Fed, il taglio dei tassi che irrita Trump: 25 punti non bastano. E ora l’America rischia di perdere lo status quo
Un’economia che dà segnali di rallentamento e un quadro statistico meno affidabile. È un terreno inesplorato per la Fed. Il commento di Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia
Jerome Powell
Fed: un taglio dei tassi, e poi?
Ci sono almeno tre certezze. Primo: la politica monetaria della Federal Reserve è oggi troppo restrittiva. Secondo: mercoledì arriverà con tutta probabilità un taglio dei tassi di 25 punti base. Terzo: la Casa Bianca non sarà soddisfatta, perché continua a spingere per un intervento più deciso, con una riduzione di almeno 100 punti base.
Una mossa di tale portata è usuale nelle fasi recessive, ma appare insolita in un’economia che, almeno ufficialmente, non è in contrazione. Il nodo è capire davvero il reale stato di salute dell’economia americana. Negli ultimi mesi i segnali sono stati contraddittori. Da un lato, i dati più recenti confermano un forte rallentamento del mercato del lavoro: ad agosto sono stati creati soltanto 22 mila nuovi posti, un terzo di quanto servirebbe per assorbire la crescita demografica, secondo il Peterson Institute.
Dall’altro lato, l’inflazione resta più ostinata del previsto: i prezzi al consumo sono saliti dello 0,4% ad agosto e del 2,9% nell’ultimo anno, un livello significativamente superiore rispetto all’obiettivo del 2% fissato dalla Fed. Un’ulteriore criticità riguarda la difficoltà crescente nel valutare la qualità e l’affidabilità dei dati macroeconomici statunitensi. Si consideri, ad esempio, l’occupazione: la stima della creazione di posti di lavoro tra aprile 2024 e marzo 2025 è stata rivista al ribasso della metà rispetto alle rilevazioni iniziali. Ciò è avvenuto a meno di sei mesi dalla prima pubblicazione.
È noto che la trasmissione dei dati sui sussidi di disoccupazione dai singoli Stati al National Statistics Bureau (NSB) non sia mai stata perfetta e necessiti di continue rettifiche. La novità, questa volta, è rappresentata dalla rapidità con cui le revisioni sono state introdotte. L’istituto statistico non offre spiegazioni convincenti, ma è plausibile un effetto post-Covid: dopo i lockdown, la raccolta statistica negli Stati Uniti è diventata meno affidabile rispetto al passato, rendendo i dati più soggetti a correzioni frequenti e di ampia entità.
In sintesi, ci troviamo davanti a un doppio problema: un’economia che dà segnali di rallentamento e, allo stesso tempo, un quadro statistico meno affidabile. È un terreno inesplorato per la Fed. Che l’economia americana stia perdendo slancio ormai non è più in discussione. Resta invece da capire quanto sia profondo questo rallentamento. E per questo motivo, lo “status quo” che la Fed sembrava pronta a difendere fino a ottobre non può più essere dato per certo.