Iran: 'metamorfosi' di Trump, cosa è cambiato in 4 giorni da 'evacuate Teheran' a 'decido in 2 settimane'. Ma intanto prepara la superbomba

La ricostruzione del W. Post tra pressing per intervento Usa e peso movimento Maga

di Redazione

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Esteri

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Iran: la 'metamorfosi' di Trump, cosa è cambiato in 4 giorni da 'evacuate Teheran' a 'decido in 2 settimane'

Da "evacuate subito Teheran" a "due settimane per decidere". Donald Trump, nel giro di 4 giorni, ha cambiato tono e direzione in relazione alla guerra tra Israele e Iran. Il presidente degli Stati Uniti lunedì 16 giugno ha lasciato il G7 in Canada per far rientro a Washington, in un quadro ad altissima tensione che lasciava intravedere una svolta radicale in arrivo. Giovedì 19 giugno, invece, 'time out': la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha annunciato che il presidente avrebbe preso la decisione sull'eventuale intervento americano "entro due settimane".

L'inversione, se non proprio a 'U', appare evidente. Ed è confermata anche dall'attività social del presidente, che nella giornata di ieri - sul suo profilo Truth - ha dato ampio spazio ad una serie di argomenti: silenzio, però, sulla guerra in corso. All'arrivo in New Jersey, Trump ha ribadito che "l'Iran non può avere un'arma nucleare" e ha spiegato che "al massimo" attenderà due settimane prima di decidere. Il Washington Post ricostruisce giornate e passaggi che hanno caratterizzato l'evoluzione della posizione del presidente, dal precipitoso addio al G7 fino all''ultimatum dilatato' con la scadenza di 15 giorni.

Nella serata di lunedì, Trump ha dovuto fare i conti con il pressing di chi invocava (e invoca) un intervento degli Stati Uniti non solo per eliminare il programma nucleare iraniano ma anche per favorire un cambio di regime. In quelle ore, mentre il presidente postava sui social un messaggio in cui 'ordinava' di "evacuare Teheran", in senatore Lindsey Graham esortava pubblicamente Trump a fare "all in" per entrare in scena al fianco di Israele.

Trump è rientrato a Washington all'alba di martedì e nel corso della giornata ha esaminato la situazione con i suoi consiglieri. E' arrivata l'approvazione dei potenziali piani di attacco, ma niente via libera. Nel frattempo, ribadite le richieste di "resa incondizionata" dell'Iran, con minacce più o meno esplicite alla Guida Suprema, Ali Khamenei: "Sappiamo dov'è ma non lo uccidiamo".

Il cambiamento di indirizzo è apparso evidente nella giornata di mercoledì. L'installazione di due 'pali' alla Casa Bianca, per issare altrettante bandiere, ha offerto ai media l'opportunità di porre domande al presidente, che non ha nascosto il malumore per la richiesta di dettagli specifici sulla posizione americana. Trump ha fatto riferimento ad un "ultimo ultimatum" all'Iran, ma ha ammesso: "Non ho ancora deciso". Giovedì la 'metamorfosi' si è completata. Il segretario di Stato Marco Rubio e l'inviato speciale Steve Witkoff hanno incontrato il ministro degli Esteri britannico David Lammy per coordinare le azioni alla vigilia del vertice di Ginevra. Più tardi, Rubio ha avuto una conversazione con il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot.

Nell'agenda presidenziale, spiccava intanto il pranzo andato in scena proprio giovedì con Steve Bannon, l'ex guru della Casa Bianca nel primo mandato di Trump e attuale punto di riferimento del movimento Maga. Bannon, nel suo show War Room, da tempo smentisce il pressing di esponenti repubblicani 'pro Israele' nei confronti del presidente e in linea con il motto 'America First' non considera prioritario l'intervento di Washington in un conflitto così lontano.

Dopo il pranzo con Bannon, la portavoce della Casa Bianca ha letto la dichiarazione del presidente nel briefing con la stampa e ha formalizzato la decisione di Trump: decisione congelata per 2 settimane alla luce della "sostanziale possibilità che negoziati con l'Iran possano avere luogo o meno nel futuro prossimo". Secondo il WP, che fa riferimento alle informazioni di una persona a conoscenza degli eventi di giovedì, la dichiarazione di Trump era già 'in produzione' prima del pranzo con Bannon.

La ricostruzione riavvolge il nastro. Nella giornata di mercoledì, altro meeting per il presidente. Trump aveva accolto Charlie Kirk, un commentatore che gode di notevole seguito tra i sostenitori del presidente. Il 31enne, che vanta milioni di follower, ha sempre mostrato fiducia nell'istinto del presidente ma allo stesso tempo ha evidenziato i pericoli collegati ad un intervento americano: la guerra contro l'Iran, ha detto, potrebbe assumere dimensioni superiori a quanto preventivato. La pausa di riflessione di Trump coincide con l'avvio del dialogo tra l'Europa e l'Iran, con il meeting andato in scena a Ginevra nella giornata di ieri. Il presidente degli Stati Uniti intende dare una chance alla diplomazia ma, contemporaneamente, non considera utile l'intervento del Vecchio Continente: "L'Europa non può fare nulla in questa situazione. L'Iran non vuole parlare con l'Europa, vuole parlare con noi". Il canale Washington-Teheran al momento appare affidato soprattutto all'inviato speciale Steve Witkoff, che è rimasto in contatto con esponenti iraniani anche senza partecipare al vertice di Ginevra.

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