Pegah Moshir Pour: "È una guerra nella guerra: non solo Israele, in Iran continua la repressione interna tra impiccagioni e caccia alle spie"
Dopo che gli Stati Uniti hanno attaccato i siti nucleari di Teheran, come vive il popolo iraniano? Quali sono le speranze per il futuro? L'intervista alla scrittrice e attivista Pegah Moshir Pour
Pegah Moshir Pour
Iran-Israele, Trump attacca i siti nucleari di Teheran. Il mondo ora teme un'escalation globale
Gli Stati Uniti sono entrati ufficialmente in guerra: nella notte tra sabato 21 e domenica 22 giugno il presidente americano Donald Trump ha ordinato l'attacco contro tre siti nucleari iraniani, definendo l'operazione uno "spettacolare successo militare". Ora, gli occhi del mondo intero sono puntati verso la possibile reazione di Teheran, sospesa tra un futuro di "pace" o "tragedia", come sottolineato dall'amministrazione Usa. Ma che aria si respira tra le strade della capitale iraniana, quanta forza e consenso detiene ancora la Repubblica e la Guida Suprema Khamenei? Affaritaliani.it ne ha parlato con Pegah Moshir Pour, scrittrice e attivista per i diritti umani e per l'emancipazione delle donne, nata in Iran.
L’Iran oggi è al centro di uno scenario internazionale molto critico, soprattutto nel conflitto con Israele. Come vivi questa guerra?
"In questo momento la guerra è l'ultima cosa che ci voleva. Gli iraniani già sono in guerra da 46 anni contro il regime degli Ayatollah, che stanno combattendo ogni giorno con grande fatica, attraverso la disobbedienza, la non partecipazione alle elezioni per delegittimare le persone che si erano candidate e poi attraverso la musica, l'arte, il cinema. Queste sono le armi che gli iraniani hanno usato e continuano a usare. Però ora si trovano nel momento peggiore perché la guerra con Israele si aggiunge alla disgregazione interna, ci sono delle crepe molto profonde nel parlamento ma anche nel clero sciita. La disobbedienza così coraggiosa che stavano portando avanti le persone era veramente un segnale molto forte che però è stato fermato da questa guerra. Parallelamente alla guerra con Israele continua anche la guerra interna, perché la repressione del regime sta continuando. Stanno continuando ad arrestare, ad impiccare, ad accusare le persone con ogni pretesto, il nuovo capo d’accusa oggi è “spionaggio per Israele”, il regime non ha mai smesso di portare avanti la paura e la repressione".
Come giudichi l’intervento militare degli Stati Uniti e i rischi di un’escalation? Hanno fatto bene? E come reagirà, o cosa farà secondo te Khamenei?
"Sicuramente Khamenei non cederà, perché deve continuare a portare avanti la sua voce per non cadere. A quanto pare hanno anche abbastanza missili, quindi evidentemente lui si sente anche forte nel rispondere a Israele. L’attacco degli Stati Uniti è stata una sorpresa, perché Trump aveva detto che ci avrebbe pensato due settimane, invece è arrivata ieri notte. Quindi la situazione è imprevedibile e molto dolorosa per noi, perché ovviamente così si ingigantisce ancora di più la tensione. Abbiamo molta paura di quello che potrebbe accadere. Abbiamo molta paura per le persone, per i familiari, gli amici e tutta la popolazione. La popolazione è innocente ma paga il prezzo più alto per conflitti che non hanno neanche scelto di avere".
Sei nata in Iran e hai lasciato il Paese da bambina. Come convivono in te oggi l’identità iraniana e quella italiana?
"Io parlo sempre di terza cultura. Appunto, io sono una persona di terza cultura che ha al suo interno due culture, perché le culture aggiungono, arricchiscono, esaltano ancora di più le tante bellezze, dalla cucina alla lingua alle tradizioni. Quindi credo che due culture possano benissimo convivere. E questo è un messaggio che ci tengo a dire agli italiani, l’invito ad accogliere la multiculturalità, ma anche per le persone che arrivano, di non avere paura della cultura italiana, perché le culture che i figli vivono possono diventare perfettamente conviventi e diventano ancora più belle. In una frase, possono esserci parole di due lingue diverse, oppure a tavola si incontrano due cucine, si ballano canzoni di due paesi, ed è sempre bellissimo. La cultura è la cosa più bella, la cultura salverà l'umanità e di questo ne sono veramente certa".
Il regime iraniano continua a soffocare i diritti civili, in particolare quelli delle donne che lottano spesso a volto scoperto. Che futuro vedi per loro?
"È una questione drammatica. Di cui purtroppo non si sta parlando. In questo momento il regime è in guerra con Israele e con gli Stati Uniti, ma continua anche la repressione interna e questa è una cosa che non dobbiamo mettere da parte. C'è una media di tre esecuzioni al giorno, ci sono persone che erano state arrestate prima della guerra e ora vengono impiccate con l'accusa di spionaggio per Israele. Erano persone che erano state arrestate durante le proteste dopo l'uccisione di Mahsa Amini, quindi del Movimento “Donna vita libertà”, persone di fede bahá'í, persone curde, persone della regione Bal- Baluchestan che sono i primi che vengono impiccati in questo momento. Ora c'è una caccia alla spia. Vengono controllati i cellulari, i social network. Chiunque posta qualcosa sulla situazione attuale viene arrestato, quindi è una guerra nella guerra perché la repressione del regime continua ad andare avanti anche in maniera molto più brutale e ci sono alcuni prigionieri politici e alcuni dissidenti che dalla prigione di Evin sono stati portati in luoghi sconosciuti. Noi siamo fortemente preoccupati, perché ovviamente non si può usare internet e si fa sempre più fatica a condividere quello che accade, la gente in questo momento ha anche paura di essere impiccata nel silenzio, nel buio ancora più buio. Siamo seriamente preoccupati per il destino delle persone, perché in questo momento il regime non vuole che la popolazione si ribelli, che porti a uno squilibrio interno ancora peggiore. La popolazione ha paura di uscire di casa, ha paura di morire sotto le bombe. È veramente una situazione disastrosa".
Secondo te l’Italia sta facendo abbastanza per sostenere le loro battaglie? O cosa potrebbe fare di più?
L'Italia è un paese che nella sua diplomazia ha dimostrato sempre una grande abilità, però non si sta facendo abbastanza perché non si sta parlando di questa drammatica situazione. Noi dobbiamo comunque abbattere il regime degli ayatollah, non dobbiamo dimenticarci di questo, non dobbiamo dimenticarci della popolazione, della generazione Z che sta gridando, sta dicendo in tutti i modi che non vogliono più questo regime. La gente è stanca di questo regime che ha portato a un collasso economico, sociale, politico. c'è una forte crisi interna che bisogna ricordare sempre. Ecco, i diritti umani non devono mai essere dimenticati perché sono continuamente violati dal regime. Quindi l'Italia può sicuramente riportare l'attenzione sui diritti umani e delle donne, che stanno purtroppo pagando ancora adesso il prezzo più alto".
Per l’Iran, per le donne, e per le nuove generazioni, c'è ancora spazio per la speranza?
"La speranza c'è sempre, perché gli iraniani hanno una grande cultura, una grande storia e un grande patrimonio alle spalle. L’Iran pullula di persone di grande sapienza, di grande cultura politica che sicuramente porterà a qualcosa. Però oggi queste energie rischiano di essere ancora più represse proprio da questo regime che diventa più brutale con le persone, perché deve portare avanti la propria stabilità e la propria sopravvivenza. Ma noi non dobbiamo permetterlo. Quindi dobbiamo essere speranzosi, ma anche più veloci nel raccontare le storie che arrivano dall'Iran, che sono delle grida di aiuto, ma soprattutto di quella speranza che porta a un futuro di libertà per il Paese".