Mps-Bpm, la fusione piace al governo ma Lovaglio frena: focus su Mediobanca. Ecco perché il Tesoro si tiene stretta la sua quota nel Monte. Rumor

Il Tesoro ripesca l’ipotesi Mps-Banco Bpm e si tiene stretta la sua quota per una nuova operazione M&A. Crédit Agricole rilancia su Piazza Meda, e Lovaglio resta concentrato su Piazzetta Cuccia

di Rosa Nasti

Luigi Lovaglio Ad di MPS

Economia

Fusione Mps-Bpm? Il governo ci crede, ma Siena resta concentrata su Mediobanca

L’ipotesi di fusione tra Mps e Banco Bpm rimbalza di nuovo, rilanciata da indiscrezioni di Reuters secondo cui il Tesoro starebbe valutando di mantenere la sua quota residua del 4,9% in Monte dei Paschi, puntando a una futura operazione di M&A, per poi ridurla ulteriormente.

Insomma il vecchio pallino del Tesoro (integrare Mps con Banco Bpm) che torna a galla dopo il fallimento dell’offerta di UniCredit su Piazza Meda, peccato che Luigi Lovaglio, ad di Mps, abbia già messo le cose in chiaro lo scorso 9 ottobre quando ha spiegato che: "Banco Bpm è un’ottima banca, ma che oggi siamo completamente concentrati su Mediobanca".

Fonti vicine ad Affaritaliani lo confermano: da Siena nessun dossier aperto su Banco Bpm e neppure alcuna trattativa in corso. D'altronde anche durante la conference call sui risultati trimestrali, Lovaglio aveva escluso altre operazioni, compresa quella su Anima, azionista e partner industriale di Siena: "È strategico rafforzare la collaborazione con la sgr", aveva spiegato, "ma al momento siamo totalmente concentrati sull’aggregazione industriale con Mediobanca". Quindi, Anima esclusa, così come Banco Bpm, che passa indirettamente da lì. L’unico piano concreto, dicono le fonti, è di business e non di acquisizioni.

Certo, Lovaglio non ha neanche mai escluso che ci sarà una seconda fase di consolidamento del settore bancario, e che di certo al momento Mps ha la solidità per giocare un ruolo attivo. Questo non significa che stia trattando con Piazza Meda, ma che il Monte è pronto a essere un player nella fase successiva, ma non ora, e nè in ottica Banco Bpm o di altri soggetti.

E allora perché si torna a parlare di Mps-Bpm? Perché il Tesoro, che oggi ha ancora il 4,9% del Monte, sta forse giocando una partita molto più lunga. La quota residua, dopo essere sceso dal 68% post-salvataggio, gli garantisce dividendi ghiotti, e quindi tenerla in pancia conviene soprattutto se le assicura un posto al tavolo nel prossimo risiko bancario.

È in quest’ottica che Banco Bpm continua a restare nel mirino: non come operazione imminente, prossima, ma come opzione da non bruciare, soprattutto dopo il fallimento dell’Opa di UniCredit. Inoltre, aggiungono le fonti che, rispettati gli impegni con Bruxelles, il Tesoro ormai ha margini di manovra più ampi e può muoversi con maggiore libertà e flessibilità. Alla fine, quindi, si tiene stretto il suo 4,9% come fosse una fiches da giocare al momento giusto.

Nel frattempo, a complicare il quadro è arrivato pure Crédit Agricole. L’ad Olivier Gavalda, presentando il Piano 2028, ha detto di essere "molto attento" a ciò che Banco Bpm potrebbe offrire in un’eventuale fusione, aggiungendo che "se dovesse arrivare una proposta, la esamineremmo con la massima attenzione", d'altronde il gruppo francese detiene ormai il 30% di Bpm e ora punta a far arrivare l’Italia al 20% degli utili del gruppo, quindi occhi puntati anche su quest'altra pedina della partita.

Per ora  però è tutto fermo nelle chiacchiere. Mps ha un ad concentrato su Mediobanca, il Tesoro conserva la sua quota come opzione strategica, Banco Bpm torna puntualmente sotto i riflettori e Crédit Agricole manda segnali sempre più chiari a Piazza Meda. Le banche non dormono mai, i dossier nemmeno. Ma nel risiko bancario italiano c’è una regola fissa: oggi c'è calma piatta, domani può esplodere tutto.

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