Mps ko. UniCredit in calo. In borsa scommesse sul risiko per il 3° polo

La reazione degli investitori sulla privatizzazione del Monte dopo lo stop. Ko anche Carige. Morgan Stanley rilancia l'opzione BancoBpm per UniCredit

Piero Montani, Andrea Orcel e Giuseppe Castagna
Economia
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Il titolo Mps si colora di rosso a Piazza Affari. Dopo la rottura delle trattative fra UniCredit e il Tesoro per la privatizzazione del gruppo senese entro fine 2021, Rocca Salimbeni, per cui ora si ipotizza un futuro stand-alone, nonostante il leggero recupero durante la giornata, dove perdeva il 3%, chiude la seduta al -2,3%. In rosso anche la banca guidata da Andrea Orcel, Unicredit, che dopo il piccolo giro di boa di metà seduta dove saliva dello 0,28%, sul finale porta a casa un -1,7%


 

Per Piazza Gae Aulenti, gli occhi degli investitori sono puntati sui conti del terzo trimestre e soprattutto sulle prossime mosse del manager romano, chiamato alla presentazione di un nuovo piano industriale nei prossimi mesi.

Lo stop alle trattative scuote gran parte dei titoli del settore bancario, in particolare quelli più fragili come Carige, altra banca in cerca di un "cavaliere bianco". L'istituto ligure cede il 3%, pagando a questo punto il pessimismo degli operatori per una soluzione in tempi rapidi. 

Sull'obbligazionario, nonostante il Mef voglia arrivare a un aumento di capitale senza burden sharing, i subordinati di Mps vanno sotto pressione, scontando un alto profilo di rischio futuro per Siena quantificato in un gap di circa 6,7 miliardi di euro. Il rendimento del titolo subordinato con scadenza gennaio 2028 sale di 8 punti percentuali a 45%, massimo dal marzo 2020. I rendimenti dei titoli gennaio 2030 e settembre 2030 salgono di circa due punti percentuali ciascuno, rispettivamente a 20% e 17%. E i credit default swap sui bond sono schizzati al rialzo, segno che gli investitori temono un coinvolgimento per i detentori. 


 

Sul dossier Mps, il Ministero del Tesoro, secondo quanto scrive la Stampa, si respira "ottimismo" sulle prospettive per il gruppo toscano controllato al 64,2%: la proroga della Commissione europea per cedere la maggioranza pubblica del Monte oltre il termine concordato verrà concessa.

Sei mesi, forse qualcosa in più rispetto alla scadenza attuale dell'approvazione del bilancio 2021, in primavera, per arrivare almeno alla fine del 2022. La proroga servirà per lanciare un aumento di capitale che potrà essere "privato o pubblico", spiega una fonte al giornale.


 

Detta più esplicitamente: o si fa avanti un altro soggetto disponibile a sottoscrivere un aumento di capitale, oppure sarà ancora una volta lo Stato a dover intervenire. Il primo caso al momento appare remoto, ed è improbabile che qualche mese in più possa risolvere un problema che si trascina da ormai otto lunghi anni. Ieri, Banco Bpm - il cui nome era circolato per partecipare a uno spezzatino con UniCredit - ha smentito il suo interesse e al momento non c'è nessuno disponibile a sedersi al tavolo della trattativa: quella di Mps è una vicenda troppo complessa perchè qualcuno accetti di farsene carico a costi inferiori ai sette miliardi ipotizzati da UniCredit. E anche per Lando Sileoni, il segretario generale della Fabi (il maggiore sindacato nel settore del credito), "al momento per Mps non ci sono altri acquirenti".


 

Non resterà dunque che la seconda soluzione, ovvero l'ennesima l'iniezione di denaro pubblico. Dovrà passare ancora una volta dal giudizio di Bruxelles e probabilmente dovrà comprendere una nuova ricapitalizzazione "precauzionale" (questa la dicitura tecnica) con i soldi del contribuente e il sacrificio del valore delle quote di azionisti e obbligazionisti subordinati. Sarà la seconda volta in quattro anni. Tutto ciò avverrà nell'ipotesi che la proroga arrivi senza obiezioni. In ogni caso non potrà essere senza condizioni, tenuto conto del fatto che l'Italia è già inadempiente rispetto agli impegni presi con Bruxelles al momento dell'ultimo intervento pubblico del 2017.

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Non solo: il piano "stand alone" presentato in gennaio dall'amministratore delegato del Monte Guido Bastianini, per cui ora qualcuno ipotizza l'uscita per dare discontinuità nella gestione a fronte della proroga concessa da Bruxelles al Tesoro, non ha mai ricevuto l'avallo della vigilanza europea guidata dall'italiano Andrea Enria. E' ancora difficile pronosticare quale strada verrà percorsa nel nuovo negoziato con l'Ue e Francoforte. Anche perchè - cosi' raccontano nel Palazzo - a pesare sulla trattativa fallita con UniCredit ha prevalso il timore che l'operazione potesse far scattare l'accusa di aiuti di Stato.


 

A Palazzo Chigi e al Tesoro non avevano alcuna intenzione di replicare il controverso salvataggio di Popolare di Vicenza e Veneto Banca da parte di Intesa Sanpaolo, costato alle casse dello Stato una cifra superiore ai dieci miliardi di euro. Di certo nel caso della trattativa è risultata incolmabile la distanza tra le parti sui termini dell'accordo: secondo quanto ricostruito, il numero uno del colosso milanese Andrea Orcel ha chiesto un aumento di capitale da ben 6,3 miliardi, giustificato dagli ulteriori accantonamenti necessari sui crediti a rischio. Una richiesta formulata a fronte di una valutazione divergente sulla banca senese.

Orcel sosteneva che la rete degli sportelli di Mps - capaci di generare reddito per seicento milioni netti annui - valesse al massimo 1,3 miliardi di euro. I tecnici del Tesoro avevano fatto stimare dai propri consulenti una cifra oscillante fra i 3,5 e i 4,8 miliardi. Nè c'era un accordo fra le parti sul costo degli esuberi e il personale da ricollocare.  Per gli analisti di Morgan Stanley Il fallimento dell'operazione con UniCredit spingerà l'istituto senese a adottare “misure per affrontare i suoi problemi e cioè i rischi legali, il capitale e gli alti costi" andando "avanti con l'aumento di capitale da 2-2,5 miliardi di euro".


 

Il mancato accordo viene giudicato negativo anche per UniCredit "in quanto il mercato dovrà scorporare dalle attuali valutazioni alcune delle sinergie da fusione già anticipate ma allo stesso tempo se l'operazione non va avanti con Mps, la prospettiva di una combinazione con Banco Bpm riemerge, offrendo simili, se non piu' grandi benefici". Morgan Stanley ricorda che Unicredit-Banco potrebbero trasformare 3,9 miliardi di Dta in crediti fiscali, grazie alla proroga a giugno 2022 degli incentivi sulle fusioni.

Nel complesso gli analisti prevedono che l'esito delle trattative abbia un effetto "negativo" in borsa per Mps, "leggermente negativo" per Unicredit e "positivo" per Banco Bpm. A fine giornata il titolo guidato da Giuseppe Castagna sale dello 0,34%, mentre Bper perde lo 0,29%. I due gruppi secondo gli investitori potrebbero più facilmente diventare le protagoniste di altre operazioni di M&A. In particolare, il titolo del terzo gruppo bancario italiano, che ha da tempo espresso interesse a valutare eventuali aggregazioni, è salito di oltre il 30% negli ultimi sei mesi e di oltre l'80% nell'ultimo anno.