Wall Street gioca col fuoco? Il Warren Buffett Indicator segna livelli record: con IA e titoli tech ai massimi il rischio bolla è sempre più vicino
L’indicatore ideato da Warren Buffett, che mette a confronto il valore totale delle società quotate americane con il Pil, ha toccato il 218%, superando i livelli della bolla Dotcom e del boom post-Covid
Wall Street
Tech e AI spingono le Borse alle stelle: il Buffett Indicator segna il massimo di sempre
Wall Street è di nuovo sotto la lente. Dopo la bolla delle Dotcom e l’euforia del post-pandemia, oggi a preoccupare non è solo la corsa sfrenata dei titoli tecnologici, ma anche un vecchio indicatore che porta il nome di Warren Buffett. Il cosiddetto Buffett Indicator ha infatti raggiunto un livello record del 218 per cento, superando ogni precedente storico e facendo temere che i mercati si trovino sull’orlo di una sopravvalutazione pericolosa.
L’indicatore non è altro che il rapporto tra il valore complessivo delle società quotate negli Stati Uniti e il prodotto nazionale lordo. In pratica misura se le Borse stanno correndo troppo rispetto all’economia reale. Lo stesso Buffett, già nel 2001, lo aveva definito "la migliore misura per capire a che punto siano le valutazioni in un dato momento" e aveva avvertito che oltre una certa soglia si rischia di "giocare col fuoco". Ai tempi della bolla delle Dotcom, il valore era arrivato al 150 per cento: oggi siamo ben oltre.
A spingere questa corsa ci sono i colossi della tecnologia. Aziende come Nvidia, Apple, Microsoft e Alphabet hanno visto le loro quotazioni lievitare grazie alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale, accumulando capitalizzazioni da trilioni di dollari. Il risultato è che l’indice S&P 500 si ritrova con un rapporto prezzo/fatturato ai massimi storici, oltre quota 3,3. Un livello mai visto prima, nemmeno durante la bolla di Internet o il boom seguito al Covid.
Molti analisti leggono in questi numeri il segnale di un disallineamento evidente: i mercati azionari crescono a una velocità che l’economia reale non riesce a sostenere. Altri, invece, invitano a ridimensionare l’allarme. Un fattore da non sottovalutare affatto è che l’economia di oggi è molto diversa rispetto a vent’anni fa: meno fabbriche e catene di montaggio, più software, brevetti e servizi digitali. Un’economia che non si misura soltanto con il PIL e che, quindi, potrebbe giustificare valutazioni più elevate senza per forza scivolare in una bolla.
E Buffett? Da tempo tace sull’indicatore che porta il suo nome, ma le sue mosse parlano chiaro. Berkshire Hathaway, il suo colosso finanziario, ha accumulato una montagna di liquidità, oltre 344 miliardi di dollari, e da undici trimestri consecutivi vende più azioni di quante ne compri. Un atteggiamento che suona come un campanello d’allarme, forse anche l’oracolo di Omaha sembra convinto che i mercati siano troppo cari e si prepara a possibili scossoni.
La domanda resta sul tavolo: siamo di fronte all’ennesima bolla, pronta a scoppiare o il mercato sta semplicemente entrando in una nuova fase storica in cui le valutazioni "alte" diventeranno la normalità? Difficile, per ora, dare una risposta certa.