Omicron, Colle, energia: rendimenti Btp su. Ma lo spread sale in tutta Europa

Ad accorgersi di un incremento dello spread e dei tassi è l'Europa intera: la nuova variante sudafricana del Covid ha complicato i piani della ripresa economica

di Marco Scotti
Daniele Franco
Economia
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Spread, valori ai massimi in Italia: ipotesi Draghi al Quirinale e variante Omicron pesano sulla ripresa

L’ultimo campanello di allarme è suonato oggi: l’asta dei titoli di stato italiani, rispettivamente a tre e sette anni, ha registrato un notevole balzo nei rendimenti. Il Tesoro, infatti, ha messo in vendita un totale di sette miliardi di euro di titoli di debito, equamente divisi. Quelli a tre anni, con scadenza dicembre 2024, hanno registrato un incremento di ben 24 punti base (cioè lo 0,24%) con il rendimento che torna positivo e si attesta allo 0,14%.

Domanda scarsina, tra l’altro, visto che la richiesta è stata di 4,84 miliardi con un rapporto di copertura di 1,38. Nell’altra asta, scadenza febbraio 2029, il rialzo è stato addirittura di 29 punti base, con un rendimento in crescita allo 0,89% ma con una domanda più vigorosa (1,51 di copertura). La domanda, dunque, è piuttosto semplice: perché? Perché, nel momento in cui in Italia dovrebbero partire i progetti legati al Pnrr (attenzione che il tempo sta scadendo e la diatriba stucchevole sull’inquilino del Quirinale e di Palazzo Chigi rischia di essere un’enorme auto-martellata sulle ginocchia) salgono i tassi? Ed è un fenomeno solo italiano?

Le ragioni sono molteplici. Per quanto riguarda l’Italia, va segnalato che è già da un po’ di tempo che si registra una tendenza rialzista nel rendimento dei titoli di stato, con un incremento dello spread di quasi il 60% rispetto al momento in cui si è insediato il governo guidato da Mario Draghi. A febbraio del 2021, infatti, si è arrivati fino a 89 punti base, mentre oggi si “flirta” con la quota di 140. Negli ultimi sei mesi l’incremento è stato del 23,71%. Attenzione, quindi: non siamo ancora ai livelli da allarme rosso di marzo 2020 quando il differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi tornò in maniera preoccupante vicino ai 300 punti base. Però la tendenza va notata.

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Il primo motivo di questo aumento della temperatura è rappresentato dal fatto che l’Italia, nonostante la performance brillante del 2021 (+6,1% di Pil stimato) parte da una situazione complessa che riduce i margini di manovra. Il sistema Paese per ora ha tenuto bene, ma ci sono miliardi di garanzie statali in scadenza che mettono a repentaglio il futuro di molte aziende. L’incremento folle dei costi dell’energia (diversi commercianti hanno visto raddoppiare la bolletta, alcune fonderie di Murano hanno dovuto chiudere a causa dell’incremento esponenziale dei prezzi dell’elettricità) è un primo dato allarmante. Non basta: ora l’inflazione si farà sentire anche sui beni di prima necessità come la pasta, con incrementi anche del 40%.

Questa una prima spiegazione per capire il motivo del rialzo dello spread. Altro motivo è l’incertezza politica. Gli investitori vedono come una garanzia di rapidità d’esecuzione la presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Un suo insediamento al Quirinale, invece, renderebbe la sua figura più istituzionale e meno esecutiva. Oltretutto si rischierebbe di dover tornare alle urne con tutte le incertezze del caso. Ovvio che non si possa incatenare al suo posto l’ex governatore di Bankitalia, ma la speranza è che rimanga dov’è almeno per altri 16 mesi.

Da notare, comunque, che è tutta l’Europa ad accorgersi di un incremento dello spread e dei tassi. La Francia, ad esempio, ha visto crescere dell’11,2% il differenziale tra i suoi titoli decennali e i bund tedeschi negli ultimi sei mesi e addirittura dell’86,24% negli ultimi 12. La Spagna ha avuto incrementi più contenuti nonostante una ripresa meno vigorosa di quella italiana. La stessa Germania continua ad avere rendimenti negativi sui suoi bund decennali, ma il tasso è passato dallo -0,5% di fine agosto allo 0,008 di oggi.

Dunque, qualcosa sta cambiando: lo scenario economico si è fatto più incerto, la variante Omicron – meno letale ma molto più contagiosa – ha complicato i piani. Le tensioni geopolitiche si fanno sentire mai come ora. Gli Usa che devono arginare un’inflazione al 7% (e quindi vorrebbero rialzare i tassi) rappresentano un ulteriore motivo di preoccupazione. Insomma, se i momenti più bui della pandemia sembrano ormai alle spalle, è evidente che nei prossimi mesi l’Italia e l’Europa tutta vivranno momenti di fortissime turbolenze. Sperando che si tratti di qualche nube passeggera.

Ulteriore fattore che ha aumentato l'incertezza e ha fatto da detonatore a spread e rendimenti è la politica della Bce. Nell'ultima riunione del 2021, avvenuta lo scorso 16 dicembre, la Banca Centrale Europea ha annunciato la fine del programma PePP (il piano pandemico di acquisti) a partire dalla fine del mese di marzo, con un progressivo rallentamento negli acquisti mensili per tutto il primo trimestre dell'anno. Vero che questo tapering verrà formalmente compensato dall'impegno a reinvestire i rimborsi di capitale sui titoli almeno fino a tutto il 2024 e a un contestuale rinforzo del Quantitative Easing tradizionale (quello varato da Mario Draghi, per intenderci), ma certo il mercato ha fiutato che qualcosa non torna. D'altronde, nonostante le rassicurazioni di Christine Lagarde, l'inflazione è ai massimi da anni (+5% a dicembre) e lo scenario sembra destinato a durare almeno per tutto l'anno. Dal 16 dicembre in poi, dunque, spread e rendimenti hanno aumentato l'accelerazione al rialzo.

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