Mediocredito Centrale al 129° Consiglio Nazionale FABI: un dialogo con l’AD Francesco Minotti e il Direttore di Affaritaliani Marco Scotti

Minotti (Mediocredito Centrale): "Le fusioni possono portare a defocalizzazioni, ma noi vediamo in queste situazioni un'opportunità per inserirci presso nuovi clienti"

di Federica Toscano
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Mediocredito Centrale al 129° Consiglio nazionale FABI: confronto tra l’AD Francesco Minotti e il Direttore di Affaritaliani Marco Scotti su investimenti e futuro del Paese

Un intenso momento di confronto tra i vertici del sistema bancario, i rappresentanti sindacali e la stampa specializzata ha animato la seconda giornata di “Bank to the Future”, l’evento organizzato da FABI nell’ambito del 129° Consiglio nazionale e della 12ª Conferenza d’organizzazione del sindacato dei bancari. Il 27 maggio, il Palazzo del Ghiaccio di Milano ha ospitato una serie di dibattiti che hanno acceso i riflettori su trasformazioni del settore, fusioni, occupazione e il ruolo strategico delle banche nei territori.

Ad aprire la giornata è stato Andrea Orcel, CEO di Unicredit, protagonista del panel “Governare la trasformazione: il ruolo dei grandi gruppi bancari”, moderato da Giuseppe De Filippi del TG5. L’intervento ha toccato temi chiave come la digitalizzazione dei servizi finanziari e l’impatto dell’Intelligenza Artificiale, dando vita a un confronto acceso sul futuro del lavoro e sul rinnovamento del rapporto banca-cliente.

Nel corso della giornata si è tenuto il panel “Investire nel Paese, visione e prospettive future”, in cui si sono alternati Marco Scotti, Direttore di Affaritaliani, Francesco Minotti Amministratore Delegato di Mediocredito Centrale e Leopoldo Gasbarro di Wall Street Italia, con la moderazione di Federico De Rosa del Corriere della Sera. Il dibattito ha evidenziato l’importanza di una strategia d’investimento sostenibile per lo sviluppo dell’Italia, richiamando il ruolo cruciale di banche pubbliche e specializzate nel promuovere infrastrutture e supportare il tessuto imprenditoriale nazionale.

Noi siamo e vogliamo essere la banca del Mezzogiorno”, ha dichiarato Francesco Minotti, Amministratore Delegato di Mediocredito Centrale. Ha ricordato che la missione dell’istituto, definita dal decreto istitutivo del 2009, è rimasta invariata: oggi oltre due terzi delle attività del gruppo sono rivolte al Sud, superando di gran lunga il requisito minimo del 50% più uno. “Abbiamo una forte presenza in Puglia, Abruzzo e Basilicata, ma guardiamo con attenzione anche a territori come la Sicilia dove possiamo crescere ancora”, ha aggiunto.

Minotti ha spiegato che l’operazione che ha dato vita al gruppo è stata del tutto singolare: una fusione tra una banca specializzata nel medio credito e una banca universale come BDM. A differenza delle tradizionali aggregazioni bancarie, ha sottolineato, questa è stata una trasformazione complessa che ha richiesto tempo, visione e un forte impegno di ristrutturazione. Nonostante la difficoltà iniziale, i risultati parlano chiaro: il gruppo ha ripreso a generare utili trimestre dopo trimestre, erogando finora oltre 8 miliardi di euro, mantenendo una crescita stabile anche in controtendenza rispetto al sistema.

Siamo un popolo di risparmiatori, ma non ancora educati all’investimento previdenziale”, ha affermato Minotti, commentando il gap culturale tra l’Italia e altri Paesi. Ha citato il modello statunitense dei 401(k), dove ogni lavoratore costruisce il proprio fondo pensione, a fronte di una previdenza pubblica ridotta. “In Italia, fuori dal settore bancario, l’adesione ai fondi pensione è ancora bassa, anche per difficoltà legate ai salari e alla capacità di risparmio”, ha osservato.

Nel corso del suo intervento, il manager ha inoltre evidenziato il ritardo del sistema italiano nell’approccio agli investimenti in equity. Mentre nei Paesi anglosassoni i portafogli previdenziali sono fortemente sbilanciati verso l’azionario, in Italia prevalgono ancora strumenti obbligazionari e titoli di Stato. Ha sottolineato che questa impostazione limita fortemente lo sviluppo del private equity, soprattutto nel Sud, dove la presenza di strumenti finanziari innovativi è ancora marginale. Mediocredito lavora in questa direzione, con operazioni come i basket bond e collaborazioni con CDP e finanziarie regionali per favorire l’accesso delle PMI ai capitali.

Educare il risparmiatore è parte del nostro mestiere”, ha concluso Minotti. Secondo lui, è fondamentale che le reti bancarie si evolvano verso una consulenza sempre più personalizzata, capace di spiegare in modo semplice le opportunità e i rischi delle varie soluzioni di investimento. “Oggi non c’è più un solo modo per investire, ce ne sono mille. E proprio per questo serve un accompagnamento consapevole. La consulenza è diventata educazione”. Anche senza una struttura interna di asset management, Mediocredito collabora con varie case prodotto per offrire soluzioni ampie e diversificate ai suoi clienti.

Marco Scotti, Direttore di Affaritaliani, ha posto due domande a Francesco Minotti. La prima riguarda gli effetti del risiko bancario in atto: ha chiesto se la riduzione del numero di istituti, anche nel caso in cui tutte le fusioni previste andassero in porto, possa comportare una diminuzione del credito erogato, in particolare alle PMI e soprattutto nelle regioni del Centro-Sud.

La seconda domanda ha riguardato il ruolo delle garanzie pubbliche. Scotti ha osservato come, dal 2011 a oggi, lo stock di credito in Italia sia sceso da 900 a 600 miliardi, con l’unica eccezione del biennio 2020-2021 grazie al Temporary Framework. Ha quindi chiesto se esista oggi lo spazio per introdurre in Italia un sistema permanente di garanzie statali sul credito, capace di sostenere strutturalmente l’economia, e non solo in situazioni di emergenza.

Minotti ha risposto affrontando innanzitutto il tema delle garanzie pubbliche sul credito, sottolineando che il sistema attuale, in particolare quello gestito dal Fondo centrale, continua a funzionare anche dopo il periodo emergenziale del Temporary Framework. Nonostante una progressiva riduzione delle coperture e dello stock complessivo, lo strumento rimane valido e operativo, con un impatto positivo sulla qualità del credito erogato, anche nei piccoli prestiti della fase COVID. Minotti ha chiarito che, sebbene le future decisioni dipendano dal legislatore, un sistema di garanzie stabile potrebbe continuare ad avere un ruolo strategico in un contesto economico ancora incerto.

Per quanto riguarda il tema delle fusioni, possiamo dire che raramente '1+1 fa 2', soprattutto nella fase iniziale. Io ho partecipato a diverse fusioni e posso dire che, all’inizio, si analizzano i portafogli e spesso si riarticola tutto. Questo comporta, inevitabilmente, una riduzione del credito erogato, almeno all’inizio. Esiste, quindi, una tendenza alla riduzione del credito nel breve periodo. Tuttavia, il nostro gruppo, nato dalla fusione tra Mediocredito e Banca Popolare di Bari (BdM), è in controtendenza: cresciamo costantemente, trimestre dopo trimestre, e continuiamo ad aumentare la nostra capacità di erogazione, anche rispetto alla media del mercato. Le fusioni possono portare a defocalizzazioni, ma noi vediamo in queste situazioni un'opportunità per inserirci presso nuovi clienti. Non dobbiamo dimenticare che, essendo a capitale pubblico, abbiamo anche una missione: intervenire dove gli altri magari sono più cauti, sostenendo l’economia reale”, ha affermato Minotti.

Minotti ha poi evidenziato come, negli ultimi anni, molte imprese italiane abbiano rafforzato la propria struttura patrimoniale, riducendo la leva finanziaria e ricorrendo meno al credito bancario. La diminuzione della domanda di credito non è quindi solo il risultato di un’offerta più bassa, ma anche dell'evoluzione positiva della solidità delle aziende. In questo scenario, Mediocredito continua a svolgere un ruolo attivo nell’accompagnare la crescita dell’economia, grazie anche alla sua capacità di mantenere il focus sul Mezzogiorno e su segmenti spesso trascurati dal mercato.

Infine, l’Amministratore Delegato ha toccato diversi temi interni al gruppo, come l’aumento del contributo datoriale alla previdenza integrativa, l’armonizzazione delle condizioni lavorative e l’utilizzo della modalità del distacco per gestire l’evoluzione della struttura. Ha escluso, al momento, nuove operazioni di aggregazione, come quella tra le banche popolari pugliesi, a causa delle profonde differenze nella struttura del capitale. Il gruppo, ha concluso Minotti, resta concentrato sul consolidamento di quanto ricostruito, proseguendo un percorso di rilancio che ha già mostrato segnali concreti di successo, ma che richiede ancora impegno e gradualità.

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