Vertice di Washington, Meloni gioca di sponda con Trump

Il ruolo di Meloni e dell’Italia si gioca sul filo dei sottilissimi equilibri tra Trump, l’Unione Europea e Kiev

di Vincenzo Caccioppoli
Esteri

Ucraina, Meloni al fianco di Trump: l’Italia protagonista della mediazione

respira aria di cauto ottimismo a Palazzo Chigi, dopo il vertice con Trump, a Washington tra i cinque leader europei (Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e la Finlandia, presidente di turno UE), la presidente Ursula Von der Leyen, il segretario generale della NATO Mark Rutte, Zelensky e Trump. Il ruolo di Giorgia Meloni, ancora una volta seduto a fianco del presidente Trump, come in occasione del G7 canadese, esce senza ombra di dubbio rafforzato.

Le posizioni di partenza americane sono chiaramente molto più vicine a quelle della proposta della premier italiana di allargare le tutele previste dall’articolo 5 all’Ucraina, piuttosto che a quelle di chi, come Emmanuel Macron, vorrebbe invece inviare una forza di interposizione europea sul campo. Steve Witkoff prima del vertice aveva lasciato intendere che esisterebbe addirittura un primo accordo di massima con Putin su questo delicatissimo punto ("Abbiamo raggiunto un accordo sul fatto che gli Stati Uniti e altre nazioni europee potrebbero effettivamente offrire un qualcosa di simile all'articolo 5 come una garanzia di sicurezza").

La Russia sarebbe anche disposta ad accettarla, se gli Usa e l’Europa facessero alcune concessioni richieste da Mosca. Inutile girarci intorno le posizioni rimangono certamente ancora distanti, ma un primo passo, forse quello più delicato, e’ stato fatto. Il ruolo di Meloni e dell’Italia insomma si gioca sul filo dei sottilissimi equilibri tra Trump, l’Unione Europea e Kiev. Nel discorso di apertura al tavolo delle trattative a sinistra di Trump e dei leader europei, la premier Meloni ha mantenuto il ruolo pacato di moderatrice, senza avanzare particolari richieste, pur rivendicando la paternità dell’idea di estendere l’articolo 5 della Nato all’Ucraina (che permette l’intervento della Nato a difesa di un Paese attaccato anche se non appartiene all’alleanza): “Siamo contenti che sulle garanzie di sicurezza si parta da una proposta italiana, quella dell’art. 5 della Nato”. ha detto la premier.

Una proposta che sembra avere come detto il favore sia di Trump, ma che a certe condizioni dello stesso Putin. E questo è certamente un punto importante a favore della premier nel suo delicato ruolo di mediatrice. Anche perché solo così come qualcuno nel ristretto inner circle della premier ha già fatto notare, si eviterebbe il rischio, come già accaduto con gli accordi Budapest del 1994, (memorandum che prevedeva garanzie di sicurezza per l'Ucraina, in cambio della sua rinuncia alle armi nucleari ereditate dall'Unione Sovietica), che Putin disattenda gli accordi presi.

Ma Palazzo Chigi è altresì convinto che il leader russo in realtà sia molto più debole di quello che vuole fare credere. Come ha sostenuto Giovanbattista Fazzolari, che ha seguito la premier nella sua missione a Washington, in una recente intervista. “Ad oggi Mosca è in difficoltà: non è riuscita a prendere il controllo totale neanche delle regioni di cui ha proclamato l’annessione nel settembre 2022- ha detto Fazzolari-.

La Russia è impantanata in una guerra di logoramento che sta decimando soldati e mezzi a fronte di modestissimi risultati: in un anno si parla della conquista dell’1,9% del territorio ucraino, in tre anni e mezzo il terreno conquistato non arriva al 19%”. Durante il vertice di Washington si è discusso anche di come si possa su queste basi portare Putin a scendere a più miti consigli. Ma senza mostrarsi aggressivi, come qualcuno invece sembrerebbe voler fare.

Meloni, e in un certo senso anche Trump, non pensano, infatti, che inviare truppe occidentali sia una buona idea, anzi. Il presidente americano ha fatto qualche timida apertura su una eventuale copertura da parte di intelligence e mezzi aerei, ma così come la premier italiana, è assolutamente contrario ad inviare  uomini sul campo. Insomma certamente le posizioni di Trump sono assai più vicine su molti punti a quelle italiane, rispetto a quelle di Macron e del premier britannico Keir  Starmer. Le stesse parole di Meloni, "oggi è un giorno molto buono. L’Italia è sempre pronta a portare idee per la pace e per il dialogo", risuonano come un’eco del trionfo diplomatico. La proposta avanzata da tempo dal nostro Paese, quella di offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina ispirate all’articolo 5 della Nato, è diventata, come sottolineato dalla premier, il punto di partenza centrale della discussione tra i leader mondiali. Questo risultato non solo dimostra la visione strategica dell’Italia, ma anche la sua capacità di tradurre un’idea in una proposta operativa e riconosciuta a livello internazionale”.

Parole che esprimono soddisfazione e convinzione che gli Usa hanno cambiato atteggiamento con gli europei, rispetto a due mesi fa. E anche su questo la posizione italiana, che da tempo insiste sulla prosecuzione del dialogo con gli USA, ha giocato un ruolo importante. D’altra parte Trump ha dedicato alla premier italiana parole assai lusinghiere, così come era accaduto anche durante il loro ultimo faccia a faccia, lo scorso aprile. "Il primo Ministro italiano Meloni è una leader davvero eccezionale e un’ispirazione per quel Paese. Ha ricoperto questo incarico, anche se è molto giovane, per un periodo di tempo più lungo rispetto ad altri" suoi predecessori. "Loro non durano a lungo. Tu hai resistito a lungo. Resterai lì per molto tempo".

Secondo le ultime indiscrezioni palazzo Chigi sarebbe anche al lavoro per cercare di organizzare l’atteso vertice tra Russia ed Ucraina, proprio a Roma ( lo stesso presidente americano aveva proposto Roma come sede del vertice tra lui e Putin). Il bilaterale dovrebbe tenersi entro due settimane, e Meloni con grande tempismo ha subito proposto la sede romana. Macron tanto per fare il solito guastafeste ha di rimando proposto la soluzione di Ginevra, che alla fine potrebbe essere un giusto compromesso ( Putin voleva addirittura farlo a Mosca). Ma la scelta della sede del vertice, non è certo tema di dibattito. La cosa importante è che le cose sembrano essere andate meglio di come previsto e che il nostro paese, cosa tutt’altro che scontata, fosse seduta al tavolo del vertice e in ruolo da protagonista. Giorgia Meloni da settimane stava puntando ad un accordo tra USA ed Ue, mentre qualcuno invece proponeva slanci europei verso soluzioni  solitarie e non condivise. Un approccio che avrebbe urtato Trump, diviso l'Europa e soprattutto precluso qualsiasi tipo di accordo di pace.

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