Deleveraging e risk-off: ecco perchè novembre è stato il mese nero delle criptovalute

Il commento di Roberto Rossignoli, Senior Portfolio Manager di Moneyfarm

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Deleveraging e risk-off: il mese nero delle criptovalute. Il commento

Si chiude uno dei mesi più difficili di sempre per l’ecosistema delle criptovalute, segnato da un marcato ridimensionamento delle valutazioni e da un vero e proprio reset del mercato. Dopo i massimi di ottobre, infatti, si è aperta una fase di deleveraging, con la liquidazione forzata delle posizioni costruite con investimenti a debito, innescata da deflussi record dagli ETF e da venti macroeconomici contrari.

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Bitcoin e le principali crypto hanno subito ribassi a doppia cifra, mentre la rotazione del capitale verso gli asset focalizzati sulla privacy ha messo in luce la fragilità dei segmenti più speculativi, come i meme coin. Nel complesso, il mercato ha visto svanire circa mille miliardi di dollari di capitalizzazione, in quello che molti analisti hanno descritto come un classico “flush” dell’eccesso di leva, ricordandoci quanta prudenza richieda la gestione delle criptovalute all’interno di un portafoglio, nonostante la crescente partecipazione istituzionale.

Bitcoin ha chiuso novembre intorno ai 91.000 dollari, in calo del 17% circa e con un drawdown complessivo picco-minimo di circa il 32%, testando livelli di supporto vicini a quota 80.000 prima di stabilizzarsi. Ethereum ha sottoperformato Bitcoin, chiudendo con un ribasso del 21% circa, mentre i meme coin hanno perso circa il 19% in un solo mese, con alcuni indici che segnalano un crollo del 66% dai massimi del 2025.


 

Il clima di incertezza legato all’AI, il cambiamento delle aspettative di politica monetaria, i segnali macro contrastanti e l’esaurirsi degli slanci di mercato hanno alimentato una fase generale di risk-off, riducendo l’appetito per il rischio. In questo contesto di arretramento dei mercati finanziari, la correlazione tra gli asset azionari ciclici e Bitcoin è aumentata, e anche quest’ultimo è stato trascinato in un quadro di performance deboli diffuse. Tuttavia, con la liquidità globale in espansione e politiche monetarie e fiscali sempre più accomodanti nelle principali economie, le prossime settimane saranno decisive per capire se BTC riuscirà davvero a confermare la narrativa che lo circonda: decentralizzazione, frammentazione globale e rischio più elevato di default sovrani.

Dal punto di vista micro, novembre è stato dominato dalla narrativa della “Rinascita della Privacy”, con i capitali che hanno iniziato a fluire in modo deciso verso protocolli orientati alla tutela dei dati. Le cosiddette “privacy coin” sono criptovalute progettate per nascondere dettagli come mittente, destinatario e importo delle transazioni, garantendo il vantaggio dell’anonimato rispetto alle crypto tradizionali. A nostro avviso, è proprio la crescente richiesta di trasparenza e accountability, derivante dall’integrazione degli asset crypto regolamentati nel sistema finanziario tradizionale, a guidare questa risposta degli utenti. L’aumento dell’accettazione istituzionale comporta inevitabilmente una maggiore pervasività dei controlli: non sorprende quindi che alcune valute rischino di essere escluse dalle piattaforme “compliant” di primo livello, come Coinbase o Kraken, in specifiche giurisdizioni.

Come previsto, i flussi sono stati contenuti: negli Stati Uniti, sia Bitcoin sia Ethereum hanno registrato il primo mese di deflussi da febbraio, con Ethereum che ha segnato il peggior mese della sua storia sul mercato statunitense, confermando la maggiore ciclicità e volatilità degli altcoin rispetto a Bitcoin. In Europa il contesto si è mostrato più resiliente, con gli ETF su Bitcoin che hanno registrato flussi in ingresso, evidenziando tra gli investitori europei un approccio orientato al “buy the dip”.

 


 

 

 

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