Usa, il “paradosso Trump”. Voleva isolarsi, ma i flop in patria lo hanno spinto a essere protagonista nel mondo

La 'metamorfosi' del tycoon e i motivi della svolta. Analisi

di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista

Donald Trump

Esteri

La previsione più realistica per il futuro è che non assisteremo più a un ritorno all’isolazionismo
 

Per ritornare al potere, Donald Trump aveva costruito la sua narrativa politica sull’idea di un’America che si ritira dal mondo per concentrarsi su sé stessa. Gli slogan “America First” e, soprattutto “Make America Great Again” (MAGA) hanno evocato un ritorno all’isolazionismo classico, con meno impegni militari e meno vincoli internazionali, nella convinzione che gli Stati Uniti potessero bastare a se stessi. Tuttavia, di fatto la traiettoria trumpiana a oggi ha mostrato l’opposto: gli insuccessi interni (polarizzazione sociale, difficoltà economiche, conflitti istituzionali) hanno spinto il presidente americano a cercare legittimazione all’esterno, dove paradossalmente ha ottenuto risultati e riconoscimenti.

Secondo diversi analisti, Trump incarna in massimo grado una tradizione americana di diffidenza verso il “globalismo” e le istituzioni multilaterali. La sua retorica contro la NATO, contro gli accordi commerciali e contro l’ONU rifletteva questa visione. Ma l’isolazionismo, alla prova dei fatti, non è sostenibile per una potenza globale che ha interessi in tutto il mondo: gli Stati Uniti, per la loro stessa posizione, finiscono inevitabilmente per essere coinvolti nelle vicende economiche e militari, e quindi anche politiche, dell’intero pianeta.

Da cui un vero e proprio ribaltamento, fatto di successi esteri e di fallimenti interni. In Medio Oriente, Trump ha capitalizzato sugli Accordi di Abramo, favorendo una normalizzazione storica tra Israele e alcuni Paesi arabi che la guerra a Gaza ha reso più difficile ma, paradossalmente, ancora più necessaria. Nella guerra fra Russia e Ucraina, pur con ambiguità, la sua amministrazione ha mantenuto un ruolo centrale nel definire la postura occidentale verso Mosca. Nella competizione con la Cina, la guerra commerciale e tecnologica ha rafforzato la percezione di un’America assertiva, non ritirata.

Questi dossier hanno dato a Trump un’immagine di “uomo forte” sulla scena internazionale, mentre sul fronte interno la sua presidenza appare segnata da divisioni, contestazioni e difficoltà nel tradurre in risultati concreti le promesse di rilancio economico e sociale.

Il “paradosso Trump” si spiega con tre fattori principali. Il primo è la fragilità interna: quando la politica domestica non produce risultati, la proiezione esterna diventa un terreno di compensazione. Trump è un uomo pragmatico che non esita a cambiare tavolo di gioco, a seconda delle opportunità che intravede. Il secondo è la natura del potere americano: gli Stati Uniti non possono davvero isolarsi; ogni crisi globale li richiama inevitabilmente sulla scena da protagonisti. Il terzo è la logica mediatica: i successi di politica estera sono più visibili e più facilmente narrabili rispetto alle riforme interne, spesso lente e conflittuali.

In conclusione, Trump è diventato protagonista internazionale non per scelta coerente, ma per necessità politica. Il suo isolazionismo iniziale si è trasformato in un attivismo estero che ha dato ossigeno alla sua leadership. In questo modo, proprio il presidente che voleva chiudere le porte al mondo ha finito per rafforzare la percezione degli Stati Uniti come attore imprescindibile nelle crisi globali. Che succederà nella seconda parte della sua presidenza? La previsione più realistica per il futuro è che non assisteremo più a un ritorno all’isolazionismo, ma osserveremo una dialettica continua tra esterno e interno. Trump resterà protagonista internazionale perché la struttura del potere americano lo impone, ma sarà costretto a dare segnali concreti sul fronte interno per non perdere consenso. Ed è proprio questa tensione che alimenta il “paradosso Trump”: un presidente che voleva chiudere le porte al mondo, ma che non può smettere di aprirle e usarle proprio per legittimarsi sul fronte interno.

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