Shutdown, senza stipendio 2.000 italiani nelle basi Usa. L’avvocato: "Lavoratori tutelati dallo Stato... ma non sempre"
Lo shutdown americano blocca gli stipendi di 2.000 lavoratori italiani nelle basi militari in Italia. Parla l’avvocato Alessandro Daverio, socio dello studio Daverio & Florio
Shutdown Usa (Foto Lapresse)
Shutdown, stipendi congelati nelle basi Usa: ma la legge italiana fa da scudo
La battaglia per porre fine allo shutdown negli Stati Uniti è tutt’altro che risolta, e la strada verso la conferma dell’accordo raggiunto rimane in salita. Nel frattempo, a pagare il prezzo più alto sono anche i lavoratori italiani impiegati nelle basi militari americane sul territorio nazionale.
Dal primo ottobre, infatti, circa 2.000 dipendenti italiani nelle basi di Vicenza, Aviano e Livorno non ricevono più lo stipendio a causa del blocco del bilancio federale Usa e soprattutto con il rischio concreto di continuare a rimanere senza paga finché lo shutdown non sarà superato. Affaritaliani ha approfondito la questione con l’avvocato Alessandro Daverio, socio dello studio Daverio & Florio.
È possibile che la legge americana venga applicata anche a cittadini italiani?
In alcuni casi le parti di un contratto di lavoro che si svolge in Italia possono decidere di applicare una normativa diversa da quella italiana, come ad esempio la legge statunitense. Tuttavia, ci sono limiti ben precisi: il nostro ordinamento stabilisce dei principi inderogabili in materia di lavoro, previsti dalla Costituzione o da leggi che assicurano una soglia minima di tutela, come quelle relative alla retribuzione, al licenziamento o alla sicurezza.
In altre parole, se la legge scelta dalle parti entra in contrasto con queste norme essenziali, prevale la legge italiana, a tutela dei lavoratori italiani o di chi presta la propria attività sul nostro territorio.
Che strumenti hanno i lavoratori per far valere i propri diritti anche alla luce delle pronunce dei sindacati?
Anche dal punto di vista processuale, il quadro è chiaro: se il lavoro si svolge in Italia, le eventuali controversie saranno di norma affidate a un giudice italiano. Qualora sia stata pattuita l’applicazione di una normativa estera, questa verrà rispettata dal giudice solo se non va a ledere le tutele fondamentali stabilite in Italia. Tale principio si applica anche quando il datore di lavoro è uno Stato straniero o un suo ente.
Va comunque evidenziato che uno Stato estero non può sottrarsi alle norme italiane invocando le proprie leggi, soprattutto quando queste si pongono in contrasto con garanzie inderogabili, come le protezioni contro il licenziamento illegittimo o il diritto a indennità minime.
Esistono però eccezioni legate al diritto internazionale: se le decisioni assunte dallo Stato estero nei confronti dei propri dipendenti in Italia rientrano nell’ambito delle sue funzioni sovrane, la giurisprudenza italiana può ritenere che non sia opportuno intervenire. In questi rari casi, detti di "immunità sovrana", i provvedimenti dello Stato straniero non possono essere messi in discussione, neppure se in contrasto con le tutele previste dal nostro ordinamento.