Farmaci nel mirino, la guerra dei dazi di Trump colpisce la sanità globale
L’industria farmaceutica si trova così schiacciata da un doppio fronte
Farmaci nel mirino, la guerra dei dazi di Trump colpisce la sanità globale
I dazi tornano a bussare sui mercati. Questa volta non è solo il farmaco a finire nel mirino, ma anche camion pesanti, mobili da cucina e bagno e arredi imbottiti, colpiti rispettivamente da tariffe del 25, del 50 e del 30 per cento. Tutto questo accade mentre Wall Street resta sui massimi storici, ma le ultime tre sedute hanno già mostrato correzioni e un cambio di tono nel sentiment: il Fear & Greed Index segna la fine dell’avidità e l’ingresso in un terreno più prudente.
L’annuncio di Trump rappresenta un’estensione massiccia della strategia tariffaria, che non riguarda più soltanto acciaio e alluminio, ma si spinge dentro i beni di consumo e, soprattutto, nel cuore della salute pubblica. Dal primo ottobre scatterà un dazio del 100% su tutti i farmaci brandizzati importati negli Stati Uniti, con esenzione per chi abbia già avviato la costruzione di stabilimenti in America. È un provvedimento che colpisce non solo un settore ma un modello, perché la catena del valore del Pharma resta tra le più globalizzate al mondo.
L’industria si trova così schiacciata da un doppio fronte. Da una parte i negoziati IRA sui prezzi dei rimborsi Medicare, che prevedono tagli fino al 65% rispetto alle medie internazionali e che coinvolgono blockbuster come Ozempic, Wegovy e Austedo. Dall’altra la minaccia di nuove tariffe mirate.
Non a caso il Pharma tratta a sconto di circa il 36% rispetto all’S&P 500 secondo Goldman Sachs, un livello che fotografa un “policy risk” permanente più che un rallentamento ciclico. L’annuncio di Trump non ha fatto altro che formalizzare ciò che era già prezzato, confermando che la politica industriale americana oggi colpisce contemporaneamente dove si produce e a quanto si vende.
La geografia degli accordi attenua o amplifica l’impatto. L’Europa si è già messa al riparo grazie a un’intesa che fissa il dazio al 15%, lo stesso vale per il Giappone. La Svizzera resta più esposta, con una tariffa al 39%, mentre Regno Unito, India e Cina non hanno scudi equivalenti e rischiano di subire l’impatto pieno del 100%.
La combinazione di dazi e negoziati IRA riduce i ricavi da una parte e alza i costi dall’altra, comprimendo i margini e spingendo le aziende a rivedere i programmi di ricerca, duplicare impianti e sostenere spese crescenti di compliance. È la doppia morsa che ridisegna non solo i conti del settore, ma anche la sua geografia industriale.
Tra le prime venti big pharma mondiali la mediana delle performance da inizio anno è negativa del 7%, con un settore che arretra mentre gli indici toccano nuovi massimi. I campioni della narrativa come Eli Lilly e Novo Nordisk segnano ribassi rispettivamente del 7% e del 42%, mentre colossi americani come Merck, Pfizer e Bristol Myers cedono a doppia cifra. Solo poche eccezioni, come Johnson & Johnson (+26%), Galderma (+35%) e la cinese Jiangsu Hengrui (+58%), riescono a distinguersi in positivo.
*di Gabriel Debach, market analyst di eToro