Gaza in fiamme, il dossier UN Watch scuote l’Onu: “Così Hamas ha preso il controllo delle scuole UNRWA"

Le aule dell’Unrwa, sostiene UN Watch, avrebbero prodotto nel tempo non solo generazioni di studenti, ma anche di miliziani

di Filippo Santi
Gaza
Esteri

Gaza in fiamme, il dossier UN Watch scuote l’Onu: “Così Hamas ha preso il controllo delle scuole UNRWA”

"La maggior parte di coloro che sono coinvolti in organizzazioni clandestine non rende pubblica la propria appartenenza". Con questa frase, pronunciata mesi fa dal portavoce del Segretario generale dell’Onu Stéphane Dujarric, si voleva spiegare come fosse stato possibile che un dirigente di Hamas potesse lavorare per decenni nell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.

Eppure, secondo un nuovo e dettagliato rapporto di UN Watch, la realtà sarebbe esattamente l’opposto: leader dichiarati del movimento islamista hanno ricoperto incarichi di primo piano nel sistema educativo dell’Unrwa, come presidi e responsabili dei sindacati degli insegnanti, condizionando dall’interno un’agenzia che ogni anno riceve più di un miliardo di dollari di fondi occidentali con la promessa di educare i bambini palestinesi a valori universali come la tolleranza, la convivenza e i diritti umani.

Il documento, intitolato Schools in the Grip of Terror, accusa l’Unrwa di aver “istituzionalizzato l’estremismo”, trasformando le aule scolastiche in incubatori di odio. Non soltanto tolleranza verso insegnanti simpatizzanti di Hamas, ma addirittura l’impiego e la promozione di figure che, pubblicamente e ripetutamente, hanno manifestato legami con il movimento, guidando nel contempo i sindacati del personale e ottenendo un’influenza decisiva sulle politiche educative.

Le aule dell’Unrwa, sostiene UN Watch, hanno prodotto nel tempo non solo generazioni di studenti, ma anche di miliziani: dai responsabili della strage di Monaco del 1972 a Mohammed Deif, il comandante delle Brigate al-Qassam indicato come uno dei cervelli del massacro del 7 ottobre in Israele.

In queste ultime settimane l’assalto terrestre israeliano su Gaza City ha trasformato in realtà la tragedia annunciata: migliaia di civili in fuga, quartieri sollevati dalle bombe, ospedali in affanno e corridoi umanitari che faticano a reggere. In questo scenario, l’accusa contenuta nel report Schools in the Grip of Terror assume una forza nuova: non si tratta più solo dell’analisi di passati e possibili intrecci tra UNRWA, sindacati scolastici e leadership di Hamas, ma di una questione di credibilità istituzionale che si inserisce dentro un conflitto sempre più violento e devastante.

L’esempio più citato è quello di Suhail Al-Hindi, per anni preside di una scuola dell’agenzia a Gaza e contemporaneamente capo del sindacato locale degli insegnanti. Già nel 2011 fu sospeso per la sua vicinanza con i vertici di Hamas, ma dopo mesi di scioperi e proteste guidati proprio dal sindacato ottenne il reintegro. In quell’occasione, l’Unrwa accettò di non punire più i dipendenti per “attività esterne”, di fatto aprendo la porta a un coinvolgimento politico diretto con Hamas.

Nel 2017 la sua elezione nel politburo dell’organizzazione lo costrinse a lasciare formalmente l’incarico, ma il suo peso rimase intatto. Quattro anni più tardi, nel maggio 2021, quando il direttore dell’Unrwa a Gaza Matthias Schmale fu costretto a lasciare la Striscia dopo aver definito “precisi” i raid israeliani, furono proprio Al-Hindi e il suo successore Amir Al-Mishal, allora a capo del sindacato, a guidare le proteste che determinarono l’uscita del funzionario internazionale.

A conferma del potere dei sindacati come leva politica, il dossier ricorda come nel 2011 il sindacato guidato da Al-Hindi riuscì a bloccare il tentativo dell’agenzia di introdurre lo studio della Shoah nei programmi scolastici. Nel 2018, dopo il licenziamento di mille contrattisti, le mobilitazioni appoggiate da Hamas paralizzarono la sede locale e costrinsero all’evacuazione gran parte dello staff internazionale. Nel 2021, la campagna contro Schmale segnò un altro colpo contro la dirigenza internazionale. E ancora nel 2023, l’associazione professionale guidata da Al-Hindi indusse gli insegnanti a scioperare “in solidarietà con i martiri di Nablus”, nonostante il divieto dell’agenzia.

Il caso libanese presenta contorni simili. Qui la figura centrale è stata Fateh Sharif, per anni preside di una scuola Unrwa e leader del sindacato degli insegnanti. La sua vicinanza a Hamas era nota e pubblica, con partecipazioni a comizi e prese di posizione politiche. È stato ucciso il 30 settembre 2024 in un raid israeliano, e al suo funerale la bara fu avvolta nella bandiera verde. Hamas lo ha celebrato come “leader del movimento in Libano”, mentre il sindacato lo ha definito un martire.

L’agenzia lo aveva sospeso, ma non licenziato; i suoi cinque più stretti collaboratori furono sospesi solo mesi più tardi e licenziati quasi un anno dopo, malgrado — sostiene UN Watch — ci fossero prove chiare delle loro affiliazioni.

La dinamica, per l’organizzazione che ha redatto il rapporto, è sempre la stessa: i sindacati, espressione del personale locale, diventano braccio politico e strumento di pressione contro i funzionari internazionali. Quando le decisioni di questi ultimi non piacciono, le scuole si fermano, gli uffici vengono assediati, lo staff costretto a ritirarsi. Hamas, in questo modo, riesce a influenzare indirettamente scelte cruciali sull’organico, sulla disciplina, sui curricula.

Il documento insiste su un punto strutturale: oltre il 99% dei 30 mila dipendenti dell’agenzia sono “area staff”, personale palestinese locale. Solo 120 sono funzionari internazionali. In pratica, tutto il funzionamento dell’Unrwa dipende dai primi, compreso il settore educativo che rappresenta la parte più vasta delle attività. Lo stesso Adam Bouloukos, direttore degli affari dell’Unrwa in Cisgiordania, ha ammesso in un’intervista che l’agenzia “non è mai in grado di separare l’erogazione dei servizi dal diritto al ritorno”, segno che la dimensione politica resta inevitabilmente intrecciata al mandato umanitario.

Israele ha contribuito ad alimentare i sospetti diffondendo documenti che indicherebbero come oltre il 15% dei dirigenti scolastici dell’agenzia a Gaza fosse affiliato a Hamas o alla Jihad islamica. E il rapporto cita anche l’episodio del gruppo Telegram con tremila dipendenti che, nell’ottobre 2023, esultò per gli attacchi contro Israele.

Un anno più tardi, l’Onu ha incaricato l’ex ministra francese Catherine Colonna di redigere una revisione indipendente. Pubblicata nell’aprile 2024, la “Colonna Review” ha riconosciuto che i sindacati del personale sono politicizzati e che negli anni sono stati utilizzati da fazioni politiche per esercitare pressioni sull’agenzia. Ma secondo UN Watch, quella revisione è stata “sbilanciata a favore dell’Unrwa”, concepita per rassicurare i donatori più che per smascherare le violazioni.

E al 2025, sostiene ancora il rapporto, nessuna delle raccomandazioni specifiche sulla neutralità dei sindacati sarebbe stata pienamente attuata. Dal canto suo, l’agenzia rivendica i passi avanti compiuti. Ha sospeso e licenziato alcuni dipendenti accusati di legami con Hamas, ha rafforzato i controlli, ha rivisto i programmi, ha imposto corsi di formazione sulla neutralità. Ma la sproporzione tra personale locale e staff internazionale resta, così come la percezione che in territori come Gaza e Libano il potere reale sia nelle mani dei leader sindacali.

La vicenda ha riflessi immediati sui finanziamenti. Dopo lo scandalo del gennaio 2024, una dozzina di Paesi sospese i versamenti. Molti hanno ripreso, introducendo condizionalità e controlli: l’Italia ha stanziato cinque milioni di euro per programmi alimentari, l’Unione europea ha confermato 82 milioni nel 2025. Gli Stati Uniti, invece, hanno mantenuto lo stop, con Donald Trump che ha confermato la linea dura.

Il quadro che emerge dal report è quello di un’agenzia umanitaria che, nel tentativo di garantire servizi essenziali a milioni di rifugiati, è costretta a muoversi dentro un equilibrio fragile, stretto tra le esigenze dei donatori occidentali e la pressione delle fazioni palestinesi. UN Watch denuncia una “cattura” totale da parte di Hamas, l’Unrwa replica con il richiamo ai progressi sulla neutralità. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: resta intatta la necessità di un’istruzione per centinaia di migliaia di ragazzi palestinesi, ma resta anche irrisolta la questione della trasparenza e della credibilità di chi, in teoria, dovrebbe educarli alla convivenza e alla pace.

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