Centro Studi ProduttivItalia protagonista a La Piazza 2025: per lo sviluppo delle PMI serve “prendere il toro per le corna”

Travaglini (Centro Studi ProduttivItalia): “Prima di discutere di capitale, incentivi o modernizzazione, è necessario un cambiamento culturale: un nuovo modo di fare impresa che oggi appartiene a pochi”

di Federica Toscano
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Centro Studi ProduttivItalia a La Piazza 2025 sulle PMI: digitalizzazione e incentivi non bastano senza un nuovo modo di fare impresa

Giovedì 28 agosto si è svolta la prima serata dell’ottava edizione de “La Piazza, il bene comune”, la kermesse politico-economica organizzata da Affaritaliani e dall’Associazione La Piazza nella suggestiva cornice di Piazza Plebiscito a Ceglie Messapica.

Dopo i saluti istituzionali e il sondaggio curato da Roberto Baldassari, la serata ha ospitato in collegamento, gli interventi del Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e del Ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci.

Tra i temi rilevanti trattati nel corso della serata, quello del panel relativo allo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, cuore dell’economia italiana. Moderato dal Direttore di Affaritaliani Marco Scotti, il dibattito ha visto confrontarsi esponenti del mondo politico e imprenditoriale quali Erica Mazzetti, Deputata per Forza Italia e Responsabile Dipartimento Lavori Pubblici per Fratelli d’Italia; Antonio Misiani, Responsabile Economia e Finanze, imprese e infrastrutture del Partito Democratico; Marco Travaglini, Presidente del Centro Studi ProduttIvitalia e imprenditore; Angelo Contessa, Presidente di ANCE Brindisi; Luca Baravalle, Presidente BRVL Holding e Fondazione Baravalle e Luigi Schiavo, Presidente ANCE con delega alle opere pubbliche.

Sul palco si sono alternati contributi che hanno sottolineato le difficoltà legate all’accesso al mercato e alla burocrazia, i rischi di marginalizzazione delle PMI di fronte a maxi-appalti e lavori in house, ma anche la necessità di creare regole chiare, fiducia tra istituzioni e imprese e nuovi strumenti di aggregazione. Un tema centrale è stato quello sulla digitalizzazione delle PMI e le difficoltà di applicare nel concreto l’acquisizione di tecnologie e competenze del settore per mantenere le imprese competitive. Un confronto ricco e concreto che ha acceso i riflettori sul destino del tessuto produttivo che rappresenta la vera spina dorsale del Paese.

L’intervento di Marco Travaglini, Presidente del Centro Studi ProduttivItalia e imprenditore

Marco Travaglini, Presidente del Centro Studi ProduttivItalia, nel suo intervento sul palco, ha spiegato di voler portare una visione diversa, spesso controcorrente, quasi da “pecora nera” nei tavoli di confronto. Ha ricordato come da decenni, si ripetano sempre le stesse parole: digitalizzazione, ricerca e sviluppo, fondi, detassazione, aiuti, sottolineando però che il vero punto è avere il coraggio di “prendere il toro per le corna”.

Quando si parla di piccola impresa, infatti, è necessario riconoscere che la maggior parte delle imprese italiane, soprattutto al Sud, si trova ai margini dei sistemi. Sono fuori dalle filiere, fuori dalle associazioni, fuori dagli ecosistemi imprenditoriali e cittadini. Da qui, ha osservato che occorre innanzitutto capire dove si trova davvero l’imprenditore, perché i problemi della digitalizzazione e dei fondi arrivano solo in un secondo momento.

Secondo gli studi condotti dal Centro Studi ProduttivItalia, nove imprese su dieci vivono una dipendenza storica da tre fattori: la politica, le banche e l’industria. “Prima ancora di parlare di aumento di capitale, incentivi o modernizzazione, serve dunque un cambiamento culturale, un nuovo approccio al fare impresa che oggi conoscono in pochi”, ha affermato Travaglini. Non basta avere detassazione o ricevere incentivi: se l’imprenditore rimane distante dal modo in cui si fa impresa oggi, non si riuscirà mai a cogliere la vera sfida.

Un esempio emblematico è quello delle imprese di costruzione: senza aiuti statali”, ha osservato Travaglini, “non sarebbero in grado di sostenersi, perché concentrate esclusivamente sul prodotto e non sul valore aggiunto”. Oggi, invece, il valore aggiunto nasce da tre direttrici fondamentali: finanza, comunicazione e tecnologia. Fare impresa oggi è possibile solo per chi riesce a integrare questi tre elementi. È quindi indispensabile trasferire questa consapevolezza ai piccoli imprenditori, prima ancora degli strumenti tecnici come digitalizzazione o incentivi. Diversamente, i piccoli resteranno sempre dipendenti dalle grandi industrie che affidano commesse, dalla politica che orienta appalti e incentivi, o dalle banche che decidono chi finanziare.

Il problema centrale è legato all’’economia delle relazioni’: le banche finanziano chi conoscono, e questo crea un meccanismo di esclusione che colpisce chi non è inserito nei circuiti giusti”, ha dichiarato Travaglini. Anche chi viene finanziato potrebbe, in realtà, non essere considerato “bancabile”. Da qui la necessità di spezzare questo sistema di dipendenze, attraverso politiche e incentivi che aiutino le imprese a liberarsi dalla sudditanza verso la politica, la grande industria, ormai ridimensionata nel Paese, e il credito bancario. Tutto il resto, come digitalizzazione, detassazione e aiuti, rischia di restare un palliativo che da trent’anni si ripete senza affrontare mai il problema alla radice.

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