Legge di Bilancio, il copione si ripete: pensioni, tasse e banche al centro del dibattito. I partiti sono più attenti alla propaganda che al Paese

L’incombenza delle elezioni regionali (quelle che restano) occuperanno molto spazio sui media e molta attenzione ai nostri politici; la Legge di Bilancio finirà per essere ancora più marginale. Il commento

di Antonio Mastrapasqua
Economia

Legge di Bilancio, il déjà-vu italiano: pensioni, tasse e banche sotto i riflettori mentre i partiti fanno propaganda

Sandra Mondaini avrebbe detto: “Che barba, che noia!”. Noi lo ripetiamo, inutilmente, come lei. Tra una elezione regionale e un’altra ci avviciniamo al fatidico momento della Legge di Bilancio. Ed è iniziato il balletto delle richieste a furor di popolo. La Lega ha dissotterrato l’ascia di guerra delle pensioni, che ha usato – con scarso successo, a dire il vero – con il rosario delle quote.

Forza Italia si è schierata in difesa delle banche, dichiarando che farà di tutto perché non arrivino “pizzicotti” dal Mef. Fratelli d’Italia, gongolando per i risultati delle urne e per le proiezioni che vedono un continuo consolidamento della leadership, cerca un pertugio che consenta una limatura delle aliquote fiscali, per poter dire di aver abbassato le tasse.

L’opposizione? Preferisce giocare con il fuoco di Gaza, sostanzialmente limitandosi al ritornello della sanità: cerca di intestarsi un aumento della spesa per il Ssn, ignorando i nuovi equilibri di welfare tra pubblico e privato, anche e soprattutto a proposito della salute.

Che i parlamentari siano mille o seicento, che a governare sia il Centro-destra o il Centro-sinistra, il rituale è da anni lo stesso: si tirerà la coperta (corta) di qua e di là, si cercheranno improbabili tesoretti, inseguendo i titoli sui social, le battute di spirito mediaticamente più rilevanti, gli slogan ritenuti più efficaci per la platea di cittadini mediata dai media tradizionali o “nuovi”. Tutto si concluderà verso la mezzanotte del 31 dicembre, nell’assoluta confusione di articoli, emendamenti, commi e decreti attuativi annunciati per i mesi successivi.

Ai partiti il merito di aver ridotto la compilazione delle necessità dell’anno successivo a un gioco di ruolo, ai media (a molti, non a tutti) il merito di averli assecondati, disponendosi – a seconda dello schieramento degli editori, più che dei lettori – a pubblicare tutto e il contrario di tutto, senza riflessioni, analisi e commenti, che non siano funzionali al posizionamento politico.

Nella sostanza il Paese reale sembra volatilizzarsi; e la sorpresa per la scarsa affluenza alle urne suona di falsità: perché si dovrebbe andare a votare, quando i temi della realtà quotidiana della vita dei cittadini sembrano sfuggiti all’attenzione della politica?

Ai tempi della Prima Repubblica ogni sabato mattina i parlamentari aprivano il loro ufficio territoriale, nella città o nel borgo della loro circoscrizione elettorale, per ascoltare i problemi e le richieste dei cittadini loro elettori. Questo avviene ancora nelle democrazie (dalla Gran Bretagna alla Francia) che hanno avuto il coraggio di non tagliare il cordone ombelicale che lega la politica al territorio. Nel passato c’erano anche in Italia i parlamentari eletti dal popolo (vivaddio!) e c’erano le circoscrizioni elettorali in cui il confronto tra eletto ed elettore non si consumava solo nel giorno delle urne aperte (direi ancora: vivaddio!).

Gli “onorevoli” e i “senatori” parlavano con i sindaci, passavano il loro tempo libero tra sagre e convegni territoriali, incontravano i cittadini – dall’artigiano all’insegnante, dall’imprenditore alla casalinga – oggi tutto è azzerato.

L’Italia, per molti parlamentari, è un “buco nero” riempito di ideologie e di slogan. Poi ci siamo stupiti, qualche anno fa, che Giggino di Maio non sapesse la geografia del Paese, collocando Matera in Puglia. Sarebbe utile fare un test generalizzato, di geografia e magari anche di economia domestica, come quello che proponeva Nino Nutrizio – il mitico fondatore del quotidiano del pomeriggio, “La Notte” – durante le tribune elettorali, per vedere chi, tra i parlamentari eletti (e magari tra qualche giornalista) conosce il prezzo di un chilo di riso, o di un litro di latte. O la quota di Pil spesa dalla Pubblica Amministrazione.

L’incombenza delle elezioni regionali (quelle che restano) occuperanno molto spazio sui media e molta attenzione ai nostri politici; la Legge di Bilancio finirà per essere ancora più marginale, e sentiremo ripetere programmi trasformati in slogan demagogici, fino alla fine dell’anno. “Uffa, che barba, che noia!”.

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