Golden Goose verso l’Asia: cosa c’è davvero dietro la (probabile) vendita a Hongshan e l’IPO mancata. Retroscena

Il fondo Permira valuta la cessione a Hongshan in un momento di forte crescita internazionale, tra opportunità in Asia e interrogativi sul recente dietrofront in Borsa

di Rosa Nasti
Economia

Golden Goose pronta alla svolta asiatica: la (probabile) cessione a Hongshan e l’ombra dell’IPO sfumata

Golden Goose, il brand di sneaker di lusso nato a Venezia, è di nuovo sul punto di cambiare padrone. Permira, alla guida del marchio dal 2020, sarebbe infatti nelle fasi avanzate di una trattativa con il fondo cinese Hongshan Capital. Si parla di una valutazione da 2,5 miliardi, ma, come risulta ad Affaritaliani, non c'è ancora niente di ufficiale.

La sensazione, però, è che non si tratti di un semplice cambio di proprietà, ma di un disegno molto più ampio: una spinta "muscolare" verso i mercati asiatici, terreno ancora inesplorato per Golden Goose. D'altra parte l’Europa va, gli Stati Uniti tengono, ma in Oriente il marchio avrebbe un potenziale ancora tutto da raccogliere.

Non solo Cina ma Corea, Indonesia, Filippine. Piazze giovanissime, iper-reattive, dove Millennials e Gen Z vivono di hype, di trend, con gente disposta a spendere anche parecchio per un paio di scarpe Made in Italy apprezzate pure da Taylor Swift. E i segnali dal campo ci sono: i flagship aperti, come quello di Manila, stanno già volando.

Il vero punto interrogativo resta però il tempismo. Perché una vendita ora, quando poco più di un anno fa Permira aveva preparato un’IPO da 1,7 miliardi poi ritirata a ridosso del debutto? La spiegazione che risulta ad Affari parla di un mercato complesso per il lusso e del rischio di bruciare la quotazione prima ancora di partire.

Una scelta definita prudenziale, ma anche difficile, eppure, la domanda degli investitori, da Invesco a Bluepool Capital, c’era eccome. Da qui il sospetto che forse l'IPO fosse un test, un termometro per capire quanto davvero valesse il marchio prima di venderlo al miglior offerente? La tempistica, quantomeno, lo suggerisce, ma sono solo ipotesi per ora.

Dal punto di vista industriale, però, il puzzle si incastra alla perfezione. Hongshan parla già al cuore (e alle carte di credito) della generazione che oggi muove il mercato, avendo in pancia brand come Ami Paris, il colosso Amer Sports, e ha portato in Borsa PopMart (quello dei viralissimi Labubu). Prodotti iconici, desiderabili, virali, e quindi in mezzo a tutto questo, Golden Goose sarebbe il pezzo mancante del set.

E poi ci sono i numeri a fare da acceleratore: 654,6 milioni di ricavi nel 2024 (+13,1%), 342 milioni nel primo semestre 2025, EBITDA vicino al 33%. A questa velocità, il miliardo di fatturato non sembra un traguardo, ma una scadenza. Forse è proprio questo che rende l’ipotesi di vendita ancora più solida e non sembra affatto improbabile che Hongshan intraveda in Golden Goose un brand pronto a "scattare" in Asia, con la giusta spinta.

Resta infine una questione tutt’altro che secondaria. Se l’accordo andasse in porto, sarebbe di fatto il quinto cambio di proprietà in dodici anni, forse troppi, per un marchio che vive anche di identità e continuità? Ma secondo quanto ci risulta, la vera stabilità non viene dai proprietari, ma dal management guidato da Silvio Campara, considerato il perno che ha trasformato un marchio artigianale veneziano in un player globale senza mai snaturarne l’essenza.

Insomma se la cessione si chiuderà, Golden Goose avrà accesso a una corsia preferenziale per conquistare l’Asia. Ma sarà anche un altro pezzo di lusso italiano a cambiare passaporto, entrando nell’orbita orientale. Un copione già visto, sì, ma che potrebbe rivelarsi l’azzardo giusto.

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