovi distinti che portano un aumento medio di 200 euro.
Sotto questa soglia, troviamo invece industrie conciarie (191 euro), Poste Italiane (190 euro), artigiani dell’estetica e acconciatura (183 euro), artigiani del legno e lapideo (180 euro) e il settore tessile, moda e chimica per l’artigianato (172 euro). Fanalini di coda, i comparti più fragili: cooperative sociali e il settore socio-sanitario assistenziale-educativo, che hanno ottenuto solo 120 euro di aumento medio, nonostante contino complessivamente oltre 860.000 addetti.