Yara, film Netflix: è scontro tra produzione e la famiglia Gambirasio

Il nuovo film della piattaforma di streaming sull'omicidio di Brembate scatena il dibattito ancora prima del lancio sull'app

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Yara film Netflix, la produzione Taodue si difende dalla accuse dell'avvocato della famiglia Gambirasio: "E' stata informata ma non voleva partecipare"

Domani 5 novembre sarà disponibile su Netflix il nuovo film "Yara", ispirato all'omicidio della 13enne di Brembate, Yara Gambirasio, di cui è stato accusato Massimo Bossetti. Sebbene il lungometraggio non sia ancora uscito in streaming ha già suscitato diverse polemiche. Alcuni accusano il registra Marco Tullio Giordana (I cento passi) di aver scelto di raccontare un caso di cronaca fin troppo delicato e morboso mentre il legale della famiglia Gambirasio, Andrea Pezzotta, ha attaccato tramite un'intervista su Fanpage la produzione TaoDue, rea di aver contattato i genitori della ragazza uccisa solo alla conclusione delle riprese.

"Non c'è stato nessun accordo, nulla - afferma l'avvocato– La famiglia lo ha scoperto a cose fatte, solo dopo hanno fatto una telefonata a me, ma a film già confezionato. Il film non l'ho neanche visto. I Gambirasio non hanno rilasciato alcuna dichiarazione, non lo fanno in altre circostanze figuriamoci in una situazione del genere". Al coro si è unito anche Claudio Salvagni, avvocato di Bossetti, affermando di non essere stato coinvolto nel progetto e che il film si baserebbe su "informazioni non veritiere".

"Il film si è basato su una scrupolosa lettura delle carte processuali e della documentazione di quanto è accaduto - si difende Pietro Valsecchi, numero uno di Taodue e produttore del film a La Stampa - Le polemiche sono inevitabili quando si parla di storie realmente accadute. Credo che "Yara" restituisca con accuratezza sia gli avvenimenti sia l’atmosfera che si respirava in quei lunghi infelici mesi di indagini".

Per quanto riguarda le ricostruzione del legale della famiglia Gambirasio: "Non è andata così: come ho sempre fatto quando ho scelto di raccontare storie ispirate a fatti e personaggi reali, ho chiamato l’avvocato quando ancora stavamo scrivendo il film. In quell’occasione rispose che la famiglia Gambirasio non intendeva essere coinvolta e ovviamente ho rispettato questa decisione. A fine montaggio l’abbiamo richiamato nel caso avessero cambiato idea, ma la risposta è stata la stessa".