Intesa Sanpaolo, misurato l’impatto del Covid sulle imprese culturali a Milano

Lo studio condotto da Intesa Sanpaolo evidenzia una perdita per il settore culturale milanese di 33,8 milioni di euro nei primi sei mesi della pandemia

di Annamaria Duello
Corporate - Il giornale delle imprese
Condividi su:

Intesa Sanpaolo presenta lo studio relativo all’impatto della pandemia sulle imprese culturali milanesi

Le Gallerie d’Italia di Milano hanno ospitato oggi la presentazione di uno dei primi studi relativi all’impatto della pandemia sull’industria culturale italiana. La ricerca, condotta dalla Direzione Studi e Ricerche e il Desk Media e Cultura di Intesa Sanpaolo in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, ha preso come campione oltre trecento realtà imprenditoriali attive nell’area della capitale meneghina.

Per l’esattezza sono stati 367 i soggetti culturali mappati grazie ai dati forniti dall’Assessorato, gli stessi iscritti ai bandi del Piano Cultura per la copertura dei danni subiti tra il gennaio e il luglio del 2020. Dati che, riferendosi ai soli primi sei mesi della pandemia, chiaramente restituiscono una fotografia parziale dei danni causati dal Covid al settore cultura.

Le principali evidenze, presentate questa mattina da Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano e da Stefania Trenti, Responsabile Industry Research e Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, mostrano un quadro complesso e preoccupante. Per quanto riguarda le spese di mantenimento dei soggetti censiti a fronte di incassi nulli, infatti, la perdita ammonta a un totale di 33,8 milioni di euro.

Le misure contenitive del virus hanno colpito, indistintamente, tutti i settori culturali e le loro attività: il 99% dei soggetti censiti ha dovuto riprogrammare o cancellare definitivamente progetti e appuntamenti. Il 63,5% dichiara di avere interrotto ogni servizio accessorio. I soggetti presi in analisi sono di piccole o piccolissime dimensioni: due terzi dichiarano un fatturato inferiore a 200mila euro, mentre la metà dichiara meno di 50mila euro. Tuttavia, nonostante le dimensioni in termini di fatturato, il 61,3% gestisce uno o più spazi aperti al pubblico, di cui circa il 20% di proprietà del Comune.

I soggetti del campione sono stati classificati anche tenendo conto della loro attività nel sociale. Nello specifico si identificano realtà operanti in contesti atipici, di forte degrado o a tutela di persone con condizioni di fragilità: poco più di un terzo delle imprese indagate opera in contesti difficili e si distingue per le politiche di inclusione adottate.

Per quanto riguarda i danni per settore, in termini di specializzazione si osserva un impatto maggiore per il settore delle arti visive, dei musei e del design, dove la presenza di musei e case museo ha inciso pesantemente sulle spese di mantenimento. Soffrono inoltre, pesantemente, i soggetti legati alla musica, alla danza, al teatro e al cinema, non semplicemente per la cancellazione di eventi e spettacoli, ma anche per la sospensione delle attività formative interne alle loro strutture.

In questo quadro desolante emerge però una forte capacità di reazione. Come evidenziato anche da Gregorio De Felice e Stefania Trenti ai microfoni di affaritaliani.it, oltre la metà dei soggetti indagati si è attivata per beneficiare delle misure d’emergenza del Governo, e più dell’80% ha ampliato la propria offerta on-line, reinventando la comunicazione e le modalità di fruizione dei servizi offerti.