Stellantis, entro autunno 800 prepensionamenti. Si teme il via della cura Opel

Dal 2017 al 2020, dopo l'acquisizione di Opel da parte di Peugeot, Tavares ha ridotto di un terzo la forza lavoro in Germania

di Andrea Deugeni
Carlos Tavares
Lapresse
Economia
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Cura Opel per l’ex Fca? In attesa del varo del piano industriale a fine 2021-inizio 2022, Stellantis ha alzato il velo su 800 esodi incentivati, da qui all'autunno, in Italia, concentrati in Piemonte. Fuoriuscite gestite stabilimento per stabilimento da azienda e sindacati d’accordo nel favorire il ritiro anticipato dal lavoro per chi si trova a 48 mesi della pensione. Accompagnamenti che per le sigle rianima il fantasma del modello Opel quando Carlos Tavares, dopo aver rilevato nel 2017 il marchio tedesco dalla General Motors per 1,3 miliardi di euro, impose una forte cura dei costi operativi in Germania con pensionamenti anticipati, piani di uscita volontari e riduzione complessiva del corpo occupazionale per oltre un terzo, come leva fondamentale per la ristrutturazione-rilancio del brand dei Rüsselsheim.

Stellantis, Ned Curic nuovo chief technology officer/Ned Curic, oggi vicepresidente di Alexa Automotive del gruppo Amazon, dal 30 agosto assumerà l'incarico di chief technology officer di Stellantis. Curic riporterà al Ceo Carlos Tavares e gestirà tutte le risorse relative alla tecnologia per il gruppo, dice una nota del colosso automobilistico. Dal 2015 al 2017, Curic è stato EVP presso Toyota Connected, con gestione diretta di ingegneri programmatori, data scientist e designer. In precedenza è stato chief technology officer di Toyota Motor North America

E' stato firmato l'accordo in Carrozzeria Mirafiori per l'uscita incentivata di 160 addetti, dopo quella della settimana scorsa per i 100 della Maserati di Grugliasco. Nei prossimi giorni si apriranno le procedure di incentivazione all'esodo anche alle Meccaniche, alle Presse e alla Costruzione Stampi, tutti settori ubicati all'interno di Mirafiori, nonchè alla Teksid di Carmagnola e alla ex Tea di Grugliasco, sempre parte del gruppo Stellantis. Agli inizi di settembre verrà inoltre perfezionato e firmato l'accordo per gli impiegati degli enti di staff (li chiama Stellantis), come l’area amministrativa e quella ricerca e sviluppo (con contratto di espansione che prevede 350 uscite e un centinaio di ingressi per svecchiare la forza lavoro).

In questo modo, ha spiegato la Fiom-Cgil di Torino, si arriverà a un totale di 800 addetti che usciranno dall'ex gruppo Fiat, praticamente tutti nel torinese. “Una perdita di posti di lavoro” che, denuncia la Fiom del capoluogo piemontese, “è come se avesse chiuso improvvisamente una fabbrica di medie dimensioni in un territorio che in questi anni ha solo visto cessazioni di attività e perdita occupazionale”. E che si aggiunge al newsflow negativo per il polo torinese della costruzione della terza gigafactory continentale di batterie di Stellantis per le auto elettriche a Termoli.

Certo, è vero che a metà 2020 in occasione del prestito da 6,3 miliardi di euro garantito dalla Sace fra le condizioni richieste dallo Stato l’ex Fca si era impegnata a confermare i piani occupazionali in Italia e che dopo la fusione con Psa il gruppo ha rassicurato sul fatto che non verrà effettuato alcun licenziamento per altri tre anni dopo l’operazione, ma i sindacati delle tute blu temono di assistere a quanto accaduto silenziosamente dal 2017 al 2020 in Germania nel passaggio di Opel dagli americani ai francesi.

(Segue: la cura Opel di Tavares in Germania e il tavolo Stellantis al Mise) 

Ovvero una progressiva riduzione della forza lavoro tedesca di 6.800 unità (oltre ad altri 700 trasferiti alla società di servizi Segula), pur senza utilizzare licenziamenti, su un totale di 19 mila lavoratori. Sforbiciata a cui a gennaio 2020 si è aggiunto un altro taglio di altri 2.100 posti di lavoro, sempre in Germania, entro il 2025 ricorrendo nuovamente a un silenzioso piano di prepensionamenti. Dimagrimento a cui, secondo alcune indiscrezioni, potrebbero sommarsi altre 2.000 uscite entro il 2029.


 

Ecco perché, in un quadro in cui tutto il settore automotive in Europa è finito sotto pressione non solo per la pandemia e i ritardi negli approvvigionamenti delle forniture, ma anche per il varo del Green Deal comunitario che impone lo stop ai veicoli a benzina e diesel nel 2035, le associazioni di rappresentanza dei metalmeccanici hanno chiesto un nuovo incontro con l’azienda al tavolo istituzionale su Stellantis aperto al Ministero dello Sviluppo economico.

Il motivo?
 Partecipare alle discussioni sulla preparazione del primo piano industriale di Tavares e non finire per vedersi calare dall’alto a fine anno i diktat del gruppo sul lavoro su tutti gli stabilimenti italiani. Interlocuzioni in cui avere anche maggiori delucidazioni sull’installazione nel 2024 di una superlinea da 400 mila vetture all’anno e quattro nuovi modelli “full Electric”multi-brand a Melfi e sul piano per la gigafactory in Molise.

@andreadeugeni