80 anni di Federmanager: storia di una leadership che fa crescere l’industria italiana
Quercioli (Federmanager): “Crediamo in un’Italia che guida, non che insegue. Un’Italia protagonista, non spettatrice”
Federmanager, dal dopoguerra al futuro: 80 anni di leadership per l’industria italiana
Nel 1945, sulle macerie della guerra, un gruppo di dirigenti industriali decise di rimettere in moto il Paese. Non avevano soltanto in mente la tutela della propria categoria, ma un obiettivo più alto: contribuire alla ricostruzione economica e morale dell’Italia. Così nacque l’Associazione Nazionale Dirigenti di Aziende Industriali, che un anno dopo divenne una Federazione e, nel 2000, avrebbe assunto il nome con cui la conosciamo oggi: Federmanager.
Ottant’anni dopo, quell’intuizione si conferma ancora attuale. Nel corso dell’Assemblea celebrativa del 29 ottobre 2025, il presidente Valter Quercioli ha ricordato come l’associazione sia “la casa comune di chi guida persone e processi produttivi, di chi prende decisioni con etica, osservanza delle leggi e responsabilità sociale”. È una definizione che riassume l’essenza di una storia intrecciata con quella del Paese: dall’Italia della ricostruzione, al boom economico, fino alle sfide della globalizzazione e dell’innovazione digitale.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, mentre la manifattura diventava motore del miracolo economico, i dirigenti industriali rappresentati dalla Federazione furono protagonisti silenziosi di un processo di crescita che non era solo produttivo, ma anche civile. Nel tempo, l’associazione si è evoluta insieme al concetto stesso di management: da categoria professionale a rete di leadership diffusa, capace di unire competenze tecniche, visione strategica e sensibilità sociale. Oggi, Federmanager rappresenta una comunità viva di manager che ogni giorno si pongono l’obiettivo di coniugare produttività, sostenibilità e competitività.
“Dobbiamo saper trasformare la complessità in valore per le persone e per il Paese”, ha sottolineato Quercioli dal palco dell’Auditorium Conciliazione di Roma, ricordando che appena il 5 per cento delle imprese italiane è realmente managerializzato: eppure, è proprio quel 5 per cento a trainare il made in Italy nel mondo. Il futuro, secondo la visione della Federazione, passa dall’investimento nel capitale umano e nella formazione: i manager sono chiamati a guidare la transizione digitale, energetica e verde, a costruire imprese più innovative ma anche più inclusive. È una leadership che non rinnega le proprie radici: durante la Guerra e nel periodo successivo, molti dirigenti furono in prima linea per difendere gli impianti industriali italiani dalle razzie; oggi quella stessa responsabilità si traduce nell’impegno a difendere l’etica del lavoro, la parità di genere, la valorizzazione del merito e il dialogo tra generazioni e a far tornare l’industria al centro dell’agenda politica.
Federmanager guarda avanti con la consapevolezza che il futuro dell’industria non è scritto, ma va costruito. E lo fa proponendo una politica industriale di lungo respiro, capace di “managerializzare” altre ventimila piccole e medie imprese nei prossimi dieci anni, perché - come afferma il presidente - “l’Italia non deve inseguire il proprio futuro industriale: deve costruirlo, attivamente”. Dietro le cifre e le strategie, però, resta la dimensione umana che fin dall’origine ha dato senso alla Federazione: quella di una comunità di persone che condividono competenze, esperienze e valori.
Etica, sostenibilità e innovazione non sono slogan, ma la continuità naturale di una storia cominciata ottant’anni fa e ancora in cammino. Ottant’anni dopo quella prima firma, Federmanager celebra il passato per continuare a produrre il futuro. Perché, come ha concluso Quercioli, “noi crediamo in un’Italia che guida, non che insegue. Un’Italia protagonista, non spettatrice”.