La prudenza di Giorgetti dà i suoi frutti: il debito pubblico italiano meglio di quello francese
La politica economica prudente ed attenta ai conti pubblici, da parte del ministro Giorgetti, stia creando un clima di grande fiducia da parte degli investitori internazionali
Giancarlo Giorgetti
Il debito pubblico italiano supera quello francese
“In tre anni, Roma ha ridotto notevolmente il proprio deficit pubblico mentre Parigi ha lasciato che il suo gli sfuggisse di mano", questo è quello che sostiene il quotidiano francese Le Monde, nell’incipit di un lungo articolo di due giorni fa, nel quale elogia il nostro paese e la politica economica del governo di centro destra (e già questo per un giornale espressione del pensiero ultra liberal transalpino, è sintomatico di quanto lo standing internazionale della premier italiana si ormai cresciuto notevolmente).
Il giornale francese, che in passato aveva già lodato la Meloni come statista autorevole e credibile, sostiene senza mezzi termini che il nostro debito pubblico sta diventando più sostenibile di quello francese. Basti pensare che nel 2011, il differenziale con il bund tedesco, tra i nostri Btp e i corrispondenti Oat francesi, aveva toccato i 400 punti base, ora lo stesso differenziale è intorno a 10 punti base. Proprio per questo, scrive sempre la bibbia del pensiero liberal francese “la Francia rischia di indebitarsi più a caro prezzo dell'Italia".
Secondo l'economista indipendente Philippe Crevel il nostro Paese adesso ha "la capacità di dare una lezione alla Francia". Parole che mostrano ancora una volta come la politica prudente del ministro Giorgetti abbia operato un mezzo miracolo sui mercati finanziari internazionali. Anche il Financial Times la settimana scorsa, aveva espresso la crescente fiducia dei mercati internazionali verso un debito pubblico italiano che ormai preoccupa meno di quello francese. Mentre la banca mondiale ha certificato mercoledì scorso come il Pil pro-capite italiano dopo 24 anni ha superato nuovamente quello britannico.
Per Le Monde c'è un dato che riassume l'inversione di tendenza in atto: i tassi di interesse richiesti dagli investitori per detenere il debito pubblico di entrambi i paesi. "Nel 2011 e nel 2012, l'Italia era considerata così indisciplinata e inaffidabile che gli investitori pretendevano di essere pagati fino a 400 punti base (4 per cento) in più rispetto al tasso francese: quando la Francia pagava il 3 per cento all'anno, l'Italia doveva pagare il 7 per cento". Ma le cose da allora, come detto, sono cambiate, soprattutto negli ultimi due anni, con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e Giancarlo Giorgetti seduto sulla scrivania che fu di Quintino Sella, al ministero dell'economia.
Lo scorso 15 agosto, infatti, il tasso di interesse è sceso a meno di 5 punti base per il benchmark principale, con una durata di rimborso decennale. "Un risultato che non si vedeva dal 2005. Per i titoli a cinque anni, il gap tra il debito francese e quello italiano sui mercati finanziari è addirittura completamente scomparso da metà luglio", osserva sempre il quotidiano francese. La Francia al momento non sta ancora pagando di più per prendere dei prestiti: "Potrebbe essere solo questione di giorni o settimane".
Ne è convinto anche l'economista Andrew Kenningham, secondo cui i costi di finanziamento di Parigi potrebbero superare a breve quelli di Roma. Ma perché è in atto questa inversione di tendenza? Una spiegazione è certamente quella a cui hanno fatto riferimento anche le agenzie di dating quando a primavera hanno promosso incontri pubblici italiani, e cioè quello della ritrovata stabilità politica. “Dal 2022 l'Italia è guidata da Meloni, che guarda a una riconferma a Palazzo Chigi con le elezioni politiche del 2027” scrive sempre Le Monde. Mentre in Francia sono cambiati ben quattro governi in poco più di un anno e mezzo e anche quello attualmente in carica di Bayrou è già in bilico, proprio a causa dei problemi finanziari del paese.
E poi è indubbio che la politica economica prudente ed attenta ai conti pubblici, da parte del ministro Giorgetti, stia creando un clima di grande fiducia da parte degli investitori internazionali, come non si verificava dalla fine degli anni ‘90. E prova ne è che secondo la Banca d’Italia, negli ultimi mesi si è registrata una domanda record di Btp dagli investitori esteri ( 32,4 miliardi di euro al massimo dal 2019). Ed è anche per questo che da Palazzo Chigi, ma non solo, da tempo ci si aspetterebbe un diverso atteggiamento anche da parte delle agenzie di rating, che seppur assai positive verso il nostro paese, sono sempre prudentissime nell’alzare i rating, che a detta di molti economisti non riflettono lo stato reale dei conti pubblici italiani rispetto appunto a quelli francesi o spagnoli.
Nel luglio 2022, poco prima che Giorgia Meloni vincesse le elezioni e salisse a Palazzo Chigi, l'agenzia di rating S&P conferma il rating dell'Italia al livello BBB, abbassando l’outlook dell’Italia da positivo a stabile, mentre Moody’s in agosto confermò anch’essa il suo rating Baa3, ma peggiorò l’outlook da stabile a negativo. Da quel momento, una volta insediatosi il governo Meloni, il clima è cambiato radicalmente e così i giudizi delle agenzie di rating. Nel novembre 2023 Moody’s ha riportato a stabile il nostro outlook. Infine, nell’aprile di quest’anno S&P ha migliorato il suo giudizio sull’Italia portandolo a BBB+.
Una promozione storica, forse arrivata anche con qualche colpevole ritardo da parte di agenzie di rating, che si muovono non sempre seguendo solo logiche strettamente finanziarie. La cosa positiva che fanno notare alcune agenzie di rating, come per esempio S&P, nel suo ultimo rapporto di questa primavera, sarebbe anche quella che il paese è ormai diventato un grande creditore netto verso l’estero, come la Germania e i Paesi cosiddetti “frugali”, mentre nazioni come gli Stati Uniti, la Francia o la Spagna sono grandi debitrici nette. In valore assoluto, la posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia è ormai la quarta dell’Eurozona, dopo Germania, Paesi Bassi e Belgio.
Secondo l’Eurostat, la Francia, invece, è debitrice netta per 594 miliardi di euro, la Spagna per 701 miliardi. Ed è anche sulla base di questi dati estremamente positivi che molti osservatori cominciano a pensare che il debito italiano sia ampiamente sottovalutato, e prevedono quindi assai vicine possibili nuove promozioni al rating del nostro debito sovrano. A Palazzo Chigi, intanto, forti di questi dati, ora si sta lavorando alacremente per trattare con gli Usa, su uno sconto sui dazi che gli Usa hanno imposto al vino (che secondo Unione italiana Vini, potrebbero avere impatti economici per oltre 310 milioni di euro). Secondo alcune fonti sarebbe già stato aperto un canale diplomatico con l’amministrazione americana. In questo senso il duro discorso di Mario Draghi contro l’irrilevanza di questa Europa, al meeting di Rimini, avrebbe offerto, secondo qualcuno, un inaspettato assist alla premier italiana.
E considerando la grande stima che l’ex premier ha per la Meloni, secondo alcuni la sorprendente asprezza contro i vertici europei, del discorso di Draghi, il cui pensiero è ancora molto ascoltato a Bruxelles, fa supporre che in questo modo abbia voluto in un certo modo offrire un assist alla premier italiana. Le sue parole, infatti, potrebbero dare il là ad un nuovo approccio da parte della presidente del consiglio, che sia più pragmatico e costruttivo all'interno della Unione, ( sia su tema migranti, che su quello dei dazi o della guerra in Ucraina), che è una delle caratteristiche, che un po' tutta la grande stampa internazionale e non sta riconoscendo in questi mesi alla Meloni.