Ferragamo, esce da Burberry che crolla in borsa: chi è il nuovo Ceo Gobbetti

Il ritratto del top manager che la maison fiorentina ha rubato al colosso del lusso Burberry e che non ha ricevuto una calda accoglienza degli investitori

di Marco Scotti
Economia
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Terremoto a Londra: Marco Gobbetti, amministratore delegato di Burberry dal 2017, lascia il timone dell’azienda famosa per i tartan, torna in Italia e diventa ceo di Ferragamo. Una notizia che le borse di Milano e Londra hanno preso piuttosto male: Burberry, infatti, è crollato di oltre l’8%, mentre la griffe fiorentina ha ceduto il 2,67% a 18,79 euro per azione. Gobbetti prenderà il posto di Micaela Le Divelec Lemmi, amministratore delegato del gruppo dal 2018.



 

Il nuovo ceo di Ferragamo ha due grandi doti: la prima è riconosciuto a livello internazionale, la seconda è che conosce molto bene anche il mercato cinese, una frontiera che ormai non può più essere trascurata vista la passione per il Made in Italy degli oltre 300 milioni di nuovi “borghesi” che popolano la nazione asiatica.

Un cambio al vertice, dunque, ma perché? La colpa, se così si può chiamare, non può essere addossata esclusivamente alla Lemmi. Ma i numeri sono abbastanza impietosi, e la responsabilità è prinicipalmente del Covid. Il bilancio del 2020 si è chiuso con un fatturato tornato sotto il miliardo, a 915 milioni, in calo di oltre il 30% rispetto all’anno precedente. Dimezzato l’Ebitda e soprattutto un risultato netto passato da essere positivo per oltre 87 milioni a negativo  per 71.


 

Chiaro quindi che servisse fare qualcosa per invertire la rotta. Ma l’arrivo di Marco Gobbetti, più che una necessità sembra quasi la classica occasione da non farsi sfuggire. Come riporta Affari&Finanza di oggi, oltretutto, il lusso sta tornando rapidamente ai livelli pre-Covid: nel primo trimestre Ferragamo stessa ha registra un +10,3% rispetto al 2020, con una crescita sensibile in Cina dove le cose vanno addirittura meglio che nel 2019.

Dunque, prendere Gobbetti per la sua capacità di parlare con investitori da tutto il mondo, per la sua abilità di costruire e conquistare nuovi mercati. E anche, perché no, immaginare o un aumento della quota della società in borsa (oggi il flottante è intorno al 7%) o perfino lanciarsi in qualche possibile operazione di M&A.

Con un curriculum così positivo, normale che Burberry si sia trovata spiazzata. Il titolo è sprofondato di oltre l’8% e il presidente della società, Gerry Murphy, non ha potuto fare altro che prendere atto della decisione di Gobbetti, senza nascondere un certo disappunto.

Al manager italiano, infatti, va riconosciuto di aver costantemente incrementato l’utile in doppia cifra negli anni che sono intercorsi tra il suo insediamento e l’inizio della pandemia da Covid. Perderlo così può essere un boomerang per un’azienda, tra l’altro, che ci aveva messo tre anni per riprendersi dallo choc dell’addio della precedente ceo, Angela Ahrendts, approdata alla corte di Tim Cook nel 2014.

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Da notare, inoltre, che Gobbetti, che aveva ricoperto il ruolo di ceo anche per Moschino e Celine, aveva diretto Givenchy dove aveva conosciuto come direttore creativo Riccardo Tisci, che nel 2018 era poi passato proprio a Burberry, cambiando profondamente l’immagine dell’azienda. Ora rimane il dubbio: non sarà che Gobbetti voglia replicare per la terza volta il matrimonio (riuscitissimo) con Tisci?

Intanto il ceo di Ferragamo in pectore si ritrova con due gatte da pelare: la prima riguarda la composizione del consiglio di amministrazione della maison fiorentina. Sulla carta, infatti, Gobbetti entrerà in carica solo a fine anno, ma nelle prossime settimane dovrà essere discusso il rinnovo del cda: chi ne farà parte tra lui e Lemmi? Pare assodato che la manager farà un passo indietro per permettere al nuovo ceo di iniziare a entrare nelle vicende dell’azienda.

La seconda è che due settimane fa è stata aperta una trattativa per cedere la licenza dei profumi Ferragamo Parfums, che era appena stata inglobata nella holding di famiglia, per fare cassa. Ma le sigle sindacali temono che si tratti di una mossa per liberarsi di 40 lavoratori. Sarà così?