"Vittoria di Mamdani? Le sue idee socialiste possono funzionare a New York, ma non nel resto degli Usa: ecco perchè”

Intervista a Massimo Teodori, politico, storico e giornalista

di Federica Leccese

Zohran Mamdani, sindaco di New York (Foto Lapresse)

Esteri

Mamdani, il nuovo sindaco di New York. “Le sue idee non si possono estendere agli Usa”

Che significato ha l’elezione di Zohran Mamdani come sindaco di New York? Può davvero essere letta come un segnale per l’intero Partito Democratico o resta un caso isolato? E cosa rivela della frattura politica e culturale tra Trump e la sinistra americana? A offrire una chiave di lettura chiara e approfondita è Massimo Teodori, politico, storico e giornalista italiano, che ad Affaritaliani analizza il vero significato dell’elezione di Mamdani e le sue implicazioni sulla politica americana.

Professore, l’elezione di Mamdani a sindaco di New York segna una svolta politica in una delle città simbolo dell’America progressista. Quale messaggio, secondo lei, arriva da questo voto agli Stati Uniti e al mondo?

“È sbagliato pensare che si tratti di un messaggio rivolto all’intero Paese o al mondo. Certamente è un fatto importante per la città di New York, ma New York è un contesto molto singolare negli Stati Uniti. Sarebbe un errore interpretarlo come un modello per tutto il Partito Democratico. Una forza politica con l’ambizione di competere per la Presidenza e di confrontarsi con Trump e il trumpismo, con tutte le risorse e il potere che ne derivano, non può basare la propria strategia su una posizione espressa da un socialista musulmano, che può andare bene per una metropoli come New York, ma non rappresenta il quadro politico dell’intero Paese.”

Questa elezione può essere letta come un segnale di crisi per il Partito Democratico “classico” o come un’evoluzione naturale del suo volto più radicale e inclusivo?

“No, chi cerca di generalizzare dal caso Mamdani e di farne un caso rappresentativo dell’intero Partito Democratico sbaglia. Gli Stati Uniti sono un Paese pluralista e federalista, quindi ogni Stato e ogni città va considerata nella propria specificità. La storia di New York è singolare: il suo atteggiamento di politica radicale, ‘socialista’, può funzionare lì, ma non può essere trasferito altrove. Il Partito Democratico può confrontarsi con Trump solo se resta fedele alla sua natura storica, espressione di una vasta coalizione che unisce centro, centrosinistra, sinistra e settori non classificabili. La politica americana autentica non si basa sull’estrapolazione di un singolo episodio o di una tendenza ideologica estrema.”

L’elezione di Mamdani ha suscitato la reazione contrariata di Donald Trump, che l’ha definita “un segnale preoccupante per l’America”. Come interpreta questa presa di posizione e cosa rivela, secondo lei, dello scontro politico e culturale in atto negli Stati Uniti?

“È ovvio che Trump e il trumpismo cercano di etichettare Mamdani come socialista, se non addirittura come comunista, e di estendere questa etichetta all’intero Partito Democratico. Sanno che questa definizione può compromettere le possibilità elettorali del partito. Trump fa il suo mestiere: collocare il Partito Democratico all’estrema sinistra significa ridurne le chance sia nelle elezioni di midterm per il Congresso sia in quelle presidenziali.”

Quindi, considerando New York come un contesto isolato e molto particolare rispetto al resto degli Stati Uniti, non rappresenta un fattore preoccupante per le elezioni di midterm e per Trump?

“Si tratta di un discorso troppo generico. Le elezioni di midterm riguardano l’intera Camera dei Deputati, tutti i collegi dei 50 Stati e un terzo del Senato, oltre ai governatorati. È necessario considerare la grande diversità del Paese. Certamente oggi i sondaggi danno un vantaggio a Trump, con un 36% di favore, il livello più basso nella storia di un presidente al secondo mandato, inferiore persino al 40% che registra il partito repubblicano nel suo complesso.”

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