Sfruttamento, dopo Armani tocca a Tod’s: "Il danno rischia di essere incalcolabile. E il prezzo lo pagheranno i piccoli investitori"
Un altro colosso del Made in Italy finisce nella bufera. Parla il professore di Reputation Management, Luca Poma: "Il vero problema è la miopia dei vertici". Intervista
Caporalato, Tod’s nel mirino: "Il danno d’immagine potrebbe essere incalcolabile. A rimetterci non i vertici, ma chi investe"
Ci risiamo. Dopo Alviero Martini, Armani Operations, Manufactures Dior e Loro Piana, anche Tod’s, il marchio delle calzature e pelletteria di alta gamma della famiglia Della Valle, finisce nel mirino della Procura di Milano.
L’accusa è di aver agevolato, seppur colposamente, "un pesante sfruttamento lavorativo" lungo la propria filiera produttiva. Ma perché accade di nuovo? Perché, ancora una volta, tocca a un gioiello del Made in Italy finire in prima pagina per le stesse, identiche ragioni? Affaritaliani ne ha parlato con Luca Poma, professore di Reputation Management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino.
"Diciamo che ormai è di moda, per usare un eufemismo, fare delle scivolate del genere. Cioè, la domanda vera è quando il top management delle grandi aziende comprenderà che non è più il tempo di sottovalutare il rischio reputazionale?", incalza Poma. "Ecco, un'altra grande eccellenza del Made in Italy che finisce sui giornali sempre per gli stessi motivi. Armani, Alviero Martini, Loro Piana… Tutti i grandi marchi del lusso, ma probabilmente se ci rivolgessimo al settore della logistica o ad altri settori, troveremmo le stesse problematiche".
L'esperto invita soprattutto a guardare oltre il singolo caso giudiziario e a leggere in controluce un problema sistemico. "Adesso possiamo discutere a lungo sull'atteggiamento assertivo della Procura di Milano su questo tema. Ma sta di fatto che un problema esiste. Quindi la sensazione è che ci sia veramente una sottostima del problema. Secondo me il top management e gli imprenditori stessi, gli azionisti proprietari — in questo caso di Tod’s, ma di qualunque altro marchio — dovrebbero uscire dal letargo e comprendere che il danno reputazionale in questi casi potrebbe essere incalcolabile."
Per Poma la questione va ben oltre il piano legale. "Tod’s, come postura sui giornali, lamenta di non essere stata interpellata prima dalla Procura. Ci sarà un seguito in giudizio, e saranno i giudici a stabilire chi ha ragione e chi ha torto: sono dinamiche giudiziarie. Ma, a prescindere da questo, ci poniamo il tema del danno reputazionale? Tutte queste cose sono anticipabili, mitigabili ed evitabili".
Una chiamata alla responsabilità che, secondo il professore, deve coinvolgere anche gli investitori: "Quello che dovrebbero fare forse anche i piccoli azionisti di questi grandi marchi è chiedere conto del danno reputazionale causato da quelle che sono, nella migliore delle ipotesi, delle negligenze. Anche ammettendo che non ci sia dolo. Però c'è un tema di sottostima del rischio.
E queste vicende distruggono valore per le aziende. Dal momento che il rischio reputazionale è prevedibile e mitigabile, la grande domanda che mi pongo, e che rivolgo all’eccellenza del Made in Italy, è: quando il top management e la proprietà si sveglieranno dal sonno e decideranno di applicare quelle buone prassi di previsione e mitigazione del rischio?".
Un approccio che, secondo Poma, si può e si deve costruire: "È possibile realizzare adeguati assetti - per richiamare il codice delle crisi d’impresa - in grado di impedire questi scivoloni che, acquisendo un grande risalto mediatico, non fanno altro che distruggere valore per la proprietà e per tutti gli azionisti, grandi o piccoli, che investono in un marchio".
Eppure, la storia continua a ripetersi: Armani, Dior, Alviero Martini, Loro Piana… oggi Tod’s. "Si capisce che bisogna applicare un grado di attenzione differente. Per usare una metafora, è come se noi continuassimo a ostinarci ad andare al Polo Nord in t-shirt: ovviamente, prima o poi, ci ammaliamo".
Infine, l'esperto lancia un appello "per un senso di responsabilità nei confronti dei piccoli azionisti, perché non penso che da questa vicenda di Tod’s la proprietà, la famiglia, ne abbia poi delle conseguenze irreparabili: sono solidissimi. Però magari chi investe nell'azienda, chi ha scommesso sul marchio, vede una flessione del proprio investimento. Dall'epoca del Dieselgate di Volkswagen riflettiamo sulla responsabilità etica che deve avere il top manager e la proprietà. Non so cos'altro deve succedere ancora perché le aziende, i brand, comprendano che esiste un problema che va anticipato e gestito."