Cisla, l'intervista all'AD Giancarlo Buffo: il manifatturiero tra incertezza globale e normative europee e nuove sfide competitive

Buffo (Cisla): “In un contesto globale sempre più instabile e conflittuale, l’Europa tende a penalizzarsi adottando normative molto restrittive in diversi settori produttivi”

di Federica Toscano
Corporate - Il giornale delle imprese

Cisla, l'intervista all'Amministratore Delegato Giancarlo Buffo: il comparto manifatturiero tra incertezza globale, normative europee e nuove sfide competitive

In un contesto economico e industriale segnato da forti incertezze e da trasformazioni profonde, le imprese manifatturiere sono chiamate a confrontarsi con nuove sfide competitive, normative ed energetiche, senza rinunciare alla propria identità produttiva. Giancarlo Buffo, Amministratore Delegato di Cisla, offre in questa intervista uno sguardo diretto e articolato sullo stato dell’industria italiana ed europea, sul ruolo delle piccole e medie imprese inserite in filiere globali e sulle prospettive di sviluppo in un mercato sempre più complesso. Dalla competitività del sistema produttivo alle politiche europee, dal “localismo strategico” al Green Deal, Buffo propone una riflessione che parte dall’esperienza concreta di chi opera ogni giorno sul campo.

L’intervista di Affaritaliani a Giancarlo Buffo, Amministratore Delegato di Cisla

Cisla è un’azienda manifatturiera fortemente radicata nel territorio ma inserita in filiere internazionali. Da questo punto di vista, come vede oggi il contesto economico e industriale in cui opera?

Dal punto di vista del settore in cui operiamo emergono luci e ombre. Siamo infatti inseriti in un’area che ha una forte specializzazione nello stampaggio a caldo e nelle lavorazioni meccaniche: si tratta del primo polo italiano del comparto, che realizza circa il 60% della produzione nazionale, pari al 10% di quella europea e al 3% di quella mondiale. Da questo punto di vista, strettamente legato al nostro ambito produttivo e manifatturiero, le condizioni attuali possono dirsi sostenibili. Tuttavia, il clima di incertezza che si è generato a livello internazionale non favorisce lo sviluppo futuro, poiché le imprese attendono scenari di mercato più stabili per poter programmare con maggiore serenità gli investimenti”.

Dal punto di vista dell’industria, quali decisioni europee degli ultimi anni hanno avuto l’impatto più concreto sulla vita delle imprese?

Occorre innanzitutto distinguere tra ciò che avviene nel mercato italiano, che presenta caratteristiche specifiche legate alla struttura produttiva del nostro Paese, e quanto accade nel resto d’Europa, per poi confrontare il tutto con le dinamiche degli altri continenti. In generale, in Europa sono state introdotte regole molto stringenti che, in termini di competitività internazionale, risultano più rigorose rispetto a quelle vigenti, ad esempio, nel continente americano e ancor più in quello asiatico”.

In un sistema che ha perso condizioni di equilibrio, segnato da una crisi internazionale e da uno scontro sempre più accentuato tra i diversi continenti, l’Europa finisce per penalizzarsi da sola adottando normative particolarmente restrittive in molti settori produttivi. Alcune di queste regole rappresentano certamente un progresso in termini di welfare e di condizioni di lavoro, ma non sono comparabili con quanto avviene nel resto del mondo. Se la competitività è globale, è quindi necessario che le regole con cui ci confrontiamo siano almeno simili e non così difformi, perché altrimenti si crea un problema di competitività per l’intero sistema europeo”.

"Il contesto italiano è diverso, perché il nostro Paese si fonda su una rete di piccole e medie imprese che contribuiscono a circa il 60% del prodotto interno lordo nazionale e rappresentano un punto di forza", sottolinea Giancarlo Buffo. Secondo l'AD, è necessario rendere questo valore più sistemico e valorizzarlo in modo adeguato, superando una lettura spesso critica del sistema produttivo italiano, accusato di essere troppo frammentato. Al contrario, la dimensione medio-piccola delle imprese favorisce una maggiore specializzazione, lo sviluppo di nicchie di mercato e la capacità di costruire brand riconoscibili e attrattivi a livello internazionale.

"Per trasformare questo potenziale in un vantaggio concreto, occorre però superare il limite che oggi vede le PMI faticare ad accedere al sistema finanziario", osserva Buffo. In quest’ottica, evidenzia la necessità di una modifica normativa che consenta la creazione di vere e proprie “valley” nei diversi settori produttivi, sul modello della Silicon Valley ma adattate alle specificità italiane, dall’agroalimentare al manifatturiero. Un approccio che, spiega, permetterebbe di mantenere la governance nelle mani delle piccole e medie imprese e, allo stesso tempo, di favorire l’accesso al mercato dei capitali anche attraverso strumenti come i fondi, offrendo maggiori garanzie agli operatori internazionali e generando un valore aggiunto coerente con la struttura economica e produttiva del Paese.

Nel suo libro propone il concetto di “localismo strategico”: perché può essere una risposta concreta alle difficoltà dell’Europa?

Per il mercato italiano questo approccio è particolarmente rilevante, mentre sul piano internazionale il localismo strategico deve saper dialogare con il contesto globale. Tutti i prodotti, in qualunque settore produttivo, nascono infatti sempre in un contesto locale, indipendentemente dal luogo in cui verranno poi utilizzati o consumati. La capacità di proporre un modello innovativo e nuovo, anche in un’Europa che oggi fatica a riconoscersi in una propria identità, rappresenta una risposta concreta al vuoto di visione attuale”.

Il rischio, infatti, è che cittadini e imprese europee non si sentano realmente parte di un progetto comune. Le aspettative dei cittadini e delle imprese a livello europeo non sembrano trovare risposte adeguate e, se non fosse per la moneta unica che costituisce un elemento di coesione, emergerebbero con ancora maggiore evidenza le difficoltà del sistema. L’Europa appare talvolta orientata a introdurre regole che vanno in direzione opposta rispetto alla costruzione di un meccanismo capace di rispondere alle aspettative dei cittadini. Ciò significa che gli indicatori e le norme molto stringenti adottati finora non risultano efficaci rispetto a tali obiettivi. È quindi necessario rivedere questi indicatori e promuovere un modello organizzativo di sviluppo diverso, in grado di competere con il resto del mondo”.

Se dovesse indicare una priorità che l’Europa dovrebbe affrontare per sostenere il suo tessuto industriale, quale sarebbe?

La priorità dovrebbe essere la deregulation, intesa come una riduzione degli interventi normativi. L’Europa dovrebbe concentrarsi sui grandi temi del confronto internazionale e non intervenire in modo eccessivo sulle regole dei singoli settori produttivi. Normative molto specifiche, come quelle che disciplinano nel dettaglio denominazioni e certificazioni, finiscono per porre limiti alla creatività e alla capacità di sviluppo del sistema europeo”.

L’Europa, nel suo complesso, non dispone di grandi risorse in termini di materie prime, ma possiede una straordinaria capacità di generare valore aggiunto attraverso le tecnologie sviluppate nel continente, che rappresentano un punto di forza riconosciuto a livello internazionale. Per essere competitivi sui tavoli globali è necessario puntare proprio su queste specificità, senza inseguire le richieste o i modelli imposti dagli altri continenti”.

Buffo afferma inoltre che se molti dei prodotti e delle tecnologie europee oggi presenti sui mercati internazionali venissero a mancare, le catene del valore degli altri continenti subirebbero uno shock e un arresto significativi. “Questo dimostra quanto il manifatturiero europeo, che è una caratteristica distintiva del continente, rappresenti un asset strategico. La sua perdita comprometterebbe non solo la competitività economica, ma anche le condizioni sociali ed economiche di cittadini e imprese europee. È fondamentale, quindi, averne piena consapevolezza e valorizzarlo come punto di forza”, spiega Buffo.

Sul Green Deal l’Unione Europea sta rivedendo alcuni obiettivi e tempistiche. Per chi produce, questo cambio di passo è un segnale di realismo o una correzione arrivata troppo tardi?

Le criticità sono state segnalate sia dagli operatori economici, in particolare nel settore dell’automotive, sia dal governo italiano. È quindi doveroso riconoscere al governo il merito di essersi esposto a livello europeo per modificare norme che prevedevano una scadenza al 2035 nell’ambito del Green Deal e che risultavano irrealistiche. Grazie anche alla sollecitazione italiana in sede comunitaria, è stato messo in evidenza come tali obiettivi fossero difficilmente realizzabili sotto il profilo tecnico e tecnologico, non solo per l’assenza di una rete adeguata di ricarica elettrica, ma anche per la mancanza di una disponibilità energetica sufficiente a sostenere una trasformazione di questa portata”.

Le indicazioni che stanno emergendo a livello europeo, con un cambio di passo e il riconoscimento della necessità di mantenere i diversi sistemi produttivi esistenti, rappresentano una correzione necessaria. Questo nuovo orientamento offre maggiori certezze ai comparti produttivi, in particolare a quello dell’automotive, che necessita di regole più realistiche e sostenibili nel tempo”.

Quali sono oggi le principali direttrici di sviluppo di Cisla e quanto incidono, nelle vostre scelte, fattori come costi energetici, regole europee e incertezza normativa?

Il tema centrale è quello dell’energia di sistema. Investire in una politica industriale energetica è una condizione indispensabile per mantenere la competitività del settore manifatturiero. A questo si aggiunge il fatto che le regole imposte a livello europeo nei diversi comparti produttivi non sono comparabili con quelle vigenti nel resto del mondo. Occorre quindi scegliere se far valere queste regole, sottolineando che il nostro sistema produttivo è più avanzato e che in Europa il livello e la qualità della vita sono superiori rispetto ad altri Paesi, consapevoli però che ciò incide anche sulla valorizzazione dei prodotti. Si tratta di temi complessi e di alto profilo, sui quali è necessario un confronto aperto”.

In generale, una maggiore liberalizzazione all’interno del sistema economico europeo potrebbe aprire nuovi spazi di competitività e rafforzare il ruolo strategico dell’Europa. Spesso dico che l’Europa sia ferma alla logica delle ‘tre C’: Covid, conflitti e clima. È necessario superare questa impostazione, perché il resto del mondo l’ha già fatto e si muove secondo un ordine globale diverso rispetto alle regole attualmente imposte in Europa. Uscire dalla logica delle tre C permetterebbe di recuperare un ruolo più rilevante sui tavoli internazionali”.

"Per quanto riguarda Cisla, in quanto piccola e media impresa, è evidente che lavorare in un clima di certezza favorisca una migliore programmazione degli investimenti", afferma l’AD Giancarlo Buffo. L’imprenditore spiega che, se a livello internazionale dovessero intervenire cambiamenti capaci di ristabilire un equilibrio oggi compromesso da conflitti e tensioni, diventerebbe più semplice individuare con chiarezza le direttrici di sviluppo su cui orientare le scelte future.

L'AD sottolinea inoltre come, nonostante le difficoltà del contesto globale, il sistema produttivo disponga comunque di punti di forza significativi. "Sono elementi che consentono al nostro Paese di essere oggi più avanti rispetto ad altre nazioni e di rispondere in modo positivo alle richieste provenienti dai mercati internazionali", afferma in conclusione Giancarlo Buffo.

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