Tim: con Kkr, Luigi Gubitosi può tornare ad - L'inside di Affari

Tra i candidati alla guida dell'azienda non c'è solo il d.g. Labriola, ma sta maturando la suggestione di un ritorno del manager dimissionario

di Marco Scotti
Economia
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Tim verso la scelta della nuova governance

Sono giornate intense quelle dei manager di Tim. Pietro Labriola, direttore generale con deleghe “pesanti”, infatti, si muove tra Italia e Brasile (dove è ceo di Tim Brasil, vera gallina dalle uova d’oro dell’ex-Telecom). Ma è il consiglio di amministrazione a dover fare gli straordinari. Intanto, perché deve scegliere il successore di Luigi Gubitosi. Che possa essere proprio Labriola a prenderne il posto è dato dagli ambienti finanziari come quasi scontato. Ma rimane sempre quel “quasi”. Anche perché, prima di tutto, bisogna convocare un consiglio di amministrazione per provvedere alla nomina. Quando sarà? Repubblica sostiene che questo avverrà il 16 gennaio, Reuters parla del 26. A quanto risulta ad Affaritaliani.it al momento non c’è ancora una data certa anche se è ovvio che inizi a esserci una certa fretta. Non sarebbe la prima volta, certo, che un’azienda rimane senza amministratore delegato.

L'indiscrezione: con Kkr, Gubitosi può tornare ad

Ma dalle dimissioni di Gubitosi (avvenute il 27 novembre scorso) sono passati quasi 40 giorni e ancora non ci sono grandi novità all’orizzonte. Intanto, Labriola lavora alacremente alla realizzazione del nuovo piano insieme agli advisor Vitale e Mediobanca. Le risultanze di questo studio verranno comunicate al mercato intorno a marzo, quando sarà annunciato il nuovo bilancio. E anche qui attenzione alle possibili sorprese: nessuno si attende ulteriori profit warning dopo i tre dell’anno appena concluso. Ma è anche ovvio, come confidano ad Affaritaliani fonti accreditate, che un eventuale nuovo amministratore delegato potrebbe preferire fare un po’ di “pulizia” ripartendo dal basso e “stupendo” poi gli operatori con risultati migliori del previsto. Tra l’altro, ci risulta che perfino lo stesso Luigi Gubitosi potrebbe tornare in lizza per il ruolo di amministratore delegato se dovesse essere accettata l’offerta di Kkr. E questo perché è stato lo stesso manager a fare da “ponte” tra gli americani e gli azionisti di Tim ed è sempre stato l’ex ceo di Wind a farsi da parte per eliminare qualche asperità di troppo. Dunque qualcuno vedrebbe come possibile un ritorno in sella di Gubitosi. Possibile, per carità, ma certo i tempi sarebbero lunghi, rischiando di rendere ancora più delicato il futuro a breve termine dell’ex-Sip.

(SEGUE)

Il secondo tema fondamentale riguarda il ruolo di Kkr. Qualcuno sostiene che agli americani potrebbe scappare la pazienza dopo settimane di attesa. Vero è che lo scorso 16 dicembre si era detto che non ci fossero tempi certi per definire l’eventuale via libera all’opa “amichevole” del fondo americano. Ma anche qui non si potrà tirare in eterno la vicenda. Gli 0,505 euro per azione sono tanti o pochi? L’ultima volta che l’ex-Sip è stata sopra la soglia dei 50 centesimi è stata a gennaio del 2020.

Tim-Kkr: il nodo della valutazione

Il Covid ancora non aveva devastato le nostre vite e le compagnie telefoniche non erano ancora così sotto pressione dal punto di vista della redditività. Dunque, l’offerta sarebbe buona. Però c’è anche da dire che le parti che compongono Tim (dal Brasile a Sparkle, da Noovle a Olivetti, senza contare la rete) sommate insieme porterebbero la valutazione dell’azienda a quasi 27 miliardi, cioè due volte e mezza l’offerta degli americani. Qui c’è chi ha malignato che Kkr potrebbe addirittura procedere con azioni legali se la vicenda non si risolvesse in tempi rapidi. Sarebbe sicuramente una possibilità, ma sarebbe una mossa singolare perché in effetti un’offerta vincolante ancora non c’è e dunque sarebbe difficile attribuire responsabilità di qualunque tipo al consiglio di amministrazione per i tempi lunghi.

Cdp: per Gorno Tempini "nessuna alternativa alla partnership Tim/Open Fiber"

A rendere la faccenda ancora più interessante, c’è anche il fatto che Cassa Depositi e Prestiti, per bocca del suo presidente Giovanni Gorno Tempini, ha dichiarato al Sole 24 Ore domenica 2 gennaio che “non c’è alternativa” alla partnership tra Tim e Open Fiber per la rete unica, oltretutto con un orizzonte temporale massimo di due anni. Anche questo rimane un nodo da sciogliere: scorporare la rete? Mantenere saldo il perimetro di Tim? Tentare lo spezzatino per massimizzare le possibilità di guadagno?

Da notare, intanto, che l’Agcom pochi minuti fa ha valutato “conforme all’articolo 76 del codice europeo delle comunicazioni” l’offerta di coinvestimento di Tim per la rete in fibra di Fibercop, con Kkr e Fastweb. L’offerta dell’ex-Sip "prevede la realizzazione di una nuova rete in fibra ottica fino ai locali degli utenti finali con condivisione del rischio a lungo termine, attraverso cofinanziamento o accordi strutturali di acquisto".

Le valutazioni "hanno riguardato in particolare l`offerta di Tim nella sua versione trasmessa lo scorso 22 dicembre 2021, che tiene conto delle richieste di modifiche e integrazioni formulate a Tim dall’Autorità, a seguito del market test nel quale le parti interessate - potenziali coinvestitori o richiedenti l’accesso - hanno espresso il proprio parere in merito alla conformità degli impegni offerti alle condizioni stabilite dal Codice".Infine, c’è da chiarire un ultimo dettaglio. Kkr è l’unica ad aver mostrato interesse per Tim? Le voci su Cvc che, forte della liquidità appena ottenuta dalla vendita di Sisal e Mooney, potrebbe decidere di lanciarsi nella partita si rincorrono. Quello che è certo è che nessun “cavaliere bianco” può affacciarsi su Tim senza prima aver parlato con il governo. Perché una parte troppo significativa del Pnrr passa dal digitale e dalle infrastrutture di rete per permettere a chiunque di essere della partita. C’è da scommettere che le prossime due settimane saranno fondamentali per capire che cosa succederà a Tim.