Gibuti dice no all’Etiopia: “Non saremo la Crimea del Corno d’Africa”. Guelleh respinge la base navale e avverte Abiy

Il presidente Guelleh respinge la proposta di una base navale e ribadisce la sovranità nazionale

di Marilena Dolce

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha salutato il presidente di Gibuti Ismail Omar Guelleh all’aeroporto internazionale di Bole il 29 marzo 2022. (Foto  ENA)  

Esteri

Gibuti respinge l’Etiopia: “Non siamo la Crimea del Corno d’Africa”

Il presidente di Gibuti, Ismail Omar Guelleh, ha respinto con fermezza la proposta dell’Etiopia per l’installazione di una base navale sul territorio gibutiano, dichiarando che il suo Paese non intende diventare “la Crimea del Corno d’Africa”.

In una recente intervista a Jeune Afrique, Guelleh, 77 anni, al potere dal 1999, ha precisato di non opporsi all’uso commerciale delle infrastrutture portuali da parte di Addis Abeba, ma ha escluso qualsiasi concessione in esclusiva o presenza militare straniera, tantomeno etiopica. “Gli etiopici ci hanno chiesto un corridoio extraterritoriale e una base navale. Ma non era questo ciò di cui si era parlato”, ha affermato il Presidente, “Avevamo proposto una gestione condivisa del porto di Tadjourah, ma la loro richiesta è inaccettabile”.



 

Crescono le tensioni sull’accesso al Mar Rosso

La questione dell’accesso al mare è tornata centrale nella politica estera etiopica. Dal 1991, con l’indipendenza dell’Eritrea, Addis Abeba ha perso ogni sbocco diretto sul mare. Il premier Abiy Ahmed ha più volte sottolineato l’urgenza strategica di ottenere un porto, anche attraverso mezzi “non convenzionali”, suscitando allarme nei Paesi vicini.

“Credo che Abiy abbia compreso che non può trattarsi di una prova di forza”, ha aggiunto Guelleh, evidenziando il ruolo costruttivo della mediazione turca.

Gibuti, un piccolo Stato con un grande valore strategico

Con una popolazione di poco superiore al milione di abitanti, Gibuti controlla un passaggio marittimo vitale: lo stretto di Bab el-Mandeb, porta del Mar Rosso e via obbligata per i traffici tra Europa, Asia e Africa Orientale. Proprio per la sua posizione strategica, il Paese ospita basi militari statunitensi, francesi, cinesi, giapponesi e italiane, un “ombrello geopolitico” che dissuade ambizioni regionali troppo aggressive.

Durante l’intervista, Guelleh non ha escluso la possibilità di una propria ricandidatura alle elezioni del 2026, rivendicando il ruolo di garante della sovranità e stabilità nazionale.

Il nodo Somaliland e la strategia di Addis Abeba

Le tensioni sull’accesso al mare si sono acuite nel gennaio 2024, quando l’Etiopia ha firmato un controverso memorandum con il Somaliland, regione separatista della Somalia. L’accordo prevedeva il transito delle merci etiopiche attraverso il porto di Berbera in cambio del riconoscimento dell’indipendenza del Somaliland, con la concessione di un tratto costiero di dieci chilometri per la costruzione di una base navale.

Il patto, sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti e dalla loro compagnia DP World, puntava a ridurre la dipendenza di Addis Abeba dai porti di Gibuti, che oggi fruttano circa due miliardi di dollari annui alla piccola repubblica africana. Tuttavia l’intesa ha scatenato la dura reazione della Somalia, che l’ha definita “un attacco alla propria sovranità”, trovando il sostegno dell’Egitto. La Turchia, pur contraria all’accordo etiopico, ha mediato un’intesa con Mogadiscio per fermare l’espansione navale etiopica.

Una lunga storia di attriti e ambizioni

La tensione sull’accesso al mare accompagna da decenni la storia dell’Etiopia. Dopo l’indipendenza dell’Eritrea, Addis Abeba ha potuto utilizzare i porti eritrei solo per periodi limitati. L’accordo di pace del 2018, tra Abiy Ahmed e il presidente eritreo Isaias Afwerki, non ha previsto concessioni militari. L’Eritrea ha acconsentito all’uso commerciale delle sue infrastrutture portuali, respingendo ogni ipotesi di base navale etiopica.

Nonostante ciò, nel 2019, l’Etiopia ha avviato la costituzione di una propria marina militare, un progetto privo di uno sbocco naturale al mare ma ricco di implicazioni strategiche. Molti analisti osservano che il controllo di un porto militare è parte integrante della visione geopolitica del Prosperity Party di Abiy Ahmed, volto a trasformare l’Etiopia in una potenza dominante nella regione.

Il progetto imperiale e il sogno Oromo

Secondo varie fonti, il disegno politico del premier etiopico mirerebbe alla creazione di un "Impero Oromo" con accesso al Mar Rosso. La necessità di un porto rappresenterebbe un tassello cruciale per consolidare tale visione, che prevederebbe il dominio della regione da parte del gruppo etnico oromo.

Dopo aver perso il sostegno degli Amhara e finita l’alleanza tattica con l’Eritrea contro il TPLF (Tigray People's Liberation Front), Abiy ha accentuato il processo di “oromizzazione” delle istituzioni, marginalizzando le altre etnie e inasprendo, in questo modo, i conflitti interni.

Nel frattempo, il sogno etiopico di un porto militare resta al centro dei piani del governo ma i Paesi vicini, Gibuti, Eritrea e Somalia, sono fortemente determinati a non cedere nemmeno un centimetro del proprio territorio.

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