Panda non più in via di estinzione. L'annuncio della Cina in ritardo di 5 anni

Pechino rimuove i panda giganti dalle specie a rischio estinzione. Ma le associazioni internazionali lo avevano già fatto nel 2016...

(fonte Lapresse)
Esteri
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La Cina ha eliminato il panda dalla lista degli animali a rischio di estinzione. L'annuncio e' stato dato dal ministero dell'Ecologia e dell'ambiente di Pechino e "riflette le migliorate condizioni di vita e gli sforzi della Cina nel mantenere il loro habitat integrato", ha dichiarato il capo del dipartimento per la Conservazione ecologica, Cui Shuhong.

Il panda resta vulnerabile ma non più "in pericolo" di estinzione

Nonostante la riclassificazione, il panda rimane ancora "vulnerabile", e sono solo 1.800 gli esemplari che vivono non in cattivita' in Cina. L'annuncio giunge a cinque anni dalla rimozione del panda dalla stessa lista compilata dalla International Union for Conservation of Nature di Ginevra, una decisione all'epoca non approvata da Pechino, che sottolinea spesso i suoi sforzi contro l'estinzione dell'orsetto, considerato un patrimonio nazionale in Cina e usato anche in diplomazia.

La Cina migliora la situazione di foreste e aree verdi

La rimozione del panda dalla categoria degli animali a rischio di estinzione e' stata accolta con piacere dagli utenti dei social media in Cina, mentre gli esperti hanno sottolineato che il successo nella politica di conservazione e' da imputare soprattutto agli sforzi per ricreare e ripopolare le foreste di bambu', alimento che costituisce il 99% della dieta del panda. Oltre ai panda, secondo le stime di Pechino, sono aumentati anche gli esemplari di altre specie a rischio come le tigri siberiane, i leopardi dell'Amur, gli ibis crestati e gli elefanti asiatici.

Il giallo sull'annuncio del 2016

L'aspetto singolare della vicenda è che l'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) aveva gia' rimosso fin dal 2016 i panda giganti dalla lista delle specie a rischio di estinzione, riclassificandoli appunto come "vulnerabili". In quella occasione, tuttavia, Pechino aveva contestato la decisione, affermando che essa poteva indurre ad attenuare gli sforzi per la conservazione di questi animali.