Telecom-Kkr, da Bernabè solo critiche. Ma sull'ex-Ilva non proferisce parola

Dal manager neanche una parola sulla disastrosa situazione dell'ex Ilva, ma sull'affare Tim-Kkr Bernabè ha fiato da vendere

Economia

 

Un detto popolare motteggia che “con la faccia tosta si va a cavallo e in carrozza”. Una frase che si attaglia perfettamente a Franco Bernabè, presidente uscente (ma mai uscito) di Acciaierie d’Italia e, prima ancora, tre volte ai vertici di Telecom/Tim e al timone di Eni. Ebbene, in un intervento pubblico riportato anche dalla Stampa Bernabè ha scelto di concentrarsi non già sui disastri di Taranto, con la più grande acciaieria d’Italia che ha gas solo fino all’8 novembre, ma su Telecom e su quello che succederà una volta approvato il piano di Kkr. Una situazione tre volte bislacca.

Primo: perché il presidente sempre in uscita dall’ex-Ilva, ma per ora rimasto sempre al suo posto, non spiega quale sia l’idea del management per evitare il definitivo tracollo dello stabilimento tarantino e, con esso, dell’intera città che sulla fabbrica-mamma ci campa da sempre. Si continua a morire di malattie e di paura, a Taranto. Ma Bernabè fa finta di non accorgersene. È davvero bizzarro pensare che un manager che vive una situazione assai complessa si ritrovi a commentare un’altra azienda.

Secondo: nel suo intervento pubblico Bernabè ricorda come la sorte di Telecom/Tim sia stata segnata già con l’opa a debito di Colaninno-Gnutti. Ci sono molte espressioni, alcune anche volgari, che accompagnano un’ovvietà. È naturale che l’acquisizione sconsiderata, avallata dai governi, di Telecom abbia distrutto in un colpo solo sia la più importante azienda di tlc in Europa, sia anche Olivetti e la sua potenza innovatrice. Ma Bernabè è stato per due volte alla guida di Tim, ed è stato anche membro del board e reggente. Possibile che non sia stato mai capace di trovare una via alternativa che non fosse quella di portare “il nemico” (cioè Telefonica) dentro la pancia dell’azienda?

Terzo: nei suoi anni in Telecom Bernabè ha ottenuto oltre 28 milioni di euro tra stipendi e liquidazioni varie. Non è dunque molto elegante attaccare un’azienda che ha più volte deciso di puntare su di lui. Qual è stato allora il suo ruolo? Cattaneo è stato capace di riportare l’utile in Telecom dopo tanto tempo. E Bernabè? Oltre a lanciare allarmi inascoltati, esattamente, che cosa ha fatto?

C’è poi un’ultima postilla che va fatta. L’offerta di Kkr per la rete Tim, al netto dello scontento dei francesi di Vivendi, valorizza un asset per circa 23 miliardi e permette all’azienda di sopravvivere. Certo, la Telecom del futuro, quella della cosiddetta SerCo, sarà un’altra azienda. Non offrirà più servizi di rete, quello no. Ma non è detto che per questo dovrà essere un’anatra zoppa, per prendere a prestito un termine dalla politica. Perfino i sindacati si sono convinti della fattibilità dell’offerta di Kkr.

Bernabè no, commenta, stronca, pontifica. Quale sarà il futuro di Tim nessuno lo può dire in anticipo. Spiace che a leggere le carte sia chi le ha avute in mano tre volte e ha preferito chiamarsi fuori.

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