I ricordi di Renato Zero: da Jimi Hendrix a Raffaella Carrà, ma anche molestie

Renato Zero rivela traumi e ricordi piacevoli: "Io e Raffaella abbiamo abitato vicini. Era amica, collega ispiratrice" - GUARDA LE FOTO

Spettacoli
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Le rivelazioni di Renato Zero: "Spesso per scrivere le mie canzoni si accendono le foto della memoria: quell'uomo a piazza Augusto Imperatore..."

A 72 anni (e 55 di carriera) Renato Zero si prepara a un’altra delle sue imprese: “Zerosettanta”, con sei concerti al Circo Massimo. In un’intervista al Corriere, l’artista apre il libro dei ricordi: “Alla fine degli anni Sessanta ho anche aperto il concerto di Jimi Hendrix al Brancaccio. Ballavo insieme ad altri sette. Abbiamo allargato le braccia verso il fondo della scena ed è entrato questo riccioluto che mordeva le corde della chitarra senza prendere la scossa, non capivo come fosse possibile”. 

Tra i ricordi evocati da Renato Zero ci sono anche quelli privati. E per nulla piacevoli: “Un giorno mi trovavo a piazza Augusto Imperatore con la retina per le farfalle e il mio cane. Un signore con la patta sbottonata mi chiese: ‘Perché non vieni qui a prendere le farfalline?’. Immagini un bambino che assiste a una cosa del genere… Il Renato adulto porterebbe quel signore al commissariato”.

Renato Zero ricorda anche Raffaella Carrà: “Mi raccontò che un giorno a Bellaria la nonna le disse: ‘Raffaellina, stasera mi devi portare a vedere Renato Zero’. Raffaella non era mai venuta a un mio concerto, mi conobbe grazie alla nonna. Abbiamo pure abitato vicini, sia a Roma che al mare. Per me è stato un bel vantaggio: era amica, collega ispiratrice. Quando facevo le trasmissioni insieme, lei e Japino mi chiedevano: ‘Che vuoi fare?’. Sapevano che io avevo già un coniglio fuori dal cilindro”.

Rispetto all’esperienza di “Fantastico 3” con Raffaella Carrà e Corrado, Renato Zero ricorda: “Ho sempre avuto forti sospetti sulla Rai perché un’azienda che chiede il canone, si dice pubblica ma non lo dimostra. Volevano far vedere che erano avanti, comprendevano i cambiamenti, li favorivano. Pensarono a me per quel Fantastico come al bel funerale di un artista scomodo. Io, invece, volevo dimostrare che non era solo un gioco di colori, forme e provocazioni, ma c’era forse dell’altro nella mia presenza”.