Ponte sullo Stretto, il governo diviso su due posizioni. E c’è il giallo dei 99 faldoni
Dopo la bocciatura da parte della Corte dei Conti, e in attesa di conoscere le motivazioni che hanno spinto i togati a questo provvedimento, cresce la tensione nell’esecutivo
Il progetto del Ponte sullo Stretto
Ponte sullo Stretto, il governo diviso su due posizioni
Nella vicenda del Ponte sullo Stretto che va avanti ormai da oltre 160 anni, si è aggiunto un nuovo capitolo, quello della bocciatura della Corte dei Conti. Nel giorno drammatico del crollo della Torre che sta mettendo a repentaglio la vita di un uomo, l’Organo di vigilanza sulle spese pubbliche continua a far parlare di sé. Inutile questionare sulle motivazioni, che verranno rese note entro 30 giorni dalla sentenza. Rilevano però alcuni punti che meritano di essere ricordati.
Primo: secondo quanto può riferire Affaritaliani, tra i motivi che hanno spinto la Corte a storcere il naso ci sarebbe anche il fatto che fossero stati allegati al testo che spiegava le modalità di avvio dei lavori, anche un link ipertestuale a 99 allegati che contenevano relazioni tecniche di vario tipo. Ebbene, pare che la Corte si sia indispettita perché non ha ricevuto la versione cartacea dei documenti. Dettaglio non trascurabile: 99 faldoni di quel tipo occupano praticamente una stanza.
Ci sono poi altri temi che emergono con chiarezza da parte dell’esecutivo. Prima di tutto, si registra un doppio “sentimento” nel governo. C’è chi immagina che vi saranno motivazioni di merito e chi invece ritiene che si tratti - a torto o a ragione - dell’ennesimo capitolo dello scontro tra toghe e politica. Dunque, fonti della maggioranza sostanzialmente dicono che si “attendono le motivazioni e, soprattutto, i passaggi successivi. Perché se anche con le modifiche che faremo ancora ci sarà l’altolà, allora dovremo pensare tutti che si tratti di un provvedimento politico”.
Non basta, però. Perché qualcuno maligna che a far ulteriormente saltare la mosca al naso alla Corte dei Conti potrebbe essere il DDL 1457, ovvero la riforma della Corte dei Conti stessa. E anche qui, fonti vicinissime al dossier garantiscono che dall’atteggiamento dei togati potrebbe anche dipendere una maggiore (o minore) severità nell’impianto. In pratica: se si eccede con il rigore da una parte e con la volontà di rinviare sine die il Ponte, dall’altra parte, quella politica, si tenderà a rendere la riforma della Corte dei Conti un po’ più dura. E lo stesso potrebbe succedere con le Soprintendenze, che spesso sono i soggetti che si mettono in mezzo quando c’è da discutere di grandi opere.
D’altronde, piaccia o meno, il Ponte sullo Stretto convince i cittadini che saranno coinvolti dal progetto medesimo. In Calabria la Lega - qualcuno sorride dicendo “senza Vannacci, ma con Morelli e Salvini” - ha preso il 13,5% e ha contribuito alla riconferma di Roberto Occhiuto come governatore della Regione. Guarda caso, tra l’altro, con un programma che prevedeva proprio l’attuazione del Ponte. Insomma senza ulteriori giudizi di merito, sembra evidente che al Sud l’opera piaccia.
Altro tema ancora: il costo del Ponte è di complessivi 13,5 miliardi. Ma di questi meno della metà sono destinati all’infrastruttura vera e propria, mentre gli altri sono dedicati alle opere di compensazione, alla realizzazione di strade, ferrovie, perfino aree ambientali che verranno “spostate” per permettere la realizzazione del Ponte.
Nella maggioranza, infine, tengono a ricordare che anche chi ha sostenuto che il Mef e il ministro Giancarlo Giorgetti abbiano sottratto soldi alla grande opera sbaglia di grosso. “La verità è che vogliamo allocare ogni anno solo la cifra necessaria per l’avanzamento lavori che effettivamente potrà essere svolto nei 12 mesi - racconta una fonte - e non per l’intero ammontare. In modo da non immobilizzare risorse che potrebbero essere destinate ad altro”.
Si vedrà, insomma, ma certo al momento pare che si sia ormai presa consapevolezza che anche nel 2025 non verrà posata la prima pietra. Il che è un paradosso tutto italiano: una volta che un’opera viene definitivamente approvata, perché ancora serve aspettare, pazientare, riflettere, ricominciare da capo? Perché non si può seguire l’esempio virtuoso di Roma, che con la metropolitana in Piazza Venezia ha realizzato anche un museo e ha fatto in modo che gli inevitabili mal di pancia dei cittadini venissero ampiamente ricompensati?