Il Sudan sull’orlo del baratro: il mondo misura davvero la gravità della situazione?
Nonostante le pressioni del “Quartetto”, l’esercito di al-Burhan rifiuta la pace. Crescono i bombardamenti e la crisi umanitaria travolge milioni di civili.
Sudan, la guerra senza fine: potere, religione e denaro contro la pace
Gli sforzi internazionali e le mediazioni volte a porre fine alla guerra in Sudan sembrano lontani dal raggiungere un risultato, almeno nel breve termine, il che lascia presagire il proseguimento del calvario del popolo sudanese, immerso nella guerra dalla metà di aprile 2023. Negli ultimi giorni, i Paesi membri del cosiddetto “Quartetto” — Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti, Arabia Saudita ed Egitto — hanno intensificato le pressioni sulle due fazioni in conflitto per ottenere una tregua di diversi mesi, un’iniziativa ampiamente accolta con favore dalla popolazione. A Port Sudan, tuttavia, il comando militare non ha accolto positivamente la proposta. Il capo dell’esercito, Abdel Fattah al-Burhan, ha ribadito che la guerra potrà concludersi solo con una vittoria militare decisiva, nonostante le realtà sul campo rendano questo scenario illusorio.
Il suo vice, Yasser al-Atta, ha a sua volta confermato in un video diffuso di recente che l’esercito resta fedele all’opzione militare. Ha inoltre criticato duramente il Quartetto internazionale, dichiarando che «l’esercito prende le sue decisioni da solo». In tono sarcastico, ha aggiunto: "Se contiamo le lettere della parola bal bas (solo noi), otteniamo un quartetto — ecco il nostro Quartetto", ripetendo più volte “bal bas” e concludendo: "Abbiamo combattuto molto, ma amiamo la pace".
Un rifiuto persistente
Il Consiglio di sicurezza e difesa, la più alta autorità politica e militare di Port Sudan, ha dichiarato di accogliere con favore le iniziative di alcuni “Paesi amici”, in particolare gli sforzi del consigliere del presidente americano, Massad Boulos, per giungere a una tregua umanitaria. Alla fine, tuttavia, la proposta è stata respinta, il che significa il proseguimento di un conflitto che ha già lasciato 25 milioni di sudanesi in urgente bisogno di aiuti umanitari. Le Forze di supporto rapido (FSR), invece, hanno annunciato la loro adesione alla proposta del Quartetto. In un comunicato ufficiale hanno dichiarato: "In risposta alle aspirazioni e agli interessi del popolo sudanese, le FSR confermano la loro approvazione a una tregua umanitaria proposta da Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto, al fine di attenuare le conseguenze umanitarie catastrofiche della guerra e rafforzare la protezione dei civili, facilitando la consegna urgente degli aiuti all’intera popolazione".
L’alleanza tra potere e denaro
In un discorso infuocato davanti ai soldati del corpo corazzato, Mini Arko Minnawi e Yasser al-Atta hanno pronunciato parole considerate incitanti, che illustrano, secondo l’attivista sudanese Sadiq Hamdeen, "una nuova alleanza tra islamisti e signori della guerra sotto un unico mantello: quello del potere e del denaro". Hamdeen spiega che "Minnawi ha apertamente dichiarato di non volere alcun accordo di pace, ma una guerra totale fino ai confini del Darfur". Le sue parole, giudicate volgari e provocatorie, sono state riprese da al-Atta, che ha rincarato la dose respingendo implicitamente qualsiasi tregua umanitaria. Dall’inizio del conflitto, continua Hamdeen, "è diventato evidente che questa guerra non oppone più due eserciti rivali, ma due visioni opposte: da un lato, il progetto di costruire uno Stato civile e democratico; dall’altro, un vecchio sistema aggrappato alle proprie rovine".
Da parte sua, Moaawia Majed ritiene che il movimento islamico "predichi con i versetti, ma riscriva l’eredità profetica a misura del potere". E aggiunge: "Hanno eretto tribune e brandito slogan religiosi, ma sotto di essi hanno sepolto la giustizia, la compassione e la sincerità. Mentre parlavano di umiltà, costruivano palazzi; e quando promettevano riforme, distruggevano lo Stato e la società". Majed conclude: "Il Sudan oggi si regge sulle sue ceneri, in cerca di un’alba che non sia contaminata dalle mani degli impostori. Le menzogne che brillavano come un sole si sono spente, lasciando solo un campo di rovine e umiliazione. Nella luce delle fiamme accese dall’“Abu Lahab del Sudan”, un solo cammino appare a chi conserva ancora la fede: non c’è salvezza senza verità, né rinascita senza purificare la patria dalla menzogna compiuta in nome della religione".
I civili bruciano nel fuoco del conflitto
Negli ultimi giorni si è assistito a un’intensificazione dei bombardamenti nella regione del Kordofan, dove centinaia di civili sono stati uccisi in attacchi indiscriminati. I raid aerei hanno colpito Bara, Ovest El-Obeid, Al-Khuwi, Abu Zabad, An-Nahud, Babnousa e Al-Mazoub (Kordofan settentrionale), nonché Um Marahik e Ayal Bakhit (Kordofan occidentale). Un testimone oculare ha riferito che un bombardamento aereo dell’esercito avrebbe causato oltre 1.500 morti, in gran parte bambini. Il video da lui diffuso mostra corpi carbonizzati, appena riconoscibili. L’Osservatorio nazionale sudanese per i diritti umani ha inoltre segnalato, il 4 novembre 2025, la caduta di un aereo militare su una zona residenziale di Babnousa, dopo una serie di bombardamenti con barili esplosivi.
Crimini di guerra accertati
L’organizzazione indipendente Avvocati d’emergenza ha accusato l’aviazione militare sudanese di aver condotto, nel febbraio 2025, attacchi contro civili a Umm Badr (Kordofan settentrionale), uccidendo e ferendo decine di persone. Secondo i suoi rapporti, un aereo di tipo Ilyushin avrebbe sganciato barili esplosivi su un sito di estrazione aurifera artigianale, uccidendo sette minatori e ferendo numerosi abitanti. Bombardamenti simili hanno colpito Hamrat al-Sheikh, dove i barili sono esplosi vicino a case civili. L’organizzazione sottolinea che tali raid costituiscono crimini di guerra, in palese violazione del diritto internazionale umanitario. Chiede la cessazione immediata delle operazioni militari contro i civili, l’invio urgente di aiuti medici e umanitari, e il perseguimento giudiziario dei responsabili. Infine, lancia un appello alla comunità internazionale affinché agisca senza indugio per proteggere i civili, imporre sanzioni e portare davanti alla giustizia gli autori di queste atrocità.